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CECITA' E SORDITA' SINONIMO DI IMBECILLITA'? LETTERA APERTA AL QUOTIDIANO "LA REPUBBLICA"
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Comunicato 
25 maggio 2007 0:00
 

Firenze, 25 maggio 2007. Fabio Santini e Daniela de Nuzzo, sono due persone nonvedenti, consulenti dell'Aduc sulla disabilita', e oggi hanno scritto questa lettera aperta al direttore del quotidiano "La Repubblica", Ezio Mauro:

Nel suo editoriale di mercoledi' 23 maggio, col titolo "la sinistra nella crisi della politica", dove dice che "CI SONO due strade per cercare di uscire dalla crisi", e dopo aver detto quello che fanno i partiti e i loro leader, aggiunge la frase:
"Solo la cecita' e la sordita' italiana consentono di dire che l?allarme nasce oggi, all?improvviso."
Siamo dei cittadini ciechi e, sinceramente, non comprendiamo perche' giornalisti, politici di professione, sindacalisti e personaggi pubblici in genere, utilizzano continuamente i ciechi e la cecita', i sordi e la sordita', come indice di imbecillita', insensibilita', ignoranza, e chi piu' me ha, piu' ne metta.
Evidentemente, il Suo modo di vedere, presuppone chiaramente che per Lei, i ciechi sono degli individui che, per il solo fatto che al di la' del palmo del loro naso nulla vedono, nulla capiscono. E ci crede talmente tanto da farlo diventare un paradosso nazionale.
Ci permetta di farLe notare che questi modi di dire, e di scrivere, sicuramente di effetto immediato, affossano l'intelligenza di chi li usa, perche' si basano sull'ignoranza della platea che li dovrebbe condividere, e li condividera' a pieno solo se ignoreranno il vero significato delle parole, e non sapranno nulla sull'evoluzione che, ad esempio, noi ciechi abbiamo avuto nell'ultimo secolo. Sulle parole, poiche' la cecita' o la sordita' sono dati di fatto e non una volonta' o un atteggiamento, sull'evoluzione perche', ad esempio noi ciechi, in un secolo siamo passati dal chiedere l'elemosina fuori dalle chiese, ad essere liberi professionisti, parlamentari, eccetera, ma soprattutto, da derelitti a persone giuridicamente riconosciute.
Quindi, mentre noi cerchiamo col lavoro, con l'esempio personale e col dialogo con i cittadini e le istituzioni, di dare alla nozione di cieco il giusto significato oggettivo, legato alla persona e non ai pregiudizi, Lei fa leva su delle immagini stereotipate di pregiudizi sul nostro passato di derelitti, per fissare con esse il Suo pensiero nell'immaginazione dei lettori. Se poi, le conseguenze del Suo stile giornalistico sono quelle di annullare anni e anni di lavoro socio-culturale... Chi se ne frega!..
Se vorra', avra' sicuramente, non solo le occasioni di farsi scusare, ma anche di lanciare un modo nuovo di porre in risalto i paradossi che fioriscono nella vita pubblica e politica italiana.

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