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Made in Italy per i prodotti tessili, pelletteria e abbigliamento. La solita furbata all'italiana. Le cifre del falso
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Comunicato di Primo Mastrantoni
11 dicembre 2009 13:19
 
  Approvata ieri 10 dicembre alla Camera dei Deputati la proposta di legge sul marchio "Made in Italy" per i prodotti tessili, pelletteria e abbigliamento. La solita furbata all'italiana.
Il motivo e' presto detto leggendo l'articolo 1, comma 4: L'impiego della denominazione “Made in Italy” e' permesso esclusivamente per prodotti finiti per i quali le fasi di lavorazione... hanno avuto luogo prevalentemente nel territorio nazionale ed in particolare se almeno due delle fasi di lavorazione sono state eseguite nel territorio medesimo e se per le rimanenti fasi e' verificabile la tracciabilita'.
Chi legge "Made in Italy" dovrebbe ritenere che il prodotto sia interamente, e non prevalentemente, fabbricato in Italia. Con questa furberia, inoltre, potremmo continuare a delocalizzare le lavorazioni piu' nocive, per l'uomo e l'ambiente, all'estero e riservarci quelle meno dannose nel nostro Paese, marchiando, pero', il prodotto con il "Made in Italy".
Questa legge non serve al consumatore ma al lavoratore. Infatti, correttamente, oggi il Corriere della Sera titola l'articolo con "Made in Italy, arriva l'etichetta a difesa del lavoro"; e delle imprese -aggiungiamo noi.
Occorre, a nostro parere, sfatare un mito e cioe' che un qualsiasi prodotto fatto in Italia sia "migliore". Gli scandali dei prodotti eccellenti "Made in Italy", dalla mozzarella di bufala Campana, al Brunello e, ieri, al Chianti docg, sono emblematici. Servono piu' controlli, invece si fanno piu' leggi, poi inosservate.
Ci vorra' poco a mettere il marchio "Made in Italy" su prodotti falsificati. Nel nostro Paese il mercato del falso ha fatturato, nel 2008, 7 miliardi e 107 milioni di euro (1). La cifra fa riferimento esclusivamente al mercato interno senza considerare tutte quelle merci contraffatte che partono dall'interno verso l'estero. Il settore piu' colpito, in termini di valore, e' l'abbigliamento e gli accessori (2,6 miliardi di euro), seguito dal comparto cd, dvd e software (piu' di 1,6 miliardi) e i prodotti alimentari (oltre 1,1 miliardi). Questo significa che se fosse possibile riportare sul mercato legale il fatturato complessivo della contraffazione, si otterrebbe un surplus di produzione, tra diretta e indotta, pari a 18 miliardi di euro.
E' di 5 miliardi e 281 milioni di euro il danno che subisce l'Erario italiano dal mercato della contraffazione. Altro che scudo fiscale!
La Confesercenti conferma la stima di 18 miliardi di euro con 130mila addetti, concentrata per il 69% nel Sud Italia: cioe' parte consistente del nostro Paese vive di contraffazione. Sequestrare, quindi, qualche oggetto ai "vu' cumpra'" ha poco senso. Le leggi gia' ci sono, basta applicarle. E questo e' compito del Governo.

(1) Ricerca Censis "Il fenomeno della contraffazione nel mondo e le ricadute sul mercato italiano: gli scenari e le strategie di contrasto". 22.04.2009
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