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Gli animali e la crisi economica
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Articolo di Comitato Bioetico per la Veterinaria
21 luglio 2010 10:49
 
Riportiamo il documento finale del Comitato Bioetico per la Veterinaria che viene presentato oggi a Roma in una conferenza stampa. L'Aduc, interpellata dal presidente del Comitato, ha dato un suo contributo alla stesura di questo documento.
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INTRODUZIONE
La crisi economica ha ripercussioni anche sugli animali: si inizia ad assistere ad abbandoni e randagismo addirittura di cavalli, mancanza di cure in stato di malattia, disattenzione sul fronte della prevenzione, richieste di eutanasia.
Avere un animale, dunque, potrebbe essere un lusso eccessivo.
Contemporaneamente nel comparto delle produzioni di alimenti crollano i prezzi alla produzione (cosa non visibile nei prezzi al consumo) e di conseguenza, peggiorano le condizioni di vita degli allevatori, dei lavoratori ma anche degli animali allevati.
Il Comitato Bioetico per la Veterinaria (CBV) propone una riflessione di natura morale a supporto di decisioni pratiche che si dovessero prendere in condizioni di difficoltà e intende fornire indicazioni concrete di natura gestionale nei confronti di un mondo animale che negli ultimi anni ha visto crescere il numero di attenzioni utili al benessere, ma anche aspetti consumistici inutili se non lesivi della qualità della vita degli animali.

DESCRIZIONE DEL PROBLEMA
Negli ultimi decenni il potere di acquisto è sempre aumentato permettendo l’espansione di consumi prima non previsti.
Le spese per la convivenza con gli animali sono molto cresciute insieme con altre spese quali quelle per i viaggi, il tempo libero, la fitness, le novità tecnologiche eccetera.
Ci si può chiedere se nella necessità di dover ridurre i consumi a causa della crisi, le decisioni individuali siano adeguatamente sostenute da una riflessione morale. In particolare, questa riflessione appare indispensabile quando fra i «consumi» da razionalizzare viene incluso il mantenimento di animali, la cui natura di essere senzienti li colloca su un piano differente da altri consumi. Secondo una visione dell’animalismo, in ultima analisi, una condizione di grave crisi e il calo di consumi e finanziamenti può essere positiva, poiché potrebbe determinare a lungo termine anche una diminuzione di sofferenze animali in ragione di riduzioni negli acquisti di prodotti d’origine animale, nella sperimentazione e nei commerci su animali domestici ed esotici.
Il CBV intende stimolare la riflessione fornendo strumenti per le scelte individuali e dando indicazioni per politiche pubbliche che siano di informazione e sostegno, anche economico e gestionale. In particolare il CBV ha intenzione di fornire un contributo che anzitutto aiuti a descrivere chiaramente la natura del problema economico connesso al “trattamento” degli animali. Il trattamento degli animali, infatti, non può essere descritto semplicemente come un consumo (nel caso degli animali d’affezione) o una modalità di produzione (nel caso degli animali da reddito). Questo trattamento è anche una relazione morale, nella misura in cui esso ha effetti sulla vita, sulla salute e il benessere di esseri senzienti. Le ragioni di tali scelte, quindi, non possono essere unicamente economiche o di efficienza, ma dovrebbero essere moralmente motivate e argomentate.

