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COMPETITIVITA' O PROTEZIONISMO? TRA SUPERMULTE PER I CONSUMATORI E ANTIDUMPING: UN DEJA-VU VERSO IL NON-MERCATO E L'INCREMENTO DELL'ILLEGALITA'
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Comunicato 
8 marzo 2005 0:00
 

Firenze, 8 Marzo 2005. Nel decreto legge sulla competitivita' che sta per essere approvato, giustamente si prevedono multe super-salate per chi cerca di immettere sul mercato merce contraffatta (multa massima di 20 mila euro, che a nostro avviso e' anche poco), ma ecco che spunta anche la super-multa per chi acquista: 10 mila euro! Che colpira' chi compra un bene che "per la qualita' o la condizione di chi la offre o per l'entita' del prezzo, inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprieta' intellettuale", cosi' recita l'art.1 del decreto.
Una logica che non condividiamo affatto, tipica di chi considera i consumatori solo come oggetti da spremere, partendo dal presupposto che lo stesso consumatore sia un complice del contraffattore e non una vittima. A che serve una multa di tale entita'? Che differenza c'e' rispetto ad una multa di, per esempio, mille o cinquecento euro? Quale consumatore, CONSAPEVOLE, rischierebbe una simile multa per l'acquisto di oggetti del valore di quale decina di euro: perche' sono questi gli oggetti che sicuramente il consumatore puo' individuare come contraffatti, in quanto offerti, per esempio, nei frequenti tappetini per strada con cui i disperati del Terzo mondo occupano le nostre strade. Ma quando il consumatore, INCONSAPEVOLE, va nel negozio piu' o meno alla moda, dove gli rifilano la "crosta" e dove spende qualche centinaio o migliaia di euro, e' solo li' che questa multa trovera' spazio per essere applicata. Questa realta' il legislatore la conosce bene, e sembra che, proprio per questo si stia organizzando per il salasso di 10 mila euro.
Vediamo il contesto in cui nasce questa multa.
Dal primo gennaio di quest'anno, con la fine degli accordi multifibre, trenta prodotti si possono liberamente scambiare tra Ue e Paesi extra-Ue. Il nostro ministro Antonio Marzano, proprio in questi giorni, non ha trovato di meglio che opporsi ad una licenza di importazione dalla Cina per 10 milioni di dollari di reggiseni a mezzo dollaro la dozzina, ed ha chiesto maggiori misure antidumping al SuperStato (la Commissione Ue), trovando la ferma opposizione di Germania, Danimarca e Svezia. Per chiedere allo Stato invece ci hanno pensato i sindacati che, con i lavoratori tessili in sciopero, chiedono l'attivazione urgente di tutte le misure di sostegno al settore.
Che dal primo gennaio ci sarebbe stata una situazione nuova, lo sapevano tutti. O forse pensavano che i Paesi extra-Ue avrebbero chiesto, Cina in testa, di importare solo alcuni componenti, da perfezionare e assemblare qui in modo da garantire il lavoro e l'alto prezzo finale? Perche' la Cina non si dovrebbe attenere alle stesse logiche del mercato dei capitali e rassegnarsi solo ad un ruolo da comprimario? La risposta e' nei reggiseni di cui sopra. Il dramma e' nella fatalistica attesa che cio' non sarebbe accaduto e quindi nel non aver cercato di adeguare le proprie produzioni a questo nuovo impatto. Il ridicolo, infine, e' nelle richieste di Marzano e nelle urla di chi, scioperando, reagisce solo quando l'attesa tegola gli e' cascata sulla testa.
In questo contesto di totale incertezza, di barriere protezionistiche che hanno solo il significato di "zero futuro", l'unico a farne le spese sara' il consumatore, che i suoi governanti vogliono che continui ad acquistare a prezzi alti. Per concludere, noi temiamo che le multe del dl sulla competitivita' saranno approvate e saranno sempre li' come una spada di Damocle, pronte per essere applicate ma solo in modo discrezionale. Con l'intento non scritto di far galleggiare la situazione: quindi sempre venditori per strada di merce contraffatta, tollerati da sindaci e assessori, e ogni tanto qualche spolverata con qualcosa di eclatante per dimostrare che qualcosa si sta facendo. Con l'aggravante che, per esempio, se i reggiseni di cui sopra non verranno fatti entrare in modo legittimo come era negli accordi che l'Ue e l'Italia avevano preso, chi giustamente all'estero si era attrezzato per l'apertura dei mercato dello scorso 1 gennaio, non trovera' di meglio che introdurli lo stesso ma in modo illegale. Che pasticcio, nel nome del protezionismo e dell'incapacita' di organizzarsi per quanto gia' si sapeva che sarebbe arrivato.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc
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