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Non solo Cina. Nazioni all'unisono chiudono siti e censurano. Ma c'è un giudice a Barcellona
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Articolo di Deborah Bianchi*
25 marzo 2010 11:06
 
In Italia Google viene condannata perché ha permesso l'immissione su YouTube (di proprietà del motore di ricerca) di un video, la magistratura ha chiuso un altro sito che rimandava a Pirate Bay, in Francia vige la regola del taglio della connessione a chi scarica contenuti protetti da diritto d'autore, sancito dalla legge Hodopi che il Regno Unito vuole copiare, in Cina la forte censura ha indotto Google ad abbandonare il paese con il più alto numero di internauti.
Non è il riepilogo di quanto accaduto in un anno, ma è cronaca degli ultimi giorni o quasi che pare registrare una controtendenza nell’universo Internet; impallidendo il mito del mondo-villaggio globale.
In controtendenza una sentenza spagnola che ha assolto un sito di indirizzamento tramite link alle reti peer to peer (che permettono la condivisione di file tra utenti). Elrincondejesus.com era accusata dalla Siae spagnola di favorire la violazione del diritto d'autore, chiedendo la chiusura di questo tipo di siti, anche in vista di una legge censoria in preparazione. Assolto, con un'argomentazione molto interessante, perche' mette al centro il ruolo che i motori di ricerca, come lo sono o lo erano Elrincondejesus o Pirate Bay. Per spiegare il concetto è utile procedere per gradi.
 
La situazione
Il caso spagnolo ha destato interesse negli ambienti favorevoli allo scambio in rete tra privati di materiali coperti dal diritto di autore senza fini di lucro.
L’onda della notizia ha trovato una spinta ancora più forte in contrapposizione alla già citata legge francese Hadopi (che il governo inglese vuole 'copiare'). Si tratta di un’autorità amministrativa di controllo sul rispetto del copyright. Essa procede alla disconnessione dalla rete dei netizen che non ottemperino al primo richiamo di osservanza della legge.
Il caso Google-Video down in Italia ha levato il grido statunitense di allarme per la garanzia della libertà della rete nel nostro Paese. La vicenda attiene al caso delle molestie perpetrate ai danni di un ragazzo down da parte di compagni di scuola che le hanno filmate e postate in rete. Google, fornitore della piattaforma attraverso cui le immagini incriminate sono state veicolate nel web, è stato ritenuto responsabile di questi contenuti postati da terzi all’insaputa del provider. Una pronunzia di questo tenore si pone in assoluto contrasto con il principio cardine della neutralità dell’Internet (principio basato sull’assenza di responsabilità degli intermediari di servizi di connettività o di memorizzazione dati salvo le ipotesi in cui siano stati preavvertiti del potenziale pregiudizio).
La Cina in questi giorni è stata abbandonata dal motore di ricerca Google a causa degli strettissimi obblighi di filtraggio imposti dal Governo alla net company per assicurare la censura di contenuti non graditi al regime.
 
Siamo già nella postglobalizzazione?
Dov’è finito il mito dell’aterritorialità di Internet e del mondo-villaggio globale?
Gli ultimi sviluppi dello stato del web registrano una controtendenza alla globalizzazione e una recrudescenza delle sovranità nazionali che si dimostrano molto più inclini a una dimensione domestica o “addomesticata” dello spazio digitale.
Là dove la riflessione complessiva dei problemi del web aveva condotto gli Stati ad apprezzare l’idea di un approccio uniformato alla disciplina di Internet, adesso pare assistere a una levata di scudi a difesa ciascuno del proprio feudo.
 
Il motore di ricerca snodo fondante di Internet
La figura colpita da questo processo di territorializzazione di Internet è la figura nevralgica del provider-motore di ricerca.
Pensiamo al motore di ricerca Google. Pensare al web senza questo intermediario risulta addirittura impossibile. L’infrastruttura tecnologica necessita di un interprete di senso (motore di ricerca) per assurgere a dimensione di utilità per l’internauta.
Il motore di ricerca è un insieme di software e di hardware progettato per indicizzare, tramite algoritmi, i risultati di una richiesta (eseguita con parola chiave) indicando i link individuati.
Appare chiaramente che questo meccanismo imprime una dinamica di senso nel caos informativo generato dallo spazio elettronico. Il principio fondamentale dettato dalla normativa europea e anche da quella statunitense seppur molto distanti nella disciplina del fenomeno digitale si sostanzia nel garantire la neutralità della rete che presenta una lettura in negativo e una lettura in positivo.
In negativo si legge la mancanza di responsabilità dell’intermediario per i contenuti postati da terzi, salva l’ipotesi in cui l’evento pregiudizievole fosse stato preavvertito oppure fosse stato segnalato senza registrare cooperazione per la relativa espulsione dalla rete.
In positivo si legge l’obbligo dell’intermediario di esimersi da operazioni di orientamento dei link tese a orientare i gusti e le scelte dei netizen.Tutti i motori di ricerca sono programmabili da parte di chi realizza le pagine web, sia nello scegliere se fare indicizzare o meno una pagina, sia nel determinare la quantità di contenuto (ovvero far vedere l’intera pagina o solo una parte di essa). Basta implementare determinati algoritmi piuttosto di altri per eliminare un sito (una pagina web) dallo scibile elettronico o per favorirne uno a scapito di un altro.
Nel meccanismo logico impostato nel motore di ricerca si gioca la partita tra libertà di espressione e copyright, tra libertà di espressione e diritto all’onore o alla riservatezza, tra libertà di informazione e libertà di impresa.
In uno spazio globalizzato quale quello di Internet questi valori dovrebbero trovare applicazioni uniformi in tutti gli Stati.
 
Internet governance
In un’ottica siffatta la questione esula dai contorni del diritto ed assurge a questione di Internet governance.
Internet governance non è traducibile in governo della rete da parte dei vari Paesi. Si tratta piuttosto di una materia che comprende tutte le procedure, i programmi e le regole che determinano l’evoluzione dello spazio elettronico secondo una logica collaborativa e interdisciplinare tra Governi, settore privato e società civile.
Proprio a tal fine si sono celebrati a turno in diverse capitali del mondo gli Internet Governance Forum tesi a individuare i punti di un possibile “Internet Bill of Rights” frutto della sinergia tra governi, istituzioni, imprese e semplici cittadini.
Il settore privato coinvolto in prima linea in questo processo attiene indubbiamente alla categoria dei soggetti occupati a fornire connettività (Isp: Internet Service Provider), alla categoria dei soggetti occupati a fornire contenuti (Content Provider), alla categoria dei soggetti occupati a selezionare contenuti (motori di ricerca, ad es. Google).
La società civile in questa evoluzione è rappresentata dai cittadini digitali che pervadono la rete con le loro richieste di informazioni.
Il settore privato, inteso secondo l’indicazione data sopra, esercita la propria attività seguendo il diritto di impresa. La società civile esercita il diritto all'informazione.
I Governi dunque sono chiamati a individuare un equilibrio tra il diritto all’informazione e il diritto di impresa secondo una logica di tavoli di lavoro aperti ai protagonisti di questo scenario.
Il motore di ricerca si colloca in posizione chiave nel rapporto tra libertà di impresa e libertà di informazione in quanto funge da intermediario tra i contenuti commercialmente accessibili e le richieste di informazione dei cittadini.
 
La sentenza spagnola sul p2p e il ruolo del motore di ricerca
La sentenza spagnola licenziata dal giudice di Barcellona si rivela estremamente interessante non tanto sotto il profilo dell’assolvimento del peer to peer a discapito dell’industria del copyright, quanto per l’assunto strutturale oggetto di speculazione.
Il giudice spagnolo fonda la propria riflessione ermeneutica sulla constatazione della centralità del ruolo del motore di ricerca in Internet:
“in senso lato, il sistema di collegamenti costituisce la base stessa di Internet e la moltitudine di pagine e di motori di ricerca come Google permettono tecnicamente di fare quello che precisamente si pretende di proibire con questo contenzioso…. La domanda va respinta. (En un sentido amplio, el sitema de enlaces constituye la base misma de Internet y moltitud de paginas y buacadores (como Google) permiten tecnicamente acer aquello que precisamente se pretende prohibir  en este procedimiento)”.
 
Una proposta culturale
Preme evidenziare che in una realtà così interconnessa un ruolo fondamentale viene svolto anche dalle fucine atte a veicolare una cultura etica e sostenibile dell’utilizzo della rete. Una cultura olistica (1) dove l’impresa si forgia sulle tendenze dell’utente e dove l’utente si dimostra aperto a un processo di maturazione nell’utilizzo del mezzo.
 
(1) Olismo: teoria secondo la quale l'organismo non è la semplice somma delle parti che lo compongono, ma una totalità a essa superiore.

* Deborah Bianchi, avvocato specializzato in diritto applicato alle nuove tecnologie, esercita nel Foro di Pistoia e Firenze in materia civile e amministrativa
avv.deborah(at)deborahbianchi.it
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