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Vivere fino alla fine
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Articolo di Rosa a Marca
28 aprile 2006 0:00
 
Esiste il diritto a morire? Puo' l'uomo decidere della propria morte? E' possibile che altri l'accompagnino in questa sua decisione?
Le persone hanno paura. Paura che un giorno i medici ci tengano in vita malgrado sia giunto il momento di andarsene. Paura che la vita si spenga piano piano ma che la morte non si decida ad arrivare. Paure. Percepibili anche tra il pubblico che assisteva al dibattito Diritto di vivere - Diritto di morire, organizzato dalla Sueddeutsche Zeitung a Monaco la settimana scorsa. Medici, giuristi, teologi, tutti ad interrogarsi se l'uomo possa decidere di morire, e in che modo il medico possa accompagnarlo alla conclusione.
Come riporta Susanne Schaeffer del Sueddeutsche Zeitung, una signora tra il pubblico racconta di sua madre, morta a 87 anni. "Era arrivato il suo momento. Ma uno dei medici voleva tentare l'impossibile per tenerla in vita". C'e' stata lotta prima che potesse finalmente chiudere gli occhi. Un altro dei presenti, malato da cinque anni: "Voglio portare a termine la mia vita con dignita'". Dove per lui dignita' significa darsi la morte quando sara' arrivato il momento. Ma c'e' un problema: e se il tentativo di suicidio fallisse? Percio' chiede che anche in Germania sia depenalizzato il suicidio assistito, sulla falsariga della legislazione svizzera.
Esiste per l'individuo il diritto di morire quando lo decide lui? Il moderatore del dibattito, il professore di filosofia Volker Gerhardt ricava la risposta dalle scienze umanistiche occidentali: se dal punto di vista giuridico si sancisce il diritto alla vita, allora esiste anche il diritto di morire. Il concetto e' affermato fin dal diciottesimo secolo, quando, per la prima volta, i diritti umani furono inseriti nelle Costituzioni. "L'uomo non solo ha il diritto di difendersi dai pericoli che lo minacciano, ma anche quello di gestire la propria vita come vuole", ha spiegato il professore. In base al concetto di autodeterminazione, ogni individuo puo' respingere aggressioni al proprio corpo. "Giuridicamente e' dunque evidente che ciascuno abbia il diritto di determinare la fine della propria vita". Alcuni dei presenti hanno manifestato disappunto per la piega che stava prendendo la discussione. Susanne Breit-Kessler, che presiede il Consiglio del Circolo religioso di Monaco: "Non dovremmo concentrarci sempre solo sulla fine della vita e presentarci come messaggeri di morte". Quello che conta e' accompagnare il morente con amorevolezza. Anche il medico palliativista Gian Domenico Borasio cerca, con il suo lavoro, di alleviare le sofferenze dei malati terminali, e cosi' molti di loro non hanno il desiderio di morire anzitempo. Ludwig Minelli, fondatore dell'organizzazione svizzera Dignitas, non ha dubbi sulla risposta da dare alla domanda se una persona possa decidere della propria morte. E' un chiaro . Ed e' altrettanto convinto che si possano aiutare le persone desiderose di morire. Se qualcuno lo convince che non cerca altro, Minelli gli procura una ricetta per la medicina letale, e fa in modo che la persona si possa suicidare con le proprie mani. Malgrado cio', Minelli definisce Dignitas come la piu' grande organizzazione di dissuasione dal suicidio. Lui parla a lungo con le persone che si rivolgono al suo centro, e prova ad indicargli la via del ritorno alla vita. Racconta di come fosse riuscito a convincere a tornare a scuola un giovane, paraplegico dalla testa in giu' a causa di un incidente. "Soltanto quando e' ritornato da me dopo qualche tempo e ha ripetuto di non voler piu' vivere, solo allora l'ho assecondato". Del resto, anche i suoi genitori lo sostenevano in questa sua richiesta. Ma la maggior parte delle persone che si rivolgono a Dignitas non vogliono necessariamente morire. E' vero che molti scrivono per predisporre il suicidio, ma quando gli rispondono che c'e' un medico disponibile a scrivere la ricetta, il settanta per cento sparisce. Cio' dimostra, secondo Minelli, che la maggioranza degli individui vuole la possibilita' di scelta. "Vogliono la certezza di poter contare su un'uscita d'emergenza". Anche