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Emergenza ecologica. L'oceano, grande assente della Conferenza di Parigi
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Articolo di Redazione
3 settembre 2015 9:53
 
 La presentazione della piattaforma «Océan & Climat», un'alleanza tra alcune organizzazioni non governative e istituti di ricerca, sotto l'egida dell'Unesco, inizia con queste righe: «Considerato che sia un elemento chiave della macchina climatica planetaria, l'oceano e' stato fino ad oggi relativamente assente dalle discussioni sul cambiamento climatico. Inserire l'oceano tra le questioni e le sfide discusse nell'ambito delle negoziazioni climatiche sembra oggi una reale necessita'».
Per essere considerata come un successo diplomatico, la 21ma Conferenza di Parigi (COP 21) che si terra' dal prossimo 30 settembre all'11 dicembre 2015, dovrebbe giungere «per la prima volta ad un accordo universale e condizionante che consenta di lottare efficacemente contro la deregolamentazione climatica», secondo le parole utilizzate dal ministero degli Affari Esteri francese che e' impegnato nell'organizzazione di questo evento dell'Onu. E non potrebbe essere altrimenti se si vuole prendere in considerazione l'obiettivo di mantenere il riscaldamento del pianeta sotto i 2 gradi centigradi.
Ma l'oceano resta in modo eclatante come assente dai testi strategici che sono oggetto di negoziazione in vista dell'Accordo di Parigi. E' stato essenzialmente omesso nell'ambito delle discussioni di preparazione degli Accordi sul clima, nel settembre 2014, e non figura negli otto campi di intervento sui quali i governi sono audacemente invitati ad impegnarsi, come quello dell'energia, dei trasporti, dell'industria o della capacita' di adattamento dei mezzi e dei sistemi (ambientali o economici). Per giustificare questa assenza, si sostiene che l'oceano sia un tema «trasversale», che si trova di fatto in seno a diverse tematiche. Ma perche', allora, la foresta e' identificata come un ambito di intervento a tutto tondo?
Bene comune, zona di non-diritto
Una delle ragioni proviene senza dubbio dal fatto che il 64% della superficie degli oceani (cioe' il 45% del Pianeta) e' al di la' di ogni giurisdizione nazionale o internazionale. Questa zona di non-diritto, o quasi, riconosciuta come «un bene comune dell'umanita'» dalla Convenzione del diritto del mare, e' restata per lungo tempo inaccessibile. Ma non lo e' piu'. E' ormai una zona ecologicamente molto sensibile, abbandonata al saccheggio delle sue risorse e ai piu' ampi inquinamenti.
Dal 2006, alcune discussioni sono in corso alle Nazioni Unite sulla necessita' di uno strumento legale e internazionale di protezione degli ecosistemi marini in alto mare, nel quadro della Convenzione cosiddetta di MontegoBay sul diritto del mare, ma pochi progressi concreti sono stati fatti. E sembra ancora piu' complesso, a livello internazionale, di poter iniziare dei negoziati sulla difesa e l'uso ragionevole della biodiversita' marina in «alto mare», che non imporre agli Stati una regolamentazione delle loro emissioni di gas ad effetto serra!
L'oceano, il cui ruolo centrale nel sistema climatico trova consenso nella comunita' scientifica, e' pertanto un elemento essenziale di risposta e di adattamento ai cambiamenti climatici. La sua capacita' di assorbire e di stoccare la CO2 emessa, combinata allo stoccaggio dell'eccesso di calore che proviene dalle attivita' umane, contribuisce a limitare in modo considerevole il riscaldamento. La sua condizione di primo fornitore di ossigeno, attraverso un complesso ecosistema, e' ugualmente vitale per l'umanita'. Il riscaldamento globale, associato ad altre pressioni antropiche come quella dell'inquinamento o il sovrasfruttamento delle risorse, stanno per rimette in discussione le sue diverse funzionalita' o l'efficacia dei suoi diversi meccanismi. Mantenere un oceano in buona salute e un clima preservato. sono dunque le due facce di una stessa urgenza.
Una risorsa energetica
L'oceano e' anche una scatola di utensili per aiutarci a lottare contro la deregolamentazione climatica. Riserva inesauribile di energia, puo' fornire soluzioni alternative per rispondere ai nostri crescenti bisogni. Un progetto come il SWAC (Sea Water Air Conditioning), operativo alle Hawaii e in corso di sperimentazione a La Reunion, utilizza le acque fredde dei fondali per alimentare un sistema di climatizzazione urbana, limitando considerevolmente le emissioni di gas ad effetto serra, il tutto riducendo il consumo di energia legato a questo sistema. Dei prototipi sono al momento in corso di sviluppo per utilizzare efficacemente l'energia termica dei mari, basata sulla differenza di temperatura tra le acque calde di superficie e le acque molto fredde dei fondali (tra -1 e 5 gradi centigradi). Questa fonte di energia costante, e a priori inesauribile, potrebbe a breve alimentare delle regioni costiere e garantire l'autonomia energetica di diverse isole, facendo ridurre notevolmente l'uso del carbone.
Inoltre potrebbe permettere di produrre energia a basso impatto climatico, contribuendo cosi' direttamente alla valorizzazione della CO2 contenuta nei fumi delle attivita' industriali, la coltura delle micro-alghe a forte potenziale commerciale (alimentare o energetico) che assorbe questa CO2 attraverso la fotosintesi. Per entrare nella fase industriale, queste strade richiedono ancor piu' innovazioni che, quindi, devono essere incoraggiate e finanziate, essenzialmente attraverso diversi meccanismi di finanziamento climatico (fondi verdi, mercati volontari, green bonds, etc). L'accesso a questi mezzi finanziari e' un altro motivo fondamentale perche' l'oceano abbia un suo posto nei testi dei negoziati climatici.
Nel gennaio 2015, un accordo storico e' stato ottenuto per aprire finalmente, nell'ambito dell'Assemblea delle Nazioni Unite, dei negoziati per elaborare un accordo sugli alti mari. Questa recente discussione, cosi' come l'integrazione di uno specifico obiettivo sull'oceano nell'ambito degli obiettivi di sviluppo durevole dell'Onu, mostra la crescente volonta' della comunita' internazionale di gestire le sfide e le opportunita' legate agli oceani. Ma molto resta da fare per una migliore integrazione delle questioni legate all'oceano nel quadro dei negoziati sul clima.
Per facilitare l'avvio di iniziative efficaci, e' essenziale, in modo particolare, integrare l'oceano nel futuro «regime climatico», un insieme di principi, norme regole e procedure per decidere nell'ambito del cambiamento climatico che sara' definito dagli accordi di Parigi.

(articolo di Jeanne Gherardi, referente di «Action climat» a l'Ifremer -Institut francais pour l'exploitation de la mer, membro della piattaforma «Océan & Climat», pubblicato nella Horse-Série Mer della rivista l'Eléphant di agosto 2015) 
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