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Acquisti transfrontalieri: foro competente. Corte di Giustizia
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Articolo di Cristiana Olivieri *
26 novembre 2013 16:57
 
Negli ultimi anni, complice la facilità di movimento nel territorio dell’Unione Europea, sempre più consumatori ricorrono all’acquisto di beni all’estero, non solo sottoscrivendo contratti a distanza attraverso il web, ma anche recandosi fisicamente in Stati membri diversi dal proprio domicilio.
Questo trend ha portato con sé nuove esigenze interpretative della normativa europea, nonché quella recepita dai singoli Stati membri, in merito al foro competente in caso di contrasti giudiziari, in primo luogo in caso di garanzia del prodotto.
In generale, tutta la regolamentazione comunitaria, e di conseguenza le normative con cui i singoli Statu UE la recepiscono e la applicano al proprio interno, sono improntate al principio generale di tutela del consumatore, in quanto considerato parte ”debole” rispetto alla controparte “professionista”.
Nel particolare, il regolamento n. 44 del 2001, emanato dal Consiglio Europeo il 22 dicembre 2000 “concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale”, sancisce all’articolo 2 il principio generale secondo cui il giudice competente in caso di controversia è quello del convenuto. Tuttavia, lo stesso regolamento
prevede delle deroghe al suddetto principio generale, che tutelano maggiormente il consumatore e lo sollevano da gravosi oneri probatori; l’articolo 15 infatti prevede che qualora "la controparte del consumatore non abbia il domicilio in uno Stato membro, ma possieda una succursale, un’agenzia o qualsiasi altra sede d’attività in uno Stato membro, essa è considerata, per le controversie relative al loro esercizio, come avente domicilio nel territorio di quest’ultimo Stato.. A conferma della stringente tutela nei confronti del consumatore, l’art. 16 prevede inoltre che “l’azione del consumatore contro l’altra parte del contratto può essere proposta o davanti ai giudici dello Stato membro nel cui territorio è domiciliata tale parte, o davanti ai giudici del luogo in cui è domiciliato il consumatore”, conferendogli così la possibilità di scegliere il giudice del luogo in cui ha il proprio domicilio.
La politica di tutela della “parte debole” si è ampliata ulteriormente a seguito della giurisprudenza comunitaria, in particolare nella recentissima sentenza della Corte di Giustizia del 17 ottobre scorso, in merito alla causa C-218/12 (Emrek contro Sabranovic).
La causa concerne l’acquisto di un’automobile usata da parte di un cittadino domiciliato in Germania, presso un’impresa di commercializzazione avente sede in Francia e il cui sito Internet riportava numeri di telefono francesi e uno tedesco.
Avendo appreso dell’esistenza dell’impresa da conoscenti, e non dal web, l’acquirente sottoscriveva il contratto in territorio tedesco presso i locali dell’azienda. A seguito dell’acquisto, egli agiva in giudizio per garanzia del prodotto innanzi al giudice tedesco, avvalendosi del foro speciale poichè rientrante nelle ipotesi previste dalla legge (art. 15, paragrafo 1 lettera c) ”contratto concluso con una persona le cui attività commerciali o professionali si svolgono nello Stato (...) in cui è domiciliato il consumatore o sono dirette verso tale stato membro”).
Il giudice tedesco di prime cure dichiarava la propria incompetenza, poiché, a suo dire, l’attività commerciale non era diretta alla Germania; la questione proseguiva in appello, dove il giudice del rinvio sollevava la questione davanti alla Corte di Giustizia, proponendo 2 quesiti: 1) se per avvalersi del foro speciale il consumatore dovesse dimostrare la relazione causale tra sito Internet
e conclusione del contratto e 2) se il contratto dovesse essere sottoscritto a distanza.
La Corte nega la necessità di entrambi i requisiti per l’applicazione del principio del foro speciale – quello del consumatore; da un lato afferma che essa non è in alcun modo subordinata al suddetto nesso di causalità, che quindi esula dagli oneri probatori a carico del consumatore, favorendo la sua posizione processuale. In effetti, dimostrare il collegamento tra sito Internet e acquisto, allorché questo non sia concluso online, sarebbe estremamente complesso (e deterrente!) per la parte acquirente. Dall’altro lato, il Giudice comunitario ammette che tale nesso possa, tuttavia, essere liberamente valutato dal giudice per appurare che l’attività commerciale
del professionista sia diretta allo Stato in cui è domiciliato il consumatore.
Nella sentenza citata, il fatto che il professionista indicasse nel proprio sito Internet, oltre ai numeri di telefono francesi (quindi nel territorio della sede principale), anche un numero tedesco, induceva a pensare che l’attività commerciale fosse rivolta altresì al territorio tedesco, per facilitare l’assistenza a consumatori ivi domiciliati. Da qui, la possibilità di adire al giudice nazionale
tedesco, in forza dell’art. 16 del regolamento 44/01.
Ricapitolando, al consumatore è dunque consentito chiamare la controparte in giudizio presso il foro del proprio domicilio, senza dimostrare il nesso di causalità tra sito Internet e avvenuta conclusione del contratto (anche nel caso in cui ciò sia avvenuto nei locali commerciali, e non a distanza). Tuttavia tale ampliamento di tutela viene temperato dal fatto che il suddetto nesso può pesare nella valutazione delle circostanze effettuata dal giudice nazionale, allorché vada a verificare che l’attività commerciale dell’impresa risulti diretta (anche) allo Stato membro del domicilio del consumatore.

* consulente legale Aduc

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