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Conte, la giustizia e l’itaglietta del giustizialismo: niente di nuovo sotto il sole!
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Articolo di Alessandro Gallucci
24 agosto 2012 18:49
 
La giustizia sportiva è giustizia sommaria! Il processo sportivo sul calcio scommesse si è trasformato in una caccia alle streghe! Le sentenze possono essere criticate ma vanno sempre rispettate! E’ un accanimento di giudici-tifosi! Il sistema è marcio! Meglio che me ne stia zitto! Il caso Conte ha portato in auge questi ed altri slogan. Il frasario del commentatore di cronaca giudiziaria trova perfetta applicazione anche nel caso della giustizia sportiva. Frasi piu’ o meno giuste, sicuramente banali, sempre utili a suffragare le tesi dei colpevolisti e degli innocentisti. Gente schierata su fronti avversi per professione di fede piu’ che per conoscenza reale dei fatti oggetto di quel procedimento. Perche’ è questo il punto da cui si deve partire: in quanti, tra quelli che ne discutono sotto l’ombrellone o al bar, conoscono i documenti che hanno permesso di pronunciare quelle sentenze? Mettiamola cosi’: è piu’ facile che un cammello passi per una cruna di un ago che un tifoso conosca “le carte del processo”. Nonostante cio’, tutti sono diventati esperti di onere della prova, di attendibilita’ di pentiti e testimoni, di tracciabilita’ dei movimenti bancari (il riferimento è al caso dell’U.S. Lecce, ecc. ecc.). Ed i giornalisti? Si spera che, almeno loro, abbiano studiato qualcosa, per lo meno cio’ che era possibile conoscere. Leggere un quotidiano, pero’, non è di grande aiuto: come di prassi, ormai, alla descrizione dei fatti si preferisce l’opinione di qualche commentatore. Inutile, allora, pensare di potersi formare un’idea precisa a meno che non si abbia voglia e tempo di far da se’! In questo contesto, quindi, è facile ricorrere a quegli slogan che sempre piu’ facilmente fanno breccia in chi pensa per sentito dire.
La giustizia sportiva è giustizia sommaria? E’ davvero simile alla caccia alle streghe? Questa è la sensazione diffusa. E’ vero: in ogni processo che mette in dubbio la correttezza del comportamento di una persona, è buona regola che spetti a chi accusa provare le sue affermazioni e non chi si difende a sconfessarle. Questo concetto, tuttavia, vale anche quando ad essere accusato è il pinco pallino qualunque: in tal caso, pero’, è piu’ facile che per una serie di ragioni (politiche, razziali, ecc.) la sommarieta’ del giudizio sia invocata anche a discapito delle piu’ elementare regole di diritto. Ma c’è poco da fare: la condanna dura del mostro di turno ed il conseguente autodafè mediatico piacciono o fanno inorridire a seconda dei condannati. Nonostante cio’ si continua a preferire questa stortura ad un sistema davvero giusto.
Criticare una sentenza vuol dire sempre attaccare chi l’ha scritta! Com’è possibile dirsi contrario ad un atto senza, anche solamente per sillogismo, criticare chi l’ha redatto? Mistero italico. Si puo’ dire “Io non sono d’accordo, la sentenza è ingiusta!” Guai a dire: “Il giudice non ha saputo leggere le carte, è stato superficiale, e via dicendo!”. In fondo non è la stessa cosa? Insomma, bisogna saper contestare sobriamente. Diversamente si è irrispettosi verso un potere! Evidentemente chi argomenta in questo modo preferisce l’idea di avere a che fare con sudditi proni piuttosto che con cittadini pensanti e percio’ liberi. La critica, anche la piu’ aspra, non puo’ essere soffocata altrimenti quella che si invoca è censura e non rispetto. Se lo si fa è perche’ il criticato, in questo caso il potere, manca di autorevolezza. Come spesso accade in Italia.
Sui giudici-tifosi meglio sorvolare. La parentesi berlusconiana ha fornito a tutti sufficienti argomenti a sostegno delle tesi contrapposte.
L’acme è raggiunto quando la “vittima della giustizia” (al di la’ del tipo di ordinamento) si lamenta dicendo: “Il sistema è marcio! Meglio che me ne stia zitto!” Il classico retaggio d’un modo di ragionare mafioso. Un accusato che ritiene la sua condanna ingiusta dovrebbe agire per ottenere giustizia, in ogni modo civilmente accettabile (non violento per dirla come c’ha insegnato Gandhi). Lanciare strali contro tutti e nessuno per screditare tutti e nessuno è un modo, ormai vecchio ed inefficace, di gettar fango a casaccio! Da’ l’idea del colpevole disperato piuttosto che quella del condannato ingiustamente.
Inutile cercare un filo logico nel marasma di affermazioni e contro affermazioni che circondano ogni caso giudiziario che assurge agli onori delle cronache. Un sistema giuridico democratico, degno di questo nome, dovrebbe prevedere tempi, regole e quindi esiti dei giudizi rapidi e precisi: in poche parole certezza dei diritti e delle pene. Nell’itaglietta del giustizialismo, pero’, si preferisce il rito tribale ed il giudizio di piazza, le urla e le accuse velate. Si preferisce litigare su tutto ma non cambiare niente: cosi’ da essere vittime e carnefici allo stesso tempo.
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