testata ADUC
Il ceto medio tedesco se la passa proprio bene
Scarica e stampa il PDF
Articolo di Patrick Bernau
22 luglio 2010 9:07
 
La borghesia tedesca si sente spremuta dallo Stato come un limone. A torto. Nuovi dati mostrano che essa gode di un ritorno economico superiore a quanto versa. E che sfrutta abbondantemente il bene pubblico.

Se ci fosse una top ten dei luoghi comuni, al primissimo posto spiccherebbe la classica frase: “Ancora una volta a pagare è il ceto medio”. Gli esempi si sprecano. C'è persino un modo di dire “nella pancia del ceto medio”, che significa: a questa fascia tocca un'aliquota d'imposta esosa. Tanto fisco, e poi aumentano ancora i contributi per la sanità!... tutte doglianze che trovano una robusta sponda tra i politici di vari partiti.
Ma le ultime cifre dicono che il ceto medio non se la passi affatto male. L'Ufficio statistico rileva, in proposito, che se i nuclei di reddito medio versano alcune centinaia di euro al mese in tasse e contributi sociali, a conti fatti ricevono più soldi dallo Stato di quanti ne abbiano versati.
“La progressività del sistema fiscale fa sì che il ceto medio contribuisca meno della fascia superiore”, spiega Markus Grabka dell'Istituto di ricerche economiche (DIW). “In compenso fruisce di tanti trasferimenti statali”, aggiunge.
C'è di più. Non solo riceve soldi direttamente sul conto, ma approfitta più delle classi inferiori delle strutture pubbliche, vedi scuole di musica o palestre, particolarmente ben sovvenzionate. Lo indicano i numeri dello studio “Panel socioeconomico” di DIW, che ogni anno interpella 23.000 cittadini e alla cui elaborazione partecipa anche il premio nobel James Heckman.

Il 60% dei tedeschi appartiene al ceto medio
Chi è ceto medio? Per i ricercatori sono i nuclei il cui reddito netto oscilla tra il 70% e il 150% delle entrate nette medie, dunque il 60% dei cittadini. E considerano quante persone vivono di quel reddito. Secondo questo parametro, una famiglia di tre componenti fa parte del ceto medio se dispone tra 1.720 e 3.690 euro al mese, comprensivi dei proventi statali. Che non sono pochi. Sono proprio le famiglie in questa fascia di reddito ad avere dallo Stato in media 900 euro. Più di quanto ottenga la classe superiore e, soprattutto, più di quanto vada a quella inferiore, cui spettano meno di 700 euro di sussidi pubblici.

La manna degli assegni familiari
Se i poveri ricevono il sussidio di disoccupazione e assistenza sociale detta Hartz IV, chi nel ceto medio resta senza lavoro ottiene dallo Stato, per un anno, l'indennità di disoccupazione I, equivalente a due terzi dello stipendio. In generale, sono soprattutto le famiglie del ceto medio a essere foraggiate dallo Stato. In primo luogo con gli assegni per i figli e, dal 2007, con l'assegno ai genitori, che aumenta con gli scatti di stipendio mentre per i ceti superiori esiste un tetto massimo di 1.800 euro al mese.

La manna delle pensioni
Una bella fetta del denaro pubblico va ai pensionati del ceto medio. Nessuno riceve più pensioni di loro. Nemmeno la fascia superiore, che spesso vive del proprio patrimonio. A dispetto di tutte le riforme, quando qualcuno del ceto medio va in pensione riottiene i contributi previdenziali versati. L'assegno mensile, oltre a essere più sostanzioso di quello di un pensionato di classe inferiore, lo riscuote per più anni data la maggiore longevità.
A fronte di questi benefici, il ceto medio non versa nelle casse pubbliche grosse cifre. Calcolando deduzioni e forfait vari, allo Stato spetta il 25% del reddito netto, contro il 30% che versa il ceto superiore. In termini assoluti significa che un nucleo del ceto medio riceve dallo Stato 100-400 euro in più di quanto versi.
Non è un fenomeno solo tedesco. Già negli anni '90, gli economisti calcolavano che quasi dappertutto il ceto medio riceveva più di quanto avesse dato. Tanto nei Paesi liberali come gli Stati Uniti, come nella socialdemocratica Svezia. L'Organizzazione dei Paesi Industrializzati (OCSE) calcola che il ceto medio contribuisca per il 49% al bilancio statale -sotto forma di imposte e contributi sociali- e che ne prelevi il 56%. Il motivo sta nel sistema democratico. E' nel ceto medio che i politici localizzano prioritariamente i loro elettori, perciò li devono conquistare, magari con generosi assegni familiari, appunto.
Oltre ai trasferimenti diretti, il ceto medio, e i ricchi, fruiscono delle strutture pubbliche -scuole, palestre, musei, conservatori. Difficile dire quanto costino queste istituzioni poiché sono finanziate da varie fonti: Stato, Laender, Comuni. Ma è una cifra enorme. Partiamo dalla musica lirica e dai teatri. Per ogni biglietto pagato, la mano pubblica versa il quadruplo. Per l'Opera di Francoforte lo Stato paga ben 200 euro a spettatore, e allora non è fuori luogo chiedersi: perché non versare direttamente allo spettatore i 200 euro, con cui potrebbe volare a Vienna, guardarsi l'opera e fermarsi anche a cena?
Non tutti gli enti finanziati sono così costosi, ma il loro peso è comunque alto. Basti dire che per una scuola di musica, la città di Colonia spende oltre 6 milioni di euro l'anno e solo la metà rientra dalle rette degli studenti.
Ed è certo che di quelle strutture godono i ceti abbienti, mentre è improbabile che una famiglia povera mandi i figli a lezione di violoncello. DIW ha esaminato come trascorrono il tempo libero i ragazzi delle varie fasce sociali. E c'è la conferma di cui sopra. Prendiamo una scuola di musica: il 65% degli allievi dai 6 ai 16 anni proviene dal ceto medio, anche se sono solo il 61% dei ragazzi di quell'età.
Ma è nella scuola in generale che il ceto medio pompa molto danaro pubblico. Un ginnasiale costa allo Stato più di un alunno delle medie -e si sa che il ginnasio è più frequentato dalle classi medio-alte. Lo stesso vale per le strutture sportive come piscine, campi da tennis o palestre di ogni tipo.

Il ceto medio difende i propri privilegi
Stranamente, questa ripartizione disuguale del danaro pubblico trova il consenso sociale. Anche perché i beneficiari sono bravi a difendere il proprio status. Dunque, se si volessero favorire i poveri bisognerebbe fare in modo che potessero accedere direttamente ai benefici, stando ben attenti a non pestare i piedi al ceto medio, che è sempre pronto a lamentarsi in modo fragoroso.

(traduzione di Rosa a Marca dal quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung del 19-07-2010)
Pubblicato in:
 
 
ARTICOLI IN EVIDENZA
 
ADUC - Associazione Utenti e Consumatori APS