La vampata “censoria e non censoria” di primavera sulla Rai è interessante, per chi avesse ancora da chiarirsi le idee, e non volesse cedere per stanchezza “a quel che passa il convento”. Un po’ come la religione dove, a parte i grandi luminari di se stessi (pochini e in genere arroganti), uno prova a ragionare sul divino ma si blocca sempre, ché il divino non ha bisogno di ragione ma fede, e alla fine o “la manda a cagare” o si adegua perché così torna più comodo. Sì, proprio così è la Rai, “di tutto e di più” diceva un vecchio slogan, e anch’essa o “la mandi a cagare” o ti adegui.
Se sei un comune mortale ti adegui al suo palinsesto (talvolta anche interessante per un irriverente come chi scrive, tant’è che pago il canone) e usi le sue vicende nel tuo quotidiano, come se parlassi del raffreddore o della vincita al “gratta e vinci” dello zio.
Se sei un politico, o di quei tipi di club, ti sgoli e di indigni a seconda della tuta partigianeria.
Se sei un libero, te ne freghi. E qui c’è il libero “qualunquista” che non non sa neanche chi è Bruno Vespa. Mentre c’è il libero impegnato che si informa e si diverte altrove, evadendo il pagamento dell’imposta chiamata canone, e godendo delle informazioni sia sulla Rai che su altre reti e/o Internet.
Per capire con chi abbiamo a che fare - e premesso che in Rai ci sono anche diverse professionalità e non solo seguaci - fa testo la vicenda - chiamiamola - “Scurati”. Un professore universitario a cui era stato delegato un monologo tv di pochi minuti sul 25 Aprile (la festa di liberazione dal nazi-fascismo). Il nostro - anche scrittore di testi su Benito Mussolini - nel suo testo, dopo una breve rievocazione storica ha esternato il proprio pensiero dando sostanzialmente di fascista e inetto all’attuale governo.
Il monologo viene cancellato dal programma. In diversi evidenziano la censura. Il capo del nostro governo, Giorgia Meloni, dice che la diatriba era perché il professore voleva troppi soldi (1.800 euro, la Rai gliene voleva dare 1500 più le spese di viaggio) per pochi minuti mentre - sempre Meloni dice - (ndr - il vittimismo populista non guasta mai) una cifra del genere equivale allo stipendio di gente che lavora in Rai (ndr - visto l’importo, chi fa le pulizie?) e, siccome si è stufata, ha pubblicato il testo “scuratiano” sul suo profilo social. Tutti lo riprendono, e lo leggono anche attraverso la Rai. Critiche a non finire del tipo “i soldi sono una scusa e un calcio d’angolo cercato”, repliche, etc. Morale: tutti (si fa per “generalizzare”) ora conoscono il pensiero del professore/scrittore sul 25 aprile e sul governo e - cose che capitano - non crediamo avrà soldi…. si potrebbe dire “non cornuto, ma mazziato”.
Ovviamente non sapremo mai come le cose si sono svolte realmente (felicitazioni a quelli che invece sostengono il contrario, pur non essendo direttamente coinvolti nella vicenda), ma sono sintomatiche.
Diceva una nota canzoncina di qualche anno fa “no, non è la Bbc, questa è la Rai, la Rai tv…". Quanto c’aveva ragione!
E comunque, a noi interessa solo come fenomeno politico di antropologia culturale… un'espressione “dotta” per dire: guarda come funziona la politica dell’informazione di Stato e non, come agiscono i politici fuori e dentro la Rai e - soprattutto - guarda per cosa ci viene fatta pagare l’imposta per il possesso di un tv con cui magari non guardiamo mai la Rai (il cosiddetto canone) per finanziare questa struttura.... e guarda come "si agitano" le persone, tutte pagate dai soldi pubblici.
Qualcuno reputa che in qualche modo la Rai potrebbe essere governabile, e lo crede rispetto a rilevanza e/o censura che viene data alla propria parte politica. A noi sembra proprio che non sia governabile. Se si vuole che ci sia un servizio pubblico d’informazione, è impossibile che sia tale se lo si lascia governare dalla maggioranza politica di turno e/o garantendo comunque ai partiti parlamentari una loro presenza nella struttura (direzione o giornalista o tecnica che sia). Proprio perché siamo in democrazia (per quanto imperfetta la si possa giudicare), occorrerebbe che un servizio prezioso come l’informazione sia svincolato dalla politica, che dovrebbe decidere come far funzionare questo servizio, ma sganciandolo da se stessa. Illusione? Gli italiani, a suo tempo sentiti con un referendum, hanno detto che avrebbero gradito una informazione pubblica gestita da un privato dopo aver vinto una gara d’appalto. E, proprio perché siamo in democrazia, crediamo che fuori posto e in dissonanza col nostro regime democratico siano coloro che mantengono un’informazione di Stato che non può far altro che generare vicende come quelle di cui abbiamo riportato.
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