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Crisi della zona Euro: la soluzione richiede ancora molto tempo
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Editoriale di Alessandro Pedone
11 luglio 2012 15:53
 
Le persone timide in posizione di responsabilità
sono un passivo per la nazione.

John Maynard Keynes,
citato in Federico Caffè,
Scritti quotidiani, 2007,
intervista del 14/11/79 p. 128

La grave crisi che l'Europa sta attraversando è auto-indotta e facilmente risolvibile applicando decisioni piuttosto semplici da capire e sulle quali c'è un ampio consenso fra gli economisti (1).
Questo concetto, che ho più volte ripreso su questo sito, da molto tempo, è facilmente dimostrabile. Una volta acquisito questo dato, la domanda che sorge spontanea è: se è così, perché sono passati due anni e siamo ancora nel bel mezzo della crisi? Perché non si prendono le decisioni giuste?
Ho passato circa un anno a cercare una risposta non superficiale a questa domanda. Come è possibile, continuavo a ripetermi, che la soluzione alla crisi dell'Euro sia così evidente, ma ci sono nazioni che vi si oppongono strenuamente? Perché la Germania sta andando con pervicacia contro i propri interessi di medio-lungo termine? E' possibile che i leader politici europei siano così inetti?

Come faccio spesso quando mi trovo ad affrontare un problema per il quale non trovo una soluzione che mi soddisfa, mi sono buttato nello studio teorico e interdisciplinare (2) riprendendo in mano libri e paper di “teoria delle decisioni” (3), settore di per sé multidisciplinare, e rivedendo alcune delle conclusioni alla luce di altre conclusioni che ho tratto dalla scienza e dalla psicologia (intesa però più come funzionamento della mente, che psicologia classica).
Al termine di questi studi ho pensato di scrivere un articolo che rappresenta una sorta di piccolo compendio di quello che ho capito, negli ultimi due anni, di questa crisi finanziaria della zona Euro, azzardando anche delle ipotesi su come andrà a finire. Non approfondirò ciascun aspetto trattato poiché è mia intenzione fare una panoramica del problema, delle possibili soluzioni, del perché non si applicano le soluzioni possibili e degli scenari futuri che è ragionevole attendersi se le analisi prospettate sono corrette.
Invito i gentilissimi dodici lettori che volessero seguirmi in questo percorso di armarsi di un po' di pazienza e continuare nella lettura.

Alcuni assunti
La zona euro, nel suo complesso, non ha squilibri macro-economici tali da rendere insostenibile il suo debito pubblico, anzi, rispetto ad altre valute (dollaro, sterlina, yen) è in una situazione largamente preferibile.
La prosecuzione dell'esperienza dell'Euro è senza alcun dubbio conveniente per tutte le nazioni che fanno parte della moneta unica a partire dalla Germania.
Tralasciando le cause strutturali di ogni crisi finanziaria (che sono da ricercare nella natura intrinsicamente instabile dei mercati finanziari), la crisi della zona Euro è stata originata dall'inadeguatezza della risposta politica data dall'Europa alla crisi della Grecia (crisi che sarebbe stato possibile risolvere molto facilmente, se ci fosse stata la lungimiranza politica, in particolare in Germania). Tale inadeguatezza ha messo a nudo un difetto progettuale dell'Euro del quale gli stessi fondatori erano ben consapevoli: abbiamo una moneta unica senza una banca centrale che sia in grado di difendere i debiti pubblici denominati in euro e ciò avviene perché non abbiamo una politica economica e fiscale unica.
Una banca centrale che non può fare da prestatore di ultima istanza per i propri debiti pubblici è un'anomalia che i mercati finanziari hanno ignorato per molti anni, ma una volta che il problema ha manifestato tutte le sue potenziali perniciosità non potrà mai più essere ignorato: deve essere risolto!

Perché siamo nei problemi?

