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Il tasso di break even nel 2011
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Articolo di Marianna D'Alessandro
30 gennaio 2012 15:08
 
Il tasso di inflazione di pareggio, detto anche tasso di break-even, è il tasso che rende uguale il rendimento a scadenza del titolo nominale a tasso fisso e il rendimento del titolo reale di medesima durata. Questo margine fornisce un'importante informazione sulle aspettative inflazionistiche del mercato, infatti la differenza tra tassi nominali e reali ci dice qual'è l'inflazione attesa nel periodo di riferimento e quindi la percentuale che il mercato richiede in aggiunta al tasso reale per coprirsi dal rischio inflazione.

Questa spiegazione sarebbe completa se i due titoli fossero percepiti dal mercato con lo stesso grado di rischiosità, ma generalmente al titolo reale si attribuisce un livello più elevato di rischio liquidità, in quanto ci sono meno emissioni e meno scambi. Ne deriva che una piccola parte del tasso reale remunera l'investitore per l'assunzione di questo maggior rischio e quindi l'inflazione implicita sottostima leggermente quella che è l'inflazione attesa di periodo.

Infine, se depuriamo il rendimento reale dal rischio liquidità, otteniamo la parte di rendimento richiesta dall'investitore a copertura del rischio emittente.

Consideriamo il caso Italia.
L'inflazione di pareggio, calcolata facendo riferimento ai titoli di stato decennali dal 2006 al 2010, si è attesta intorno al 2%, con flessioni (nella misura dello 0,5%) sotto questo valore nei periodi a cavallo tra 2008/2009 e tra il 2010 e il primo semestre 2011. Fin qui, quindi, tutto nella norma.

Le anomalie si sono palesate ovviamente a partire da luglio 2011 quando, di pari passo con l'acuirsi della crisi di fiducia che ha colpito il nostro paese, l'inflazione di pareggio è andata via via decrementandosi fino a raggiungere lo zero a metà novembre. Ad oggi il valore si attesta ancora su livelli molto bassi, pari allo 0,34%.



























Questo declino non può ovviamente attribuirsi ad una riduzione delle aspettative inflazionistiche
. Innanzi tutto si potrebbe considerare il ruolo della BCE. Gli acquisti che questa ha fatto a sostegno della liquidità dei titoli di stato italiano si sono concentrati sui titoli decennali a tasso fisso, i cui corsi, quindi, sono diminuiti meno di quelli dei titoli inflation linked. Ne deriva che i rendimenti di questi ultimi si sono incrementati maggiormente riducendo la differenza tra tassi nominali e tassi reali. Tuttavia questa spiegazione non è esaustiva, infatti la medesima anomalia si è verificata anche per titoli di stato di diversa durata meno oggetto di acquisti da parte della banca centrale. Sulla scadenza dei 5 anni, ad esempio, alla fine di novembre 2011 ha raggiunto addirittura livelli negativi (-0,5%).

Il motivo va quindi ricercato nell'altra componente tipica della differenza tra questi due tassi, ossia il rischio liquidità, nel suo significato più ampio.
Sul nostro paese si è abbattuta una crisi di fiducia che ha generato in certi momenti la corsa alla vendita dei titoli di stato dettata da timori di default, i troppi venditori e i pochi compratori si sono tradotti in un decremento del corso dei titoli e quindi in un aumento del loro rendimento (dovuto ad una maggiore percezione del rischio emittente). Di pari passo si è incrementato il rischio liquidità riconosciuto dai mercati, dettato dalla difficoltà di trovare pochi acquirenti e il timore di non trovarne affatto.
Questa situazione ha impattato maggiormente sui titoli inflation linked che per loro natura sono meno liquidi e la tensione persistente ha prodotto in alcuni casi il paradosso della coincidenza tra tassi reali e tassi nominali, o addirittura tassi reali maggiori dei tassi nominali.

Essendo il rischio emittente delle due tipologie di titoli il medesimo, in situazioni siffatte chi volesse acquistare titoli di stato italiano dovrebbe sicuramente scegliere quelli legati all'inflazione. Infatti come si evince dal grafico, ad oggi l'inflazione di break-even è dello 0,34%, quindi i titoli a tasso fisso sarebbero più convenienti solo in ipotesi di tasso di inflazione sotto questo livello.
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