LA FIGURA DEL VETERINARIO
Nell’esercizio della loro professione, i veterinari sono a contatto con gli animali e con le persone che vivono con questi, siano essi allevatori o trasformatori di prodotti d'origine animale, quindi operatori professionali che producono alimenti per il genere umano, siano essi normali cittadini che vivono con un animale da compagnia, molto spesso considerato un membro a pieno titolo della famiglia.
Il veterinario nel suo lavoro spesso rileva e sperimenta il disagio di persone con problemi economici. Tali problemi a volte sono espressi, altre nascosti. Talora sono reali e talora sono il frutto di una spiacevole sensazione collettiva. Infine, a volte sono patiti, altre volte sono ostentati per averne un vantaggio.
Il veterinario, soprattutto se libero professionista e più esposto alle contingenze, è sempre più costretto a raffrontarsi con le difficoltà di pagamento da parte di allevatori in crisi di sopravvivenza, con le ristrettezze economiche delle famiglie con uno o più animali domestici e addirittura con le richieste di prestazioni di volontariato da parte di pubbliche amministrazioni alle prese con emergenze. Lo stesso perseguimento del benessere animale che è fra gli obblighi deontologici del veterinario può generare in condizioni di assoluta assenza di risorse una condizione di ricatto psicologico.
La condizione di problematicità pratica e di disagio psicologico da cui la professione veterinaria è da tempo affetta, tanto da renderla storicamente una delle professioni con più alto indice di suicidi, potrebbe essere considerata una vera urgenza sociale se non fosse per la superficialità generale con cui viene percepita questa figura.
D’altra parte, nella sfera della salute umana e animale, di cui il veterinario è garante gli effetti pratici della crisi arrivano all’abbandono, alla richiesta di eutanasia, alla mancata cura di stati di malattia o alla interruzione delle pratiche di prevenzione con rischi addirittura per la salute umana considerando che l'Organizzazione Mondiale della Sanità prevede che la maggior parte delle future malattie per l'essere umano possano essere zoonosi, cioè malattie trasmissibili dagli animali all’uomo.

VALUTAZIONI MORALI E COMPITO DEL CBV
L'analisi che il Comitato Bioetico per la Veterinaria intende compiere non è di tipo quantitativo (p.es. quanto è l'aumento degli abbandoni?) ma di tipo qualitativo analizzando l'espressione di fenomeni che indicano la definizione di tendenze che a loro volta sono implicite scelte morali.
I compiti che il CBV si è dato in questa occasione consistono: nel portare all'attenzione della opinione pubblica un fenomeno che è ben più ampio e profondo di un semplice evento di costume, nel far percepire l’incremento di difficoltà economiche legato al possesso degli animali come elemento da gestire e non rifiutare, nel fornire spunti di riflessione al dibattito sull’ottimizzazione delle spese da parte di privati e pubblica amministrazione, insieme al supporto che una valutazione morale degli eventi della vita quotidiana può dare al professionista veterinario.
Bisogna ricordare che la maggior parte degli animali esistenti non sono animali da compagnia ma da reddito quindi coinvolti in attività economiche, nei più diversi tipi di allevamenti sparsi nel mondo.
Per gli uni e per gli altri, la considerazione dell’animale come titolare di status morale, di interessi e benessere fino a parlare di diritti è recente e non definitivamente consolidata e nei prossimi anni dovrà rapportarsi a una ricchezza decresciuta e a una situazione nuova, in cui i figli saranno più poveri e con meno diritti sociali dei padri.
È prevedibile che in genere la diminuita capacità di spesa non porterà alla povertà vera e propria (anche se in taluni casi sarà proprio così) ma a una rivalutazione delle priorità di scelta rispetto a viaggi, fine settimana, divertimenti, forma fisica, acquisti di novità elettroniche. Il CBV non vuole essere semplice spettatore ma vuole suscitare una attenzione preliminare alle ricadute sugli animali domestici di scelte inevitabili frutto di una più o meno consapevole graduazione dei valori.
La strada che si intende seguire nella analisi dei problemi morali prevede di evidenziare il ruolo del veterinario, professionista specifico con il carico oneroso dello “scienza e coscienza” come interfaccia tra le due parti: gli esseri umani e gli animali
Lo stato di difficoltà della professione veterinaria a fronte della diffusa crisi economica solleva almeno tre grandi ordini di problemi, interconnessi fra loro e ognuno meritevole di analisi teorica. Anzitutto, c’è la questione generale della valutazione etica degli interessi economici relativi alle diverse tipologie di relazione fra esseri umani e animali non umani. In secondo luogo, c’è il tema dello status della professione veterinaria e delle responsabilità ad esse connesse: il veterinario, infatti, si occupa di beni moralmente significativi, come la salute e il benessere animale (e anche la salute e il benessere umano connesso alle produzioni animali, ad esempio), ma non beneficia dell’aura di “sacralità” che ricade sul medico umano. Infine, ma non meno importante, c’è la questione dello status morale dell’animale non umano e del suo riconoscimento sociale. Molte delle ambiguità del rapporto cliente/professionista veterinario che emergono in una stagione di crisi, infatti, sono riconducibili al conflitto ancora irrisolto dato dalla convivenza di due status dell’animale, ovvero sia l’essere un bene di proprietà (liberamente disponibile) e essere senziente (dotato di un qualche status morale e meritevole di cura). Se il tempo di crisi esaspera questo conflitto irrisolto, esso rappresenta un’opportunità per spingere in avanti una riflessione pubblica che tenti di elaborare tanto una soluzione teorica quanto strategie operative di riduzione del conflitto.