Dall'esperienza personale che ho fatto negli ultimi due anni parlando di questi problemi anche con persone molto brillanti ho capito che solo pochi hanno ben chiaro il seguente concetto: i debiti pubblici non sono progettati per essere ripagati, bensì per essere rinnovati. Ripagare i debiti pubblici sarebbe semplicemente impossibile (4)! Questo non vale per l'Italia o la Spagna, ma vale per la Germania, per gli USA, per il Giappone, per l'Inghilterra, per la Svizzera ecc. Il problema – in questo contesto economico-finanziario – non è quello di ripagare il debito (che non verrà mai ripagato) ma di gestire il “servizio per il debito”. Si definisce “servizio per il debito” il costo per il pagamento per interessi e per l'ammortamento sul debito accumulato (ovvero, nel caso di uno stato, la parte di debito che deve essere rinnovata). Una nazione entra in crisi se:
a) le tasse che deve imporre ai cittadini per pagare gli interessi (oltre a tutti i servizi minimi che deve comunque garantire) sono insostenibili per la nazione stessa;
b) non riesce a rinnovare il debito in scadenza con altro debito.
Quando il rapporto debito/PIL diviene troppo alto, il servizio per il debito diventa insostenibile. L'unica nazione europea che si trovava realmente in queste condizioni era la Grecia. I debiti che aveva, rispetto alla ricchezza della nazione, erano effettivamente insostenibili.
Dal punto di vista economico-finanziario, il problema della Grecia si sarebbe potuto risolvere facilmente con un costo largamente inferiore a quello che è già sostenuto fino ad oggi senza risolvere alcunché. Dal punto di vista politico, invece, il problema della Grecia è stata, di fatto, insormontabile ed ancora oggi non è del tutto risolto.
Poiché non si è riusciti a risolvere il problema originario, tale problema si è allargato prima a piccole nazioni come l'Irlanda ed il Portogallo e poi a nazioni più importanti come Spagna ed Italia. Come abbiamo visto, infatti, qualunque stato, ha la necessità di rifinanziare il suo debito pubblico.
Nelle altre nazioni, c'è sempre la possibilità di rivolgersi alla propria banca centrale e quindi il problema non si pone. Nella zona Euro questa possibilità non c'è.
Sia la Spagna che l'Italia (come altre nazioni in Europa) hanno i loro bravi problemi ma non stiamo minimamente parlando di problemi di insostenibilità del debito pubblico, in condizioni normali, ovvero con tassi d'interesse adeguati alle condizioni macro-economiche e con la possibilità di rinnovare il debito.
La vicenda della Grecia, però, ha reso potenzialmente vulnerabile qualsiasi stato poiché ha reso evidente che le nazioni della zona Euro sono dipendenti dagli umori dei mercati per la sostenibilità del proprio debito pubblico. Basta che uno stato finisca nel “mirino” dei mercati che un debito pubblico prima del tutto sostenibile diventi d'un tratto potenzialmente non più sostenibile.

Quale la soluzione?
La soluzione a questo problema è molto semplice è consiste nell'eliminare l'anomalia di una banca centrale che non può sostenere i debiti pubblici denominati nella propria moneta.
Qui non stiamo parlando di una delle tante soluzioni al problema che vengono proposte su questo o quel blog da questo o quell'economista. A livello internazionale c'è un consenso pressoché totale sul fatto che questa sia LA soluzione... ma che non si può fare perché i trattati internazionali non lo consentono.
Il fatto che i trattati non lo consentano non è una buona spiegazione perché:
1) i trattati nel medio termine si possono modificare (sono già passati due anni dalla crisi e in due anni si potevano cambiare i trattati, se ci fosse stata la volontà politica);
2) in vista della modifica dei trattati, in presenza della necessaria volontà politica, si possono applicare molte soluzioni tecniche che consentono provvisoriamente di aggirare i trattati.
Ci sono anche possibile soluzioni che non vedono un coinvolgimento della BCE e tutte sono, in una forma o nell'altra, una mutualizzazione del debito. Gli Eurobond sono l'emblema dell'idea di mutualizzare il debito, ovvero fare in modo che i debiti dei paesi considerati oggi meno affidabili siano garantiti dai paesi “più affidabili”. Questa strada potrebbe essere una possibile soluzione, ma presenta gli stessi problemi politici – se non maggiori – rispetto all'intervento diretto della BCE.
In presenza di una BCE che può sostenere illimitatamente i debiti pubblici denominati in Euro i tassi scenderebbero e l'intervento della BCE stessa non sarebbe più necessario.
Ma se è così semplice, perché non si fa?

