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C'era una volta... il topo di campagna ed il topo di citta'. Topi, squali od editori?
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Articolo di Giuseppe Parisi
1 settembre 2007 0:00
 
Non poche volte capita di riorganizzare idee e di ritornare ai nostri libri antichi, soprattutto le favole, che riempivano le nostre fantasie e le innocenti curiosita' di quando eravamo bambini. Molte erano costruttive, altre -per fortuna non tante- molto meno, come quella dello scrittore olandese Anderson, con il "brutto anatroccolo". Certamente si leggeva di piu', molto piu', dei bambini di oggi, catturati da televisione e videogiochi, che impediscono il fluire delle immaginazioni costruttive e dello sviluppo creativo della loro personalita'. Questo e' il segnale di regresso, di declino, della carta stampata o della specie umana?
Questa estate, tornando al paesello di poche anime, a trovare la mia mamma, non mi sono imbattuto, come gli anni precedenti, in quel giornaletto a mo' di quotidiano che quasi seppelliva la gente ed imbrattava le strade ed i parchi. Si trattava di alcune pagine grandi quanto un foglio di formato a4, con una struttura dell'impaginazione e una scelta dei caratteri che mi ricordavano molto quella del quotidiano londinese "The Times". L'amico giornalaio che non vedevo da diverso tempo, rispetto a quando si lamentava di questa iniziativa editoriale che lo "aveva impoverito" perche' aveva fatto calare le vendite dei quotidiani locali e non, adesso sembrava sorridere in ogni istante. L'iniziativa era di un gruppo di praticoni stregoni della politica-politichese del nulla che si "muoveva " all'interno della provincia, iniziativa dietro la quale si nascondeva un facoltoso personaggio che disponeva dei mezzi, cioe' i quattrini per la copertura economica della stessa. La rivista veniva distribuita in modo capillare, praticamente a tappeto sia nel paese dove veniva edito che in tanti altri limitrofi e, progetto del futuro, l'invio nei centri di passaggio delle grandi masse del turismo, come Taormina, le isole Eolie, Sciacca, Cefalu' ed altre, le stazioni ferroviarie siciliane, gli aeroporti siciliani e nazionali. In cantiere il progetto di andare in Internet, con gli aggiornamenti in tempo reale, il vantaggio della doppia lingua (italiano e inglese), le interviste, i dossier. Oltre l'impaginazione, i proprietari del foglio locale e del "The Times", avevano la medesima sensibilita' su come sfruttare le loro "creature", sui mezzi, finalita' e su come usarli.
Tale vicenda mi ricordava, una bella favola, " il topo di citta' ed il topo di campagna".
Qui, il topo di campagna lo si conosceva, quello di citta' era Rupert Murdoch, il magnate australiano amico di George W. Bush proprietario del quotidiano londinese, come di ulteriori 174 testate giornalistiche in tutto il mondo.
Piu' che topi, erano squali, di carta.
Visualizzavo la fatica, lo sforzo del topo di campagna nel tentativo di raggiungere il suo collega cittadino, tensione invana, sovraumana , sovra-squalesca.
L'avventura del topo di campagna si e' conclusa , gia' morta, nemmeno Internet l'ha salvata.
Il topo di citta' ha la vita piu' facile. Innanzitutto ha sufficientemente quattrini per non vendere quel disastro economico che e' il londinese "The Times", sempre in perdita.
Filosofia da topi/squali editori: in primis, un peculiare disprezzo per un'informazione analitica e frontale, e la preferenza verso un'informazione di tipo "popolare". Cosi' il pregiudizio assale ed affoga una reale e giornalistica ricerca dei fatti. Oltremodo, il termine popolare e' una sterile copertura di qualcosa di peggio, il populismo. Per offrirsi alle masse e corteggiarle, gli editori/topi/squali, pensano bene di usare le stupidita'. Il topo di campagna inseriva la scaletta degli avvenimenti delle varie feste paesane, dei distretti vicini e lontani. .giorno 25 agosto, a Gualtieri Sicamino' , ci saranno"I Nomadi", poco importava che quella manifestazione al paese di circa 1700 persone sarebbe costata una cifra intorno ai 250 mila euro. Per "I Nomadi" in tasca 37 mila euro, per i "giochi pirotecnici" 110 mila euro, che fumavano nel giro di un quarto d'ora. Quest'anno i giovani si sono semplicemente lamentati di non poter conoscere per tempo la scaletta dei loro vip per pianificare le serate. Cosi' molti hanno perso Laura Bona, per cui la casa comunale ha pagato 20 mila euro, Marco Masini (25 mila euro) e il napoletano Nino D'Angelo (34 mila euro). Gli ulteriori capitoli di spesa non sono irrilevanti, basti pensare alle luci e i giochi pirotecnici.
Da giornalista, ho chiesto alle autorita' comunali, quando mi e' stato concesso, se il Comune fosse provvisto di punto mobile di toilette per la gestione delle manifestazioni, o fosse proprietario di ambulanza/e , e se questa fosse attrezzata secondo le norme vigenti di legge, o se per le emergenze doveva usufruire del servizio pubblico 118. Nessun paese e' risultato provvisto di quanto ho chiesto. Qualche amministrazione comunale si e' rifiutata di incontrarmi.
