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Colombia. Il proibizionismo ambiguo secondo Juan Gabriel Tokatlián
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Articolo di a cura di Donatella Poretti
29 ottobre 2005 17:14
 
Sul quotidiano colombiano El Tiempo viene pubblicato oggi un articolo a firma Juan Gabriel Tokatlián, direttore si scienze politiche e relazioni internazionali all'Universita' di San Andrés, Argentina.
Proibizionismo ambiguo
La proibizione delle sostanze psicoattive si basa sull'ideale chimerico della completa astinenza.
Si ritiene che per raggiungere questa meta sia necessario un insieme di politiche punitive che ne scoraggi il consumo. A fronte del fatto evidente che l'umanita' ha provato, in ogni luogo e tempo, l'uso di diverse droghe e che la questione dei narcotici ha acquisito proporzioni trasnazionali, si e' incentivata la repressione di tutta la catena di questo problema.
Cioe', si reprime il consumo, la distribuzione, il traffico, la raffinazione, la produzione e la coltivazione di droghe naturali e sintetiche, cosi' come delle attivita' collegate. Come nel caso del riciclaggio del denaro, la vendita dei prodotti chimici, la fornitura clandestina di armi leggere, tra le altre attivita'.
Il proibizionismo in materia di sostanze psicoattive e' stato, ed e', riassunto nel modello statunitense: la sua militanza e perseveranza sono state eloquenti, in particolare da quando nel maggio del 1971, il presidente Richard Nixon proclamo' l'inizio della "guerra contro le droghe". Tuttavia, oggi sono due i fenomeni che caratterizzano la proibizione.

In primo luogo, il proibizionismo e' divenuto globale, cioe' gli Stati Uniti sono riusciti ad universalizzare il loro modello proibizionista. L'Onu, per esempio, l'ha fatto proprio e ha negato di prendere in considerazione alternative diverse o innovatrici. Al tempo stesso la maggior parte dei governi, al loro interno, ha adottato misure draconiane per perseguire la questione delle droghe. Sul piano locale, comunale e provinciale, in diversi Paesi, esistono spazi per politiche meno repressive. Tuttavia, a livello federale, la maggior parte delle nazioni persegue pratiche di mano dura a fronte della domanda e dell'offerta delle sostanze psicoattive.

In secondo luogo, l'attuale proibizione non e' "pura". Al di la' della retorica della crociata contro i narcotici, il proibizionismo vigente e' ambiguo. Diversi fatti dimostrano questa affermazione. Da una parte si puniscono e si perseguono in maniera selettiva diversi protagonisti e alcune fasi del fenomeno delle droghe. Di norma si e' inclementi con i campesinos produttori o con i consumatori poveri e, contemporaneamente, si tollerano altri comportamenti: durante la Guerra Fredda, la CIA ha utilizzato il commercio dell'eroina in Asia per proteggere e promuovere gruppi anticomunisti; durante la post Guerra Fredda, Washington ha accettato e ha convissuto con Montesinos in Peru' quando si sapeva del suo coinvolgimento diretto nelle lucrative imprese della droga e delle armi leggere; nonostante che in Afghanistan i talebani avessero ridotto, attraverso azioni forzose, le coltivazioni di papavero da oppio, i nuovi governanti di Kabul, anche davanti alla presenza massiccia di truppe statunitensi, hanno visto una crescita formidabile della vendita dell'eroina.