il teologo olandese Theo Boer condivide l'opinione che alcuni cercano solo l'uscita di sicurezza. Ma respinge l'eutanasia attiva. Dice: "Io sono sempre stato contrario a una regolamentazione per legge". Uccidere su richiesta e suicidio sono degli eventi tragici, e la tragedia non si puo' regolare legislativamente. E' pero' membro di una Commissione di controllo sull'eutanasia, e in questa veste esamina i casi dubbi. Se tra i membri della Commissione prevale il dubbio che un medico non si sia attento al criterio di scrupolosita', gli negano il giudizio di scrupoloso. Avviene raramente, ma quando accade, il medico deve difendersi in giudizio. Sostiene Boer: "Se una societa' decide di autorizzare l'eutanasia attiva, deve anche dotarsi di meccanismi di controllo efficaci, in modo che gli abusi siano rari". Ed e' per questo che partecipa alla Commissione di controllo. In Olanda l'eutanasia attiva e' depenalizzata purche' siano rispettati diversi criteri di coscienziosita'. Uno di questi e' che la sofferenza del paziente sia "senza speranza" e "insopportabile". Ancora: il malato deve aver richiesto l'aiuto a morire "volontariamente, dopo approfondita e ripetuta riflessione". E' poi necessario che un secondo medico confermi che le condizioni sono state rispettate.
La ministra della Giustizia, Brigitte Zypries, ritiene che una normativa di quel tipo non sia pensabile in Germania. Lei stessa e' contraria all'eutanasia. "Per quanto e' in mio potere, in Germania non dovranno essere autorizzati ne' la morte su richiesta ne' il suicidio assistito". In cambio, il Governo intende potenziare la medicina palliativa, prevedendo anche un'assistenza domiciliare in quel contesto. La ministra teme che l'accettazione dell'eutanasia crei una pressione sulle persone anziane o malate o disabili. "La nostra societa' e' composta sempre piu' da persone anziane. Non devono avere l'impressione che vogliamo disfarci di loro". La religiosa Breit-Kessler condivide questa preoccupazione. "Circa il 40% della spesa sanitaria deriva dall'ultimo anno di vita delle persone". Una cifra che dev'essere assolutamente sgombrata dal tavolo di discussione. "Non puo' esserci un clima che suggerisce alle persone di rimanere sane e in gamba, ma che se non ci riescono, allora e' meglio farla finita". Timori che rientrano nell'argomentazione slippery-slope, ossia: nelle questioni morali, basta anche una piccola eccezione per dare il segnale che un processo si e' messo in moto, e le persone si adeguano subito a comportamenti prima ritenuti impossibili. Pian piano il tabu' scompare. La signora Breit Kessler trova conferma nella situazione olandese. All'inizio la morte su richiesta veniva autorizzata solo per malati anziani in stato terminale. "Ora la fascia di persone si e' ingrandita, include ad esempio i malati di cancro, che non muoiono piu' necessariamente per quella causa, o anche i neonati con gravi menomazioni. Di recente una commissione ha suggerito di ammettere la sofferenza sociale come motivo per autorizzare la morte su richiesta -insomma, basta anche la solitudine". Quest'ultimo riferimento e' alla Commissione Dijkhuis, che ha per l'appunto consigliato di non limitare la depenalizzazione dell'eutanasia alle sofferenze fisiche o psichiche, ma di includere "la sofferenza sociale". In altre parole, autorizzare l'eutanasia anche quando una persona provi un senso di inutilita' o non veda piu' nessuna prospettiva. Non esisterebbe una differenza sostanziale tra un tormento fisico ed emozionale, ritiene quella commissione. Ne e' nato un grosso dibattito, sfociato, per ora, in un nulla di fatto. La "sofferenza sociale" non e' ritenuta motivo sufficiente per giustificare l'eutanasia.
Nel Forum della Sueddeutsche Zeitung ipotesi cosi' estreme non sono state nemmeno prese in considerazione. I partecipanti hanno continuamente riportato il discorso sulle possibilita' delle cure palliative, evitando di addentrarsi nel terreno scivoloso del diritto a decidere della propria morte. Eppure, alla fine dell'incontro, una signora in sala ha preso il microfono e rivolgendosi a Ludwig Minelli di Dignitas gli ha detto che voleva sapere un'unica cosa: "Dove posso avere la ricetta?".
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