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Cassazione: dare di gay e' reato. Il 'politically correct' e' liberticida?
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Editoriale di Vincenzo Donvito
17 marzo 2010 7:35
 
Dire 'gay' a qualcuno e' reato: lo ha stabilito la Corte di Cassazione che ha confermato la multa di 400 euro per ingiuria inflitta a un vigile che aveva scritto a un collega, con il quale vi era rivalita' per diventare comandante dei vigili urbani, denunciando il suo essere gay. La Cassazione ha stabilito che l'espressione e' da censurare perche' ha un intento denigratorio ed esprime riprovazione per le tendenze omosessuali.
Un reato d'opinione che e' stato sancito tale grazie all'esistenza nei nostri codici di leggi che i giudici applicano.
E' questo uno dei grandi scogli del nostro sistema politico, sociale e civico. Fintanto che non si capira' che la libera espressione di un'opinione non puo' essere sancita con la legge, il nostro non potra' dirsi un Paese libero. Anche per le affermazioni piu' imbarazzanti, come potrebbe essere con questa sentenza: la liberta' o e' tale o non e'.
La Costituzione recita al primo comma dell'articolo 21: "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione". Questo principio e' pero' disatteso con procedimenti penali come quello di cui parliamo.
Se questo accade nelle aule di giustizia, non ci si puo' lamentare se poi accade in tanti altri luoghi, come il web. L'oscuramento di forum e blog, o di interi siti per la presenza anche di un solo commento ritenuto offensivo, e' abituale.
Con la sentenza di oggi, poi, si e' scatenata la reazione delle organizzazione per i diritti dei gay che, con l'eccezione del presidente dell'Arcigay, si sono schierate nell'esaltazione della pronuncia della Cassazione.
Ci domandiamo se il 'politically correct' debba essere liberticida.
Secondo noi questa voglia di reprimere e punire il 'diverso' (cioe' colui che la pensa in modo opposto al proprio) non e' molto diversa da quella di chi usa la parola 'gay' come un'offesa.
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