Come vengono prese le decisioni a livello europeo?
In giro per la rete c'è un fiorire di letteratura sui poteri forti (denominati in vario modo) che agirebbero per costruire un “nuovo ordine mondiale”. Secondo queste teorie, le scelte politiche del mondo sarebbero eterodirette da poche centinaia di persone organizzate in vari gruppi di potere di solito identificati nel Gruppo Bilderberg, nella Commissione Trilaterale e nell'Organizzazione Mondiale per il Commercio Estero (WTO).
Da un certo punto di vista, sarebbe perfino facile se le cose stessero realmente in questo modo. Basterebbe “destituire” questi “cattivoni” ed il gioco sarebbe fatto! (5)
Purtroppo, la realtà è incredibilmente più complessa e commettiamo sovente l'errore di affrontarla con strumenti mentali inadeguati.
Per cercare di spiegarmi devo fare prima una piccola digressione.
La scienza ci ha insegnato che alcune leggi fisiche che sembravano universalmente valide, sono valide solo all'interno di un determinato contesto. La fisica newtoniana, ad esempio, quella che tutti abbiamo studiato a scuola è valida all'interno del mondo che sperimentiamo tutti i giorni con i nostri sensi, ma se parliamo dell'infinitamente piccolo (particelle atomiche) e dell'infinitamente grande (corpi celesti), agiscono altre leggi.
Similmente, ciò che è vero a livello di singolo individuo non necessariamente è vero a livello di società (6). In particolare, le leggi che governano i processi di decisione a livello di singolo individuo sono molto diverse dalle leggi che governano i processi di decisione collettivi.
I processi di decisione collettivi sono molto più complessi non solo come procedure, ma proprio a causa della molteplicità dei fattori che determinano le scelte.
Nel prendere le decisioni i politici sono influenzati da una serie di fattori, fra i quali: l'opinione pubblica, le pressioni delle varie lobby, i pareri dei così detti “esperti”, i posizionamenti degli altri politici (nonché delle burocrazie) con i quali sono in competizione o in cooperazione, l'interesse personale, quello del proprio gruppo (o nazione) ed infine dall'interesse generale. Ciascuno di questi fattori si influenza a vicenda in una complessissima equazione non lineare.
Il bilanciamento di questi fattori è estremamente delicato e instabile. Anche un politico onestissimo che volesse, sinceramente, far prevalere l'interesse generale, potrebbe rischiare di prendere posizioni che scaturiscono in decisioni collettive assolutamente opposte alle pur buone intenzioni.
Se questo è vero a tutti i livelli politici, a livello europeo il tutto è elevato alla massima potenza.
In Europa, infatti, le decisioni importanti devono essere prese non a maggioranza, ma all'unanimità. E' sufficiente il veto di una piccola nazione affinché ogni cosa si blocchi. Gli interessi nazionali, spesso, sono divergenti dagli interessi comuni (entro un certo limite) e la contrattazione di ogni singola decisione implica anche interessi personali (più o meno espliciti, più o meno legittimi) da considerare.
Far muovere una macchina politica di questo tipo nella direzione giusta è impressa assai ardua, anche se le cose giuste da fare sono chiare a tutti.

