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L'accordo tra i Ministri della Difesa e Sanità e i Cannabis Social Club
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Articolo di Giorgio Gatti *
17 ottobre 2014 10:40
 
Il recente accordo tra il Ministro della salute e il Ministro della Difesa “per l’avvio del Progetto Pilota” per la produzione di cannabis in Italia, è un breve documento che pone un obbiettivo, che non è la produzione di cannabis in Italia.

L’ accordo tra i Ministri, infatti, “pone le basi” per la creazione di un gruppo di lavoro, entro il 31 ottobre 2014, atto a definire e realizzare un “protocollo operativo” per “la programmazione delle operazioni da compiere, la quantificazione dei fabbisogni in relazione alle patologie da trattare, la fitosorveglianza da esercitare, le verifiche da effettuare, e le tariffe da applicare ai prodotti.”




Una volta elaborato dal gruppo di lavoro, il protocollo “sulla fase di ricerca e sviluppo del Progetto Pilota, sarà trasmesso al Consiglio Superiore di sanità per ottenere il competente parere in merito alle proposte sullo svolgimento delle attività, sui risultati attesi e sull’appropriatezza prescrittiva, sulle condizioni patologiche che possono essere trattate con tali medicinali, nonché avvertenze e precauzioni d’uso, eventuali interazioni, controindicazioni ed effetti indesiderati”

La produzione di cannabis in Italia non è una realtà così concreta come sembrava.

Nonostante ciò, i presupposti della collaborazione tra i Ministri sono un buon punto di partenza per la soluzione di molti problemi legati alla cannabis.

Se si leggono, per esempio, gli interessi che si aspira a tutelare, spicca per primo “l’interesse della collettività” e la “tutela del diritto alla salute, allo scopo di fornire un appropriato trattamento fitoterapico ai pazienti”. Il documento continua riconoscendo l’importanza delle ricerche effettuate sulla cannabis; infatti la collaborazione tra i Ministri è anche frutto della ricerca scientifica. E’ proprio, anche,” tenuto conto delle più aggiornate evidenze scientifiche in ordine alle condizioni patologiche in cui possono trovare un uso clinico” che i Ministri hanno deciso “di avviare la fase di ricerca e sviluppo, mediante il progetto pilota”.

Alla luce del termine del 31 ottobre, dal 1 novembre non partirà la produzione di cannabis. Dal 1 novembre, quello che succederà, sarà dare il via alla creazione di un protocollo che sarà successivamente valutato, per un parere, dal Consiglio Superiore di sanità.

Alla luce dei recenti mutamenti a livello globale delle politiche sulla cannabis, come si esprimerà il Consiglio Superiore di sanità? Verranno considerate le numerosi voci internazionali che spingono per un cambio di rotta nelle politiche di contrasto agli stupefacenti, che valorizzino l’aspetto di salute pubblica legato al consumo di cannabis? Al fine di favorire politiche di riduzione del danno, di un puntuale monitoraggio del consumo di cannabis, si avrà il coraggio di cambiare l’approccio, da poliziesco-repressivo a sanitario attraverso una maggiore attenzione all’individuo e alla collettività?

Una strada per seguire un nuovo approccio politico internazionale nei confronti della cannabis, sarà possibile tema di dibattito nella prossima Sessione Speciale dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 2016. L’ Italia, dopo la dichiarazione di incostituzionalità della Fini Giovanardi, ha, con la definizione di un protocollo per la produzione di cannabis, uno strumento sperimentale per raggiungere un compromesso, che, senza modifiche della normativa attuale, potrebbe risolvere molti, ma non tutti, i problemi legati alle incarcerazioni legate al consumo, la produzione e distribuzione di cannabis a scopo privato.

Se il consumo di cannabis in futuro sarà un problema di salute pubblica, più che di ordine pubblico, questo significherà ridisegnare le politiche di riduzione del consumo di cannabis in una prospettiva che eviti la criminalizzazione del consumo.

Il protocollo e il parere del Consiglio Superiore di sanità, oggi, potrebbero essere lo strumento di riscatto politico dal fallimento tragico della Fini Giovanardi e del conseguente indulto causato dall’emergenza carceri creata dalle incarcerazioni di massa che quella normativa ha prodotto.

Per raggiungere questo obbiettivo, il protocollo potrebbe essere uno strumento per un più semplice accesso alle autorizzazioni per la coltivazione, la produzione e la distribuzione.

Gli strumenti informatici oggi permettono un facile monitoraggio discreto del fenomeno cannabis, rispondendo così alle esigenze di controllo dei flussi di produzione interni al nostro Paese, come espresso nel 2013 nel Report redatto da EMCDDA e Europol sui mercati della droga.

Introdurre un sistema integrato di produzione nazionale di cannabis, dove affianco all’Istituto militare di Firenze possano aggregarsi associazioni che coltivano cannabis collettivamente (come suggerito dall’ On. Daniele Farina nella sua richiesta di impegno del Governo Italiano “a prevedere nel nostro ordinamento la regolamentazione di associazioni che, in generale, abbiano la natura di Cannabis Social Club, con particolare riguardo a quelle composte da pazienti aventi come scopo l'uso terapeutico della cannabis” nella seduta del 30 aprile 2014) sarebbe un passo in avanti nella direzione di un maggiore peso del ruolo sanitario nel futuro impegno del Governo per ridurre la diffusione di cannabis.

Anche il M5S, attraverso la presentazione di un pdl che prevede la possibilità di creare Cannabis Social Club ha sollevato l’interesse verso quello che è un fenomeno crescente in Europa; la creazione di gruppi collettivi di coltivazione di cannabis senza scopo di lucro e per il sostentamento del fabbisogno dei soli soci.

Questo fenomeno, in futuro, renderà l’aspetto sanitario, l’unico strumento in grado di valutare l’efficacia delle politiche sulla riduzione della diffusione degli stupefacenti. Le carceri sono state già riempite una volta, è giunto il momento di dimostrare di avere compreso i propri errori.

* Dott. Giorgio Gatti, Consulente in Economia della Sicurezza Pubblica e dello Sviluppo Economico

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