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Disastro ambientale e normativa. Una introduzione
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Articolo di Francesca Del Giudice *
4 ottobre 2012 11:51
 
Sebbene la realtà sia una continua lotta dell'uomo contro la natura e gli insediamenti umani rappresentino spesso un attentato all'ambiente piuttosto che un vantaggio, gli esempi di quelli che comunemente definiamo “disastri ambientali”, i cui effetti sono ben visibili agli occhi di ciascun cittadino, sono molteplici. Ciononostante la risposta in termini legislativi non è adeguata come ci si auspicherebbe. La normativa in tema ambientale è recente e lacunosa. L'individuazione della nozione giuridica di disastro ambientale pone diverse problematiche a causa della disorganicità della normativa, dell'assenza di una definizione giuridica di “ambiente” e della debolezza delle previsioni incapaci di contrastare efficacemente i crimini in ambito ambientale.
Alcune disposizioni della nostra Costituzione lambiscono il concetto di “ambiente”. Si tratta, a titolo esemplificativo, dell'art. 9 che prende in considerazione indirettamente l'ambiente attraverso la tutela del il paesaggio; l'art. 32 che, pur tutelando la salute, considera la tutela l'ambiente elemento strumentale alla tutela della salute stessa. A partire dalla Costituzione, la giurisprudenza costituzionale ha definito l'ambiente come elemento determinativo della qualità della vita la cui protezione non persegue astratte finalità estetizzanti ma esprime l’esigenza di un habitat naturale necessario alla collettività (Corte Cost. n. 641 del 30/12/1987).
Utile per la comprensione del concetto di “ambiente” è anche la definizione contenuta nel ‘Il libro verde sul risarcimento dei danni all’ambiente”, adottato dalla Commissione europea nel 1993, secondo cui ‘l’ambiente comprende le risorse naturali abiotiche e biotiche, quali l’aria, l’acqua, il suolo, la fauna e la flora, l’interazione tra questi fattori, i beni che formano il patrimonio culturale e gli aspetti caratteristici del paesaggio’.
Individuata la nozione di “ambiente” occorre delimitare quella di “disastro”. Come accennato, l'assenza di un unitario corpus di norme in campo ambientale rappresenta sicuramente il principale ostacolo di questa ricerca.
Il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 "Norme in materia ambientale", altrimenti definito "Testo Unico Ambientale" costituisce la fonte principale in materia, tuttavia dalla sua entrata in vigore ad oggi ha subito numerose modifiche, tanto che la stessa qualifica di Testo unico è da molti criticata.
Le norme contenute nel TUA (Testo Unico Ambientale) necessitano di essere integrate, oltre che con il Codice Civile e, soprattutto ai fini della definizione che ci interessa, con il diritto penale, anche con altri atti normativi, quali il codice dei beni culturali e del paesaggio, la Legge quadro sulle aree protette. la Legge 7 febbraio 1992, n. 150, etc.
Al caos delle fonti si aggiunge l'inadeguatezza della normativa attualmente in vigore a fronteggiare la crescente diffusione di illegalità ambientali. È solo grazie allo sforzo della giurisprudenza che si è riusciti a reprimere alcuni dei più gravi esempi di attentato all'ambiente. Pertanto anche nel caso del “concetto di disastro ambientale” è necessario ripercorrere alcune delle tappe argomentative seguite dai giudici.
Il punto di partenza è rappresentato dall’articolo 434 del c.p. (crollo di costruzioni o altri disastri dolosi), in base al quale “chiunque, fuori dei casi preveduti dagli articoli precedenti commette un fatto diretto a cagionare il crollo di una costruzione o di una parte di essa ovvero un altro disastro è punito, se dal fatto deriva pericolo per la pubblica incolumità, con la reclusione da uno a cinque anni. La pena è della reclusione da tre a dodici anni se il crollo o il disastro avviene”.
La giurisprudenza ha ritenuto l'applicabilità dell'artico 434 c.p. anche in casi di disastro ambientale, ritenendo che l'ampia definizione di “altro disastro” ivi contenuta ricomprenda anche l'ipotesi di disastro ambientale a condizione che sussista un danno grave ed irreparabile per l'ambiente e vi sia pericolo per la pubblica incolumità. Secondo la Cassazione, Sez. V, n. 40330/2006, il termine “disastro” - nel caso di specie: ambientale - implica che esso cagioni di un evento di danno o di pericolo per la pubblica incolumità “straordinariamente grave e complesso”, ma non “eccezionalmente immane”. Secondo la Cassazione, infatti, “è necessario e sufficiente che il nocumento abbia un carattere di prorompente diffusione che esponga a pericolo, collettivamente, un numero indeterminato di persone”.
Questo ultimo carattere permette di ascrivere il “disastro ambientale” tra i delitti a consumazione anticipata. Seguendo l'orientamento della Cassazione, requisito della fattispecie è l’esposizione a pericolo della pubblica incolumità indipendentemente dal verificarsi del disastro. Il verificarsi del disastro costituisce aggravante del reato stesso disciplinata al secondo comma dell'articolo 434. Circa l'entità del danno provocato dal disastro, non è richiesto che sia eccezionalmente immane. Affinché si configuri il reato “è necessario e sufficiente che il nocumento abbia un carattere di prorompente diffusione che esponga a pericolo, collettivamente un numero indeterminato di persone” (Cass., Sez. V, n.40330/2006).
Più recentemente, la giurisprudenza, conformemente all'orientamento appena esposto è pervenuta ad isolare alcuni requisiti che caratterizzano la nozione di disastro specificamente nella potenza espansiva del nocumento e nell'attitudine a mettere in pericolo la pubblica incolumità (Cass. Penale, Sez. III, 29 febbraio 2008, Sent. n. 9418).

* legale, consulente Aduc

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