Questi grandi temi fanno da sfondo alle raccomandazioni fornite quale supporto morale e alle indicazioni pratiche, seppur generiche, che il CBV intende fornire come contributo alla riduzione della portata concreta della crisi economica sulla vita e il benessere degli animali.
Le raccomandazioni sono intese come spunti e sollecitazioni per la riflessione e l’intervento pratico anzitutto ai professionisti della veterinaria, alle istituzioni pubbliche e, infine, ai singoli cittadini che, in vario modo, entrano quotidianamente in relazione con gli animali non umani.

RACCOMANDAZIONI
1) Considerazione dell’animale come essere senziente
La crisi economica implica conseguenze per le scelte economiche dei cittadini, delle imprese e delle istituzioni. Quando queste scelte coinvolgono animali non umani, non si dovrebbe mai dimenticare che questi sono esseri senzienti e, pertanto, il loro status non può essere assimilato a quello di semplice bene economico. Per quanto le nostre società considerino gli animali legittimi oggetti di proprietà (tema sul quale il CBV in questa sede non prende posizione), essi tuttavia sono proprietà molto particolari, nella misura in cui sono capaci di soffrire e sperimentare benessere e malessere.

2) Attenzione alle priorità nella riduzione delle spese
La natura dell’animale come essere senziente implica, quindi, che l’elaborazione delle priorità nelle decisioni di razionalizzazione e riduzione della spesa (riguardino esse una famiglia, un’impresa o un’amministrazione pubblica) non trascurino questo aspetto, ma al contrario lo includano fra gli elementi di maggiore rilievo di cui tenere conto.

3) Responsabilità del consumatore nei suoi acquisti di prodotti alimentari e no di origine animale
Non bisogna dimenticare che il maggior numero di animali non vive nelle case ma negli allevamenti, che questi animali hanno uno sviluppo neurologico e percettivo pari a quello di un cane o di un gatto e una abitudine millenaria a vivere con l’essere umano in condizione di domesticità e allevamento.
Non intendiamo affrontare il tema del vegetarianesimo per la difficoltà teorica di trovare un punto di incontro tra le parti e per il rischio che ponendo questa questione non si creino le condizioni per affrontare con forza la questione della modalità con cui consumare la carne e gli altri prodotti di origine animale: latte, uova, cuoio, pelle e una miriade di altri nella vita quotidiana.
La crisi economica che si prolunga e ingigantisce nelle realtà rurali comporta anche per gli animali il peggioramento delle condizioni di vita. Le ragioni risiedono nelle ingiustizie e nelle prepotenze che si realizzano nella filiera ma anche nella assoluta inconsapevolezza da parte della stragrande maggioranza dei consumatori di come con i loro acquisti decidano il destino di milioni di esseri viventi addirittura più di quanto faccia il voto elettorale nei Paesi democratici.
Davanti a un bancone del supermercato non provare stupore per il fatto che un chilogrammo di salsicce possa costare meno di un chilogrammo di pane significa avvallare un autentico misfatto se solo si considera che per produrre un chilogrammo di carne dovrebbero essere necessari dieci chilogrammi di granaglie, le stesse con le quali si produce direttamente e con costi ben inferiori il pane.
Il CBV ritiene che sia una urgenza collettiva quella di fornire informazioni ai consumatori se si vuole operare nell’interesse della maggior parte degli animali esistenti. La definizione di filiere etiche può essere un passo in avanti ma è decisamente insufficiente se si finisce per limitarla a un consumo elitario.
Un consumatore informato non può più essere considerato innocente se le sue scelte determinano, a monte, delle sofferenze a esseri viventi umani o animali.