Per altri versi, le politiche presumibilmente categoriche si applicano, in determinati ambiti, con scarsa severita'. Per esempio, secondo lo studio fatto dall'FMI (Fondo Monetario Internazionale) sul riciclaggio del denaro durante la presidenza di Michel Camdessus, si "lava" annualmente tra il 2 e il 5 per cento del Prodotto Lordo Mondiale -ossia tra 600 e 1.800 miliardi di dollari-. Secondo il senatore statunitense Carl Levin, la meta' di questa cifra si ripulisce negli Stati Uniti, o li' finisce.
Inoltre, si promuovono tattiche i cui effetti non desiderati permettono di perpetuare il fenomeno delle droghe. Per esempio, la Colombia ha disarticolato i principali cartelli del narcotraffico. Una combinazione di estradizioni, detenzioni e uccisioni ha posto fine ai grossi raggruppamenti mafiosi di Cali e Medellin. Tuttavia, l'assenza di una soluzione ampia, concertata e concreta della questione dei narcotici, ha permesso che oggi proliferassero in questo Paese un qualcosa come piu' di 200 piccoli cartelli.
Inoltre, la strategia proibizionista e' alle prese con la nozione che, attraverso la sua realizzazione, si rafforza lo Stato e si sconfigge la razionalita' mercantile dei vari protagonisti (venditori, distributori, trafficanti, produttori) che attivano l'affare delle droghe. Cio' che e' certo e' che, in buona misura, l'ambigua proibizione imperante ha eroso il potere di molti governi, e provocato o esarcebato cio' che si chiamano "Stati falliti" (per esempio Haiti) nella periferia, e prodotto e promosso cio' che potremmo chiamare le "citta' collassate" (per esempio parte di Los Angeles) in Paesi centrali.
Infine, la reiterazione delle politiche fallite non porta alla loro sostituzione, ma sembra invece portare ad una cieca ripetizione. Per esempio, la politica dell'abbattimento degli aerei richiesta da Washington e praticata dal Peru', non ha avuto alcun effetto sulla disponibilita', la purezza e il prezzo delle droghe nelle strade statunitensi. Tuttavia, ora Brasilia e' gia' disponibile a praticarla e forse, in futuro, lo fara' anche Buenos Aires. E' altamente probabile che quella tattica abbia un effetto nullo sull'aumento fuori controllo della violenza urbana collegata alle droghe in Brasile -e gia' si puo' anticipare che non modifichera' la crescente struttura mafiosa che si sta creando in Argentina.

In conclusione, il modello del proibizionismo ambiguo, oggi predominante, e' risultato un fallimento monumentale. Cio' nonostante, nulla indica che si vada a modificare l'attuale fase della "guerra contro le droghe", guerra che non e' giustificabile ne' moralmente, ne' politicamente, ne' economicamente.

Occorre ricordare che, secondo le cifre del rapporto 2005 dell'Ufficio delle Nazioni Unite per le Droghe e la Criminalita' (Unodc), il numero dei consumatori nel mondo e' cosi' distribuito: 160 milioni consumano cannabis; 26 milioni droghe non naturali (metamfetamine, etc.); 16 milioni eroina e 14 milioni cocaina. Se la popolazione globale raggiunge circa i 6.440 milioni di persone, il 2,48 per cento usa droghe leggere (come marijuana), lo 0,40 usa droghe sintetiche e lo 0,46 droghe pesanti (cocaina ed eroina). Se, in base alle prove scientifiche frutto di una immensa quantita' di studi, riteniamo che le piu' dannose siano le droghe pesanti e sintetiche, allora non sembra giustificato sferrare una "guerra contro le droghe" perche' lo 0,86 per cento degli abitanti del mondo assume queste sostanze.

Cio' che occorre e' una politica di riduzione del danno che miri, tra l'altro a:
a) evitare l'abuso fuori controllo di droghe psicoattive;
b) ridurre la violenza legata alla vendita clandestina;
c) eliminare le strutture mafiose consolidate che, a livello dello Stato e sul piano sociale, promuovono il consolidamento di una potente classe criminale collegata all'affare;
d) progettare strategie consensuali, concrete e a lungo termine per minimizzare gli effetti individuali e di massa generati dalla vendita dei narcotici, e
e) rigettare quella concezione pericolosa e futile che ritiene che la vicenda delle droghe psicoattive illegali costituisce una questione di sicurezza militare.
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