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FONDI PENSIONE CHIUSI: I SOLDI SONO DEI LAVORATORI O DELLE AZIENDE?
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Comunicato 
20 giugno 2007 0:00
 

Firenze, 20 Giugno 2007. Una delle cose che non si comprendono nella normativa sulla previdenza complementare e' cosa diavolo ci facciano i rappresentati dei datori di lavoro negli organi di amministrazione e controllo dei fondi cosi' detti negoziali o chiusi (art. 5 comma 1 del d.lgs 252/05).
I soldi versati nei fondi pensione sono o non sono dei lavoratori? Perche' mai le aziende ci devono mettere bocca? Il fatto che i soldi versati nei fondi pensione provengano dall'azienda (TFR e contributo "datoriale") non giustifica certo il fatto che l'azienda debba mettere bocca nel funzionamento del fondo. Anche lo stipendio e' versato dalle aziende, non per questo il datore di lavoro puo' permettersi di sindacare su come lo stipendio venga speso dal lavoratore.
La questione e' meno secondaria di quanto si possa pensare. L'assurdita' della norma sopra indicata, infatti, produce le assurdita' segnalate dai nostri lettori come questa praticata dal fondo dei metalmeccanici (il piu' significativo per numero di aderenti):

Ho lavorato come impiegato in un'azienda del settore metalmeccanico fino al 31 maggio 2006 e fino a quella data ho versato i miei contributi al fondo chiuso Cometa. L'interruzione del rapporto di lavoro e' stata causata dalla messa in mobilita', una condizione che mi permette il riscatto totale della posizione maturata presso il fondo.
Ho atteso un anno prima di procedere al riscatto ma i rendimenti deludenti mi hanno convinto ad attivarmi. Nonostante il mio diritto al riscatto totale sancito dallo statuto ho appurato che il fondo in pratica osteggia questa mia richiesta.
Nel modulo da utilizzare per la richiesta di riscatto e' infatti presente una sezione, da compilare obbligatoriamente, riservata all'azienda presso cui lavoravo e che questa dovrebbe firmare e timbrare. Ma io non ho piu' alcun rapporto con l'azienda che mi ha licenziato (l'azienda potrebbe anche non esistere piu'...) e ritengo peraltro che essa non sia obbligata a controfirmare e certificare un atto che riguarda unicamente il sottoscritto e Cometa. Ho cercato di mettermi in contatto con un rappresentante del fondo per ottenere dei chiarimenti ma per gli aderenti e' disponibile solo un call center affidato in gestione esterna.
La voce del call center ha definito "regola" la prassi seguita dal fondo ed ha sottolineato che non e' eludibile. Mi ha inoltre detto che la mancanza del suggello da parte della societa' presso cui lavoravo ritardera' per un tempo indefinito l'apertura della pratica di riscatto. Tale ostinazione mi sconcerta: quando una prassi si rivela vessatoria o addirittura illegittima essa va modificata.
Perche' la mia firma su una dichiarazione scritta non e' sufficiente ad avviare la pratica?
Perche' il fondo non mi chiede un documento in mio possesso, come la lettera di licenziamento o l'attestazione dell'iscrizione alle liste di mobilita'?
Con che arroganza Fondo Cometa mi vincola ad ottenere da terzi un riscontro documentale che puo' benissimo procurarsi autonomamente?
L'1,27% dei contributi degli aderenti (comparto crescita, esercizio 2006) viene usato per i costi di gestione ma nel momento in cui il fondo sta per perdere la titolarieta' della gestione, si guarda bene dall'usare queste trattenute per quella che in fondo e' ordinaria amministrazione.
Cordiali saluti,
Lettera firmata

Il nostro lettore ha tutte le ragioni del mondo. Il comportamento del Fondo Cometa e' incomprensibile ed auspichiamo un pronto intervento della Covip, l'organo di vigilanza sui fondi pensione, affinche' si impedisca ai fondi pensione chiusi di frapporre ostacoli burocratici per l'esercizio dei diritti previsti dalla normativa.

Alessandro Pedone, consulente Aduc per la tutela del risparmio
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