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Sentenza per il terremoto dell'Aquila. Tra procurato e mancato allarme
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Comunicato di Primo Mastrantoni
23 ottobre 2012 12:15
 
 L'art. 658 del Codice penale recita "Chiunque, annunziando disastri, infortuni o pericoli inesistenti, suscita allarme presso l'autorita', o presso enti o persone che esercitano un pubblico servizio, e' punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda da euro 10 a euro 516." Ne sa qualcosa l'ex ministro della Protezione Civile, Giuseppe Zamberletti, che, nel lontano 1985, sulla base delle dichiarazioni dell'Istituto Nazionale di Geofisica che prevedeva una «scossa pericolosa, ordino' lo stato d'allerta per dieci Comuni della Garfagnana (Toscana): scuole chiuse per due giorni, case vecchie o in cattivo stato evacuate. Centomila persone abbandonarono le proprie abitazioni, ma il terremoto non arrivo' e l'ex ministro Zamberletti fini' sotto inchiesta per procurato allarme. Ieri, il Tribunale dell'Aquila ha condannato, per omicidio colposo, gli scienziati della Commissione Grandi Rischi per aver sottovalutato il pericolo e fornito informazioni "imprecise e incomplete" sul sisma che colpi' il capoluogo abruzzese il 6 aprile del 2009 e provoco' 309 morti. Per capire meglio si dovra' aspettare il dispositivo delle sentenza, nel frattempo qualche considerazione va fatta. Se manca l'allarme si viene processati, se si procura l'allarme si viene processati. Che dire? Che le previsioni di qualunque tipo, anche quelle meteo, sono tali, cioe' ipotesi e non hanno valore scientifico. Lo scienziato si trova, dunque, tra l'incudine e il martello. Difficile posizione. Vogliamo ricordare che negli ultimi 44 anni i terremoti sono costati 162 miliardi, oltre alle vite umane, al dolore e alla disperazione dei sopravvissuti. Servono 40 miliardi per mettere in sicurezza l'Italia, ad iniziare dalla Calabria che ha la piu' alta probabilita' di evento sismico. Un buon investimento che dovrebbe sostituire i soldi previsti per l'inutile Ponte di Messina.
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