Errori politici e legittime preoccupazioni
Come abbiamo già scritto, la soluzione alla crisi dell'Euro-zona passa dalla monetizzazione (intervento potenzialmente illimitato della BCE) oppure dalla mutualizzazione (Eurobond, o simili) dei debiti pubblici della zona Euro. Tertium non datur. Si possono pensare decine, se non centinaia, di soluzioni, ma saranno sempre una combinazione di qualche forma di monetizzazione con qualche forma di mutualizzazione. Qualche soluzione tecnica può presentare alcuni vantaggi rispetto ad altre, ma alla fine, gratta gratta, si tratta sempre di condividere i debiti oppure “stampare moneta” (o meglio: dichiararsi disponibili a farlo).
Entrambe le cose non possono essere fatte a cuor leggero. E' più che comprensibile che nel processo di decisione si sollevi la necessità di avere opportune garanzie affinché la decisione di far comprare titoli alla BCE (oppure emettere Eurobond) non si tramuti in un “azzardo morale” consentendo ad alcuni paesi di fare tutti i debiti che vogliono mettendo a repentaglio la stabilità dell'intera eurozona.
Queste legittime preoccupazioni, sarebbero facilmente risolvibili (con strumenti automatici che rendano estremamente costoso fare politiche fiscali irresponsabili) se non fossero stati commessi gravissimi errori politici all'inizio della crisi. Errori dei quali stiamo ancora scontando pesanti conseguenze.
Il più grosso errore politico che è stato commesso è quello di non capire la potenziale gravità del problema quando è scoppiato il caso Grecia. I politici hanno iniziato a scherzare col fuoco cercando di trarre ciascuno i propri vantaggi come avviene naturalmente per ogni cosa di ordinaria amministrazione.
Il problema della Grecia, però, non era “ordinaria amministrazione” e non risolverlo subito avrebbe portato, come ha portato, a conseguenze pesantissime. Più di due anni fa si è iniziato a raccontare, prevalentemente all'opinione pubblica del nord, alcune bugie circa le cause della crisi che stava nascendo e le possibili conseguenze sulle tasche dei cittadini. Queste bugie si sono propagate fino a diventare oggi una verità quasi scontata (7).
La “verità” sull'origine della crisi della zona Euro che oggi viene data per scontata nei paesi del nord Europa (ma è comune anche da noi) è che tutto deriva dalle ruberie ed inettitudine dei politici del sud Europa (Grecia in testa, ma anche Portogallo, Spagna e Italia) e dalla disonestà dei loro cittadini che non pagano le tasse ed hanno anche poca voglia di lavorare. Questa non è altro che una caricatura, ma all'epoca faceva politicamente molto comodo (8). La conseguenza politica di questa caricatura è che i paesi del sud devono attuare delle politiche per essere più competitivi e fiscalmente più responsabili.
La seconda “verità” è che i paesi del sud voglio usare le tasse dei contribuenti del nord per ripianare i loro debiti e poi, magari, continuare a fare bellamente altri debiti. Anche questa non è nient'altro che una caricatura. I nostri conterranei tedeschi, così come quelli danesi, finlandesi, ecc., avrebbero solo da guadagnare da una soluzione alla crisi (sia che preveda la mutualizzazione – gli Eurobond – sia che preveda la potenziale monetizzazione – far fare alla BCE il mestiere di tutte le altre banche centrali). Prospettare queste soluzioni come “costi” per i cittadini del nord Europa è un falso ideologico. Sarebbe corretto, semmai, parlare di aggiustamenti di alcuni squilibri assolutamente insostenibili. Se il tasso dei titoli di stato tedeschi a due anni passa da negativo (come è oggi) ad un tasso prossimo al tasso ufficiale della BCE non si può parlare di un “costo” per i tedeschi, ma di una normalizzazione.
Spacciare la tesi che i paesi del sud Europa vogliono attentare ai portafogli dei cittadini del nord per saldare i loro debiti è politicamente molto producente. Si crea uno spazio per i “difensori” di quei portafogli. E questo è ciò che – per la sfortuna di tutta l'Europa – è successo.
Una volta che queste frottole sono diventate delle “verità” mediatiche in molti settori dell'opinione pubblica tedesca (ma anche in Olanda e nei paesi scandinavi) gli spazi di manovra politica per la Merkel si sono fatti sempre più risicati.
Non è solo questione della volontà della Merkel di fare passi nella direzione giusta (nell'ipotesi che anche lei stessa non sia vittima di queste frottole). La stessa Merkel è vincolata da un sistema politico che deve fare i conti con l'opinione pubblica che vede come il fumo negli occhi l'idea di “dover pagare per gli errori degli irresponsabili del sud Europa”. E' ben possibile ipotizzare che la stessa Merkel sia il punto di sintesi più avanzato della concessioni che il sistema tedesco nel suo complesso possa offrire.

