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Riscaldamento climatico. A Bonn si fanno negoziati sulle virgole
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Articolo di Redazione
8 giugno 2015 10:12
 
Delle opzioni, che propongono a loro volta altre opzioni, degli agganci, dei commi “bis”, “ter”, e il tutto scritto in corpo 8. E' su questo testo di 86 pagine in inglese che lavorano i negoziatori sul clima, riuniti sotto l'egida dell'ONU a Bonn, in Germania, fino a giovedi' prossimo. Il loro obiettivo: trasformare questo testo di base, prodotto dai negoziati di Ginevra a febbraio, e contenente i principali punti fermi delle precedenti conferenze sul clima, e un progetto di testo condiviso per la Conferenza di Parigi sul clima 2015 (COP21, che sta per Conference of the Parties - Conferenza delle Parti), che si terra' a dicembre nella capitale francese.
A Bonn, i rappresentanti delle 196 Parti firmatarie (195 Paesi e l'Unione Europea) della convenzione-quadro delle nazioni Unite sui cambiamenti climatici (CCNUCC), devono mettersi d'accordo per arrivare ad un testo essenziale. Questo accordo dovrebbe limitare a 2 gradi centigradi l'aumento della temperatura media del globo in rapporto all'era pre-industriale.
Per non andare oltre questo limite -che alcuni giudicano gia' troppo elevato, tendendo piuttosto ad un aumento massimo di 1,5 gradi centigradi-, i Paesi devono impegnarsi a ridurre drasticamente le loro emissioni di gas ad effetto serra. La COP21, presieduta dalla Francia, proporra' la firma di un “accordo di Parigi” universale e vincolante, che e' previsto entri in vigore nel 2010. Siamo ancora lontani.
“Tutto e il suo contrario”
A medio termine, su questi negoziati intermedi, gli osservatori -la societa' civile, rappresentata dalle numerose ONG- hanno diversi dubbi. Da oggi assisteranno a diversi laboriosi dibattiti semantici e di punteggiatura. E batteranno nervosamente i piedi in terra davanti all'ampiezza di cio' che e' in gioco: “I negoziatori hanno tentato di pulire il testo di tutte le ridondanze, e vogliono correggere l'assenza di chiarezza di alcuni passaggi -spiega Romain Benicchio, di Oxfam-. Hanno ridotto il testo di alcune pagine ma non hanno ancora cominciato ad affrontare cio' che veramente e' in gioco, cio' che e' determinante. Siamo in un momento in cui si negozia la minima virgola...”.
Questa pulitura del testo, inizialmente, avrebbe dovuto durare fino a mercoledi' sera, ma si prolunghera' fino a venerdi'. Per questa seconda settimana, i negoziatori dovrebbero entrare un po' di piu' nel vivo della materia. “E' frustante che anche per sfoltire il testo si prenda cosi tanto tempo”, dice Alix Mazounie, della Réseau Action Climat (Rete d'azione per il clima). “Siamo molto arrabbiati per la lentezza di questi negoziati”, ha detto il negoziatore delle Maldive, a capo di un un gruppo di 44 Paesi minacciati per la crescita del livello del mare.
Il testo attuale non mette da parte nessuna questione, e presenta tutte le possibili alternative: “Su ogni grande argomento, al momento, c'e' tutto e il suo contrario -dice Romain Benicchio-. E' un po' inquietante verificare che non si fanno passi avanti sui grandi problemi. Si ha la sensazione che i negoziatori non abbiano ricevuto chiare direttive politiche che consentano loro di prendere posizione.
Differenziazioni, finanziamenti, lungo termine
Nella lista degli argomenti determinanti, e essenziali per giungere ad un accordo a dicembre a Parigi, si puo' citare la questione della differenziazione: come definire il ruolo di ogni Paese, come classificarli, per domandargli di fare sforzi consoni alle loro responsabilita' e alle loro capacita'? Cosa ci si puo' aspettare dai Paesi sviluppati, dai Paesi emergenti, e come trattare i Paesi piu' vulnerabili? “La domanda che sottintende questi negoziati, la differenziazione, e' tutto il fulcro dell'accordo di Parigi -dice Alix Mazounie-. In quale casistica vanno messi i Paesi emergenti?”.
Altro punto che resta fino ad oggi estremamente fluido e' la questione dei finanziamenti. I Paesi del Nord si son impegnati, nell'ambito del summit di Copenaghen del 2009, a versare 100 miliardi di dollari da qui al 2010 ai Paesi del Sud per aiutarli a lottare contro gli impatti della deregolamentazione climatica, e sviluppandosi facendo meno uso possibile delle energie fossili. Una promessa fatta senza prendere accordi sul metodo di compatibilita', i tempi di deposito, la ripartizione... I Paesi del Sud condizionano la loro firma dell'accordo a questi finanziamenti, considerando i Paesi industrializzati come i responsabili delle deregolamentazioni che essi hanno subito. Su questo punto, il G7, che si riunisce il 7 e 8 giugno sempre in Germania e che ha anche una sezione sul cambiamento climatico, potrebbe inviare un segnale politico un po' piu' intellegibile. “E' un momento in cui si ha bisogno che i Paesi ricchi siano molto chiari”, insiste Alix Mazounie.
Terza questione essenziale: quali dovranno essere le ambizioni di riduzione delle emissioni a lungo termine, fino al 2030? Tanto piu' che per il periodo 2020-2030, i contributi degli Stati (INDC, che sta per Intended Nationally Determined Contributions – contributi previsti e determinati a livello nazionale), sono per il momento giudicati molto insufficienti per l'obiettivo di mantenersi al disotto dei 2 gradi centigradi, e che numerosi Paesi mancano ancora all'appello. Questi contributi, che stabiliscono le proposte di ogni Stato per lottare contro il riscaldamento climatico, ed essenzialmente i propri impegni di riduzione di emissioni, sono una pietra miliare dell'accordo di Parigi. La questione del controllo del rispetto di questi impegni non genera, evidentemente, consenso. Tanto piu' che la societa' civile e alcuni Paesi fanno pressione per l'approvazione di meccanismi che obblighino gli Stati a rivalutare regolarmente i loro obiettivi di riduzione -cosa che non piace, tra gli altri, all'India e alla Cina.
Per Alix Mazounie, “questo giovedi' i negoziatori non risolveranno molte opzioni”. Essi devono semplificare il testo lasciando vedere chiaramente le diverse alternative. Sara' compito poi dei ministri di ogni Paese determinare la posizione dei rispettivi governi. Alla Conferenza di Parigi, poi, il testo sara' ancora rinegoziato, dopo altre due sessioni a Bonn, a fine agosto e a fine ottobre.

(articolo di Isabelle Hanne e Christian Losson, pubblicato sul quotidiano Libération del 08/06/2015)
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