4) Applicazione della pratica del consenso informato per condividere i limiti dei costi dei diversi percorsi diagnostici e terapeutici.
La maggior parte delle vite animali si svolgono, fatta una adeguata prevenzione, senza particolari inconvenienti. Si può avere, però, la preoccupazione che interventi particolarmente costosi possano essere necessari e che questi possano incidere drammaticamente sul bilancio familiare.
I costi delle prestazioni veterinarie sono in genere nettamente inferiori a quelli della equivalente prestazione in medicina umana, ma c’è la possibilità che l’uso di particolari attrezzature e la difficoltà di taluni interventi, ora possibili rispetto al passato, possano comportare spese notevoli.
Il problema di ordine morale può consistere nel dover negare al membro animale della famiglia una possibilità di intervento che invece un membro umano potrebbe avere garantito da parte del servizio sanitario nazionale.
Oltre a essere un obbligo deontologico per il veterinario, il consenso informato è un mezzo per rassicurare il cliente, proprietario di animale, della possibilità di comprensione e condivisione dell'intervento e quindi del controllo della spesa da compiere se vorrà e potrà farlo. Particolare attenzione dovrà essere rivolta alla elencazione di ipotesi alternative dai costi diversi.
L’applicazione da parte del veterinario del principio di scienza e coscienza, nel caso per caso, diventa in questi frangenti ancora più significativo e l’acquisizione di una formazione in bioetica può costituire un valido ausilio.

5) Riduzione delle inefficienze da parte della pubblica amministrazione.
Come in molti settori della pubblica amministrazione anche nei comparti della veterinaria si può aumentare l'efficienza della macchina pubblica e, se necessario, è auspicabile che si compiano scelte innovative nella allocazione delle risorse se si presentano nuovi bisogni.

6) Riflessioni sulla valenza morale della prestazione gratuita.
In casi non rari, da parte di molti, la soluzione immediata sembra essere quella di non pagare la prestazione veterinaria. Questa richiesta negli ultimi tempi è addirittura pervenuta da alcune pubbliche amministrazioni. La «facilità» con cui viene avanzata (anche in contesti istituzionali) sembra derivare in buona parte dalla diffusa percezione della professione del veterinario come di una professione «eroica» e votata incondizionatamente alla tutela degli animali. Tale percezione non è solo diffusa nell’opinione pubblica, ma sembra comune anche fra gli stessi veterinari e pare essere fra le cause dell’accondiscendenza a fornire prestazioni gratuite con facilità (certo con maggiore facilità di altri professionisti, anzitutto i medici umani).
E’ necessario un approfondimento morale.
Oltre ai doveri sociali bisogna tenere anche conto dei doveri verso se stessi e i propri famigliari.
Inoltre, un lavoro non remunerativo non può permettere gli investimenti adeguati a mantenere il livello di prestazioni raggiunto e a incrementarlo nel tempo.
L'aspetto più significativo della questione riguarda però gli stessi animali, in quanto la scelta di non cercare risorse sufficienti a realizzare nella pratica quanto affermato nella teoria comporta la persistenza di approcci superficiali e non ponderati, in ultima analisi, irrispettosi delle vite animali coinvolte.
La necessità di una riflessione sul reale interesse pubblico nei confronti degli animali può costituire la spinta a un migliore impiego delle risorse.

7) Controllo e sanzione dei casi di maltrattamento malgrado le difficoltà economiche.
Le difficoltà economiche non devono costituire una ragione per trascurare il fenomeno del maltrattamento nel quale il veterinario è chiamato a intervenire anche da norme, ma semmai un mezzo per meglio individuarlo e prevenirlo.
In questo documento il CBV non prende in considerazione mancanze di cure che la consolidata giurisprudenza di merito configura come reato di maltrattamento anche per sola azione omissiva, ma la condizione che la crisi può acuire o generare di difficoltà o impossibilità di attuare quanto si vorrebbe e si sarebbe fatto in una condizione migliore.

INDICAZIONI PRATICHE
Nozioni realistiche sulle esigenze animali e riduzione degli aspetti consumistici.
Negli anni in cui la presenza di animali da compagnia è diventata abituale nelle case dei Paesi occidentali si è gradualmente diffuso anche un tipo specifico di consumo. Parte di questo consumo è strettamente motivato dalla ricerca di prodotti utili alla salute e al benessere degli animali e dei loro proprietari, specialmente nella condizione di inurbamento, che ha modificato la disponibilità di spazi rispetto a quelli che si avevano nella vita rurale. Tuttavia, specialmente negli ultimi anni, alcuni consumi sono diventati completamente privi di utilità pratica e sono solo il prodotto di mode ed esigenze indotte da informazioni distorte. Talvolta tali consumi non sono solo inutili, ma sono causa di vere e proprie condizioni di disagio per gli animali. Ad esempio:
- L’acquisto di cani di razza pura, a volte maltrattati geneticamente e sofferenti, senza aver scopi particolari che ne giustifichino l’impiego (per esempio cani da slitta se si vive per lo più in montagna).
- La vestizione con accessori spesso fastidiosi oltre che ridicoli.
- Alimentazioni inutilmente costose.
- Attività addestrative talvolta intense e gravose al posto di semplici e gratificanti passeggiate.

Per alcune persone pratiche come queste sono diventate indice del modo corretto di trattare gli animali (come se un cane non tenuto nella borsetta fosse maltrattato). I comportamenti eccessivi andrebbero sempre stigmatizzati, ma tale critica è ancora più urgente, nel momento in cui, date le condizioni di crisi, si può diffondere la convinzione che non mantenere tali comportamenti significhi non essere in grado di avere un soddisfacente rapporto di vita con un animale. Si deve evitare che si possa arrivare a pensare che avere un animale sia un lusso e quindi in tempi di crisi un lusso da sopprimere.
Conoscere ciò che serve realmente a un animale soprattutto se si sono fatte scelte corrette di fondo semplifica molte cose.

- Non c’è alcun bisogno che il cane sia di razza e quindi acquistarlo (in generale è meglio non avere restrizioni del patrimonio genetico). Migliaia di animali di diverse età e tipologie possono essere adottati senza alcun esborso presso rifugi. In alcuni Paesi la moda è diventata questa.

- Gli accessori veramente utili sono pochissimi e da considerare all’occorrenza. Scarpette, borsette vestitini eccetera sono fastidiosi oltre che inutili. I veri accessori utili da comperare vanno scelti e utilizzati con cura solo se servono.

-L’alimentazione bilanciata dei buoni prodotti industriali può essere sostituita da attente diete casalinghe anche se questo può comportare un piccolo lavoro aggiuntivo nel variare la dieta ed equilibrarla ( cosa che sarebbe raccomandabile anche per la specie umana).

- Agli animali non necessita l’addestramento e l’iscrizione a circoli, è invece necessaria attenzione ed educazione nella vita quotidiana insieme alla coerenza di comportamenti; tutte cose senza costi.

Tutte queste nozioni possono essere acquisite presso un veterinario preparato nel corso delle visite per la prevenzione.
Il risultato può essere una minore incidenza delle spese, una minore preoccupazione nell’affrontare una condizione di crisi e anche una maggiore comprensione di un rapporto uomo animale che si è sviluppato nei millenni come necessità materiale e psicologica e che la crisi non deve interrompere ma aiutare a recuperare nei valori originari.
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