L'intreccio finanza-esperti-media
I due punti che abbiamo precedentemente affrontato spiegano perché l'Europa si è mostrata costantemente inadeguata: da una parte ci sono meccanismi e logiche di decisioni in grado di paralizzare qualsiasi cosa, dall'altra c'è un'opinione pubblica alla quale, per anni, sono state raccontate frottole ed oggi è politicamente molto costoso fare marcia indietro. In questo contesto s'inserisce l'intreccio fra gli interessi della finanza, quelli degli esperti e quelli dei media.
Viviamo in un mondo nel quale i mercati finanziari non sono più uno strumento al servizio dell'economia reale, ma sono diventati un ostacolo (9). La finanza vive esclusivamente di logiche di breve termine. Il dogma sul quale si fonda è quello della “liquidità”. Ogni cosa deve avere un valore di mercato negoziabile all'istante. Non conta se questo valore è assurdo, conta solo il rendimento di breve termine sul quale si basano le carriere dei vari manager, a tutti i livelli. Non conta se i BTP sono un grande affare nel medio lungo/termine, conta il fatto che di qui a tre mesi potrebbero perdere di valore per le difficoltà dell'Europa a prendere le decisioni definitive, quindi vanno venduti accentuando il problema.
Attorno a questo tipo di finanza malata (ma che elargisce laute prebende) esiste una corte di esperti e super-esperti che fanno analisi, valutazioni, previsioni. Ognuno di questi esperti ha il proprio orticello di potere e convenienze da preservare. Una delle necessità principali di un “esperto” è quella di differenziarsi affinché aumentino le possibilità di essere consultato. Questo meccanismo fa sì che praticamente ogni tesi, anche le più sbilenche, trovino qualche “esperto” che le renda in qualche modo sostenibili.
I mezzi di comunicazione – mediamente - non hanno la capacità di distinguere fra tesi che hanno un vero fondamento ed altre che sono fatte solo per differenziarsi nella speranza di ritagliarsi uno spazio. Anzi, spesso, sono alla ricerca delle tesi più “estreme” perché solleticano maggiormente gli istinti del pubblico.
Tutto questo intreccio crea ulteriori difficoltà nel prendere le decisioni giuste e logiche perché alimenta i convincimenti sbagliati dell'opinione pubblica e fornisce armi nelle mani di coloro che fanno leva proprio su questi convincimenti per acquisire vantaggi politici.

Gli aspetti positivi
Fin qui, mi sono soffermato sugli elementi che spiegano le difficoltà nel prendere le decisioni utili alla soluzione della crisi della zona Euro. Ci sono, però, anche gli elementi che giocano a favore della soluzione e sono molto potenti, sebbene mediaticamente non trovino molto riscontro.
La zona Euro, nel suo complesso, è una zona ricca. Non avrebbe minimamente un problema di sostenibilità del proprio debito. Si è diffusa la percezione che alcuni stati sono, di fatto, in “fallimento”, ma questa è una visione facile da “vendere al pubblico” quanto sbagliata. Il problema più urgente della zona Euro è un problema di regole, non di sostenibilità del debito (10). E' chiaro che il perdurare della crisi implichi un deterioramento del quadro economico che complica tutte le cose, ma siamo molto distanti dal “fallimento”.
Il fatto che la zona Euro sia ancora molto ricca significa due cose: che la soluzione al problema è, tecnicamente, relativamente semplice (anche se politicamente complicata) e che ognuno ha molto da perdere.
Il secondo aspetto positivo che gioca a favore di una soluzione è rappresentato dal fatto che nessuno ha una reale convenienza a distruggere l'Euro.
Sebbene di tanto in tanto si leggono sui giornali opinioni di esperti che propongono ipotesi fantasiose, la verità è che nessuna delle singole nazioni che compongono la zona Euro, neppure la Germania, può giocare un ruolo sullo scacchiere economico internazionale da sola. Insieme, la zona Euro rappresenta una potenza economica di prima grandezza. Divisi, ogni paese conterebbe molto poco, anche la Germania sarebbe un paese che potrebbe avere il peso più o meno di un Giappone (di una certa importanza, ma certamente non decisivo).
Che questa sia la situazione è dimostrato dai numerosissimi vertici europei. Se è vero che sono stati tutti più o meno deludenti è anche vero che ogni vertice ha rappresentato un passo in avanti, più o meno piccolo, verso una maggiore integrazione.
Non siamo alle decisioni definitive, ma fino ad oggi, per due anni di fila, abbiamo fatto solo passi avanti nella direzione giusta.
Questo è un aspetto da non trascurare poiché come insegna la teoria delle decisioni, più la trattativa si prolunga e maggiori sono i costi derivanti dall'abbandono della stessa. Più praticamente, in questi due anni, tutte le nazioni della zona euro hanno investito sempre più risorse (non solo economiche, ma anche reputazionali) per proteggere l'Euro. E' vero, non hanno fatto il necessario, ma hanno fatto sempre di più.

Quale scenario per il futuro
Dalle considerazioni appena espresse emerge che la soluzione definitiva alla crisi dell'Euro non arriverà fino a quando i debiti della zona euro non verranno mutualizzati oppure non si consentirà, direttamente o indirettamente, alla BCE di acquistare i titoli di stato in maniