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La rivoluzione
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Articolo di pym
5 aprile 2013 9:50
 
Sto seduto in un ufficio postale in attesa che sia chiamato il mio numero. Ad ogni suono del tabellone elettronico si accende la speranza e si rispenge immediatamente. Sono soprattutto i numeri preceduti dalla lettera “E” che scorrono velocemente perché riservati ai possessori di conto corrente postale. Il mio, un numero “P” per l’invio di raccomandate, sembra non avvicinarsi mai. L'algoritmo che anima il sistema di numerazione è impietoso.
Sono già 30 minuti che aspetto, quando arrivano e si siedono accanto a me due signore di mezza età. Sono ben vestite, gambe pudicamente accavallate, e mani appesantite da vistosi anelli ma pur sempre agilissime con i loro smartphone. Parlano tra loro per cinque minuti, ma riesco a sentire solo l'eco di qualche consonante. Poi, una di loro alza la voce, sembra lamentarsi dell’attesa. Noto che anche lei ha un numero “P”. Si fa coraggio, alza di nuovo la voce per esprimere il suo sdegno contro i possessori dei numerini “E”: “arrivano dopo di me e vengono serviti prima”.
L’amica la guarda dapprima un po’ stupita, ma presa da un impeto di solidarietà amicale, sentenzia: “E’ un’ingiustizia!”.
Annuiscono reciprocamente, si scambiano sguardi complici, duettano a voce sempre più alta.
“Perché nessuno dice niente?”, si chiede la prima.
“Perché siamo un popolo di pecore! La 'P' sta per … sta per … PECORA!”, è la risposta dell’altra, compiaciuta della sua inaspettata battutona.
“Ecco perché non si riesce a fare la rivoluzione in questo Paese!”, lamenta rassegnata l'una, mentre l’altra conclude solennemente, “Che schifo!”.
Anche per oggi, penso, niente rivoluzione. Come un amen conclude la preghiera, che schifo! è il motto con cui si muoiono le rivoluzioni mai nate.
Eppure mi sbaglio. Dopo esser rimasta nervosamente in silenzio per mezzo minuto, la signora si alza determinata: “Si deve fare qualcosa, il sistema non funziona”. Non si riferisce più al sistema dei numerini, sta sicuramente parlando del Sistema. “Se nessuno si ribella, non cambia mai niente”.
Mi preparo ad assistere ad una sfuriata contro l'impiegato allo sportello. Per sua fortuna, è protetto da uno spessissimo vetro antiproiettile, efficacissimo insonorizzante.
“Ora gliela faccio vedere io!”. Ci siamo, parte la rivoluzione!
Cammina risoluta verso lo sportello. L'impiegato, che sembra aver capito cosa l'aspetta, la tiene d'occhio mentre continua a servire un cliente. Prima di arrivare al bancone, la signora si ferma davanti alla macchinetta che eroga i numeri. Dopo una pausa di breve ma intensa riflessione, ne schiaccia rabbiosamente i tasti e ritira due numeri. Torna al suo posto, ne offre uno alla compagna d'armi, e soddisfatta si siede. Neanche il tempo di riaccavallare le gambe, viene chiamata allo sportello: “E47”. L'impiegato, visto l'afflato rivoluzionario della signora, non obietta e la serve. “E48”, anche l'amica spedisce la sua raccomandata.
Sono preso da istinto antirivoluzionario: vorrei raggiungere le due signore e spiegare loro che la rivoluzione si fa per le pecore, e non contro le pecore. La pigrizia mi aiuta a respingere la tentazione, oggi non ho voglia di sprecare emozioni.
Mentre le due signore escono trionfanti dall’ufficio postale, suona ancora il tabellone: “E49”. Si alza un signore, anche lui ha una raccomandata in mano.
Dei numeri "P" neanche l'ombra. Ci sono troppi rivoluzionari in giro.
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