I cittadini di Gualtieri Sicamino', devoti a S.Nicola di Bari -come il capo del Governo russo Putin- forse non immaginano che ogni anno potrebbero comprare due ambulanze di quelle superattrezzate, con sala operatoria mobile e il camioncino biologico per la toilette mobile; e dopo due anni poter usufruire economicamente del personale per almeno cinque anni. Ma S. Nicola di Bari merita, ed i soldi arrivano anche dai fedelissimi emigrati in massa negli Usa, peccato finiscano letteralmente in fumo.
Cosi' il topetto di campagna inseriva scintillanti foto delle star del momento, statuine dei santi da venerare a turno con le rispettive date per l'appuntamento, ed il gioco era fatto.
Anche il topo di citta' ha sempre usato i medesimi espedienti. I professionisti dell'informazione di massa, suggeriscono di inserire una foto di qualche bella personalita' femminile in prima pagina. Rupert Murdoch pare abbia suggerito di inserirne almeno due. Se la gente e' soddisfatta cosi', perche non abbondare?
Se si pensa che le stupidita' di un network come "Fox", il piu' seguito negli Usa e nel mondo, sempre di proprieta' del magnate australiano, solo negli Usa hanno piu ascoltatori di quanti votano alle presidenziali, c'e' da sospettare che Murdoch non farebbe il presidente degli Stati Uniti solo grazie alla legge sul conflitto di interessi (quella che manca in Italia) che c'e' in quel Paese. Noi, a prescindere, aggiungiamo che e' una fortuna che Murdoch non sia nato negli Usa, per cui non potrebbe comunque farlo. Ma le sue influenze, il suo compasso del potere, circoscrive anche la Casa Bianca. Furono i suoi superpotenti network ad influenzare e convincere l'opinione pubblica americana, in poche settimane, alla logica della guerra contro l'Iraq, e mi riferisco alla seconda puntata, quella del Bush figlio.
Ma per lavorare di precisione sul compasso, ci vuole anche la qualita'. Per questo Murdoch punta al piu' influente giornale economico del mondo, il "Wall Street Journal", l'unico a poter essere allo stesso tempo autorevolissimo e fazioso. Le cronache su Bruxelles e sull'Europa sono sempre le medesime, si parla di una vecchia macchina sclerotica in mano a pochi incapaci della sacralita' della burocrazia. L'America, almeno quella di George W. Bush , e' il futuro. Tuttavia, traspare che la linea editoriale si potrebbe accostare a qualsiasi vincitore della Casa Bianca, anche alla Hillary Clinton, fermo restando che le opinioni editoriali dovranno sempre seguire gli interessi del topo di citta'. E questi potrebbero essere pericolosamente mutevoli.
Quale liberta' di stampa puo' esistere in tale contesto mediatico internazionale?
Chi lavora per i network del magnate australiano, vivra' la sensazione di nuotare libero come un pesce, glob.blob. nel suo acquario preferito. Tuttavia, Murdoch non assume finanziamenti dai Governi ove sono presenti i suoi potenti network. Ricerca le preferenze -o come si dice in gergo mediatico l'audience- con fatica giornaliera, strumenti e tattica. E mantiene anche le mele marce, che ormai puzzano, come il "The Times", per controbilanciarle con altri potentissimi strumenti di comunicazione di massa, come e' "Fox".
In Italia la situazione e' oltremodo peggiore.
Esiste il finanziamento pubblico all'editoria. I nostri soldi, quindi, servono per creare una editoria di Stato. I contributi per il 2003 sono stati resi pubblici. "La Padania": quattro milioni di euro; "L'Unità": sei milioni e ottocentomila euro; "Il Foglio": tre milioni cinquecentomila euro; "Opinioni Nuove - Libero Quotidiano": cinque milioni trecentomila euro; "Avvenire": cinque milioni novecentomila. nemmeno i buoni vescovi vi risparmiano le vostre cinghie strette, della terza settimana italiana.! ; "Il Manifesto": quattro milioni quattrocentomila euro; "Sportsman - Cavalli e Corse": due milioni cinquecentomila euro. Paradossalmente, vengono finanziati perfino giornali che non vedremo mai in edicola, ad esempio il "Campanile Nuovo" ed il "Mucchio Selvaggio", ma ve ne sono tanti altri, organi di movimenti politici, quotidiani editi da cooperative gia' organi di movimenti politici, quotidiani e periodici editi da cooperative di giornalisti, periodici di enti morali, e di tutto di piu', che ricevono denari a pioggia, quando le famiglie non raggiungono la fine del mese.
Anche noi dell'Aduc potremmo vantare finanziamenti pubblici, ed ottenerli con facilita'. Preferiamo non farlo, per rimanere liberi di informarvi senza veline e padroni. Se ci ritenete utili, un contributo libero a vostra scelta ci sarebbe molto prezioso ed importante, per continuare ad esistere cosi' come siamo, liberi. Le liberta' , le veline ed i "padroni-editori" della tipica struttura dei media italiani, non sono affatto comodi, oltremodo capaci per poterlo essere.
Questa legge sul finanziamento pubblico alla editoria e' una ingiustizia, paghiamo il giornale due volte.
Noi vogliamo pagare il giornale all'edicola, non con le tasse.
Quando smetteranno di puntare ai nostri portafogli?
Quando smetteranno di prenderci in giro?
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