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 U.E. - U.E. - L'interesse della politica per la scienza
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Articolo di Vincenzo Donvito
27 ottobre 2005 18:19
 
L'ultima Conferenza generale dell'Unesco ha approvato, lo scorso 19 ottobre, la Dichiarazione Universale sulla bioetica e i diritti umani. Il testo dovrebbe essere una base per le politiche, le legislazioni e i codici etici degli Stati, senza carattere vincolante. Nel testo non si parla della ricerca con gli embrioni, di clonazione ed eutanasia. La priorita' era di avere un documento su "alcuni principi universalmente accettabili" nell'ambito della bioetica. La solita roba per parlarsi addosso? A parte un generico richiamo al rispetto di dignita' e diritti umani che devono sempre primeggiare sulla scienza, e ad una maggiore attenzione nei confronti della donna, proprio la voluta assenza dei tempi piu' scottanti ha fatto si' che nessuno -se non gli addetti ai lavori, come noi e pochi altri- se ne accorgesse.
E forse e' un bene.
Perche' noi siamo tra quelli che quando sentono parlare di "codici etici degli Stati", ci vengono i brividi sulla schiena e, per qualunque applicazione si possa ipotizzare con l'uso di questa "etica di Stato", non possiamo che affilare le armi per prepararci alle battaglie piu' difficili. Quelle che si perdono e basta? Si', se pensiamo all'Italia. No, se pensiamo al resto del mondo. Quindi, meno male che la globalizzazione e' tra noi, e di cio' che accadra' a Seoul quanto a Boston o Singapore, ne saremo in qualche modo partecipi.
Quindi un plauso all'Ue, che di globalizzazione dovrebbe mangiarne a colazione tutti i giorni? Non tanto. Perche' se pensiamo alle nomine nel Gruppo Europeo per l'Etica nella Scienza e Nuove Tecnologie (EGE) per il periodo 2005-2009, ci tornano i famosi brividi: le autorita' scelte dal presidente Barroso per farne parte, sono al livello di Carlo Casini (Movimento per la Vita), lo slovacco Josef Glasa e la tedesca Hille Haker, tutte persone in prima fila contro la ricerca con le staminali embrionali; tant'e che lo spagnolo Antonio Masip ha gridato allo scandalo ritenendoli piu' reazionari di quel Rocco Buttiglione la cui nomina a commissario Ue vide la mobilitazione (con successo) di chi non voleva aver a che fare coi suoi abituali e frequenti editti di morale cattolica romana repressiva.
Domanda facile facile: ma siamo proprio sicuri che tutto questa serva alla ricerca scientifica, alla lotta dell'uomo contro le malattie e contro la propria capacita' di auto-distruggersi? Siamo proprio sicuri che la politica abbia le armi e la capacita' di occuparsi di scienza? Qualcuno potrebbe obiettare che questa dissertazione porti ad un'unica risposta: il trionfo della non-azione della politica in materia. Impossibile, ovviamente. E qui poniamo una domanda a noi stessi e a chi ci legge, perche' si sviluppi una riflessione: come, dove e quando e' possibile limitare il piu' possibile l'interesse della politica per la scienza? Come, dove e quando e' possibile mobilitarsi per norme e leggi che impediscano un interesse della politica se non di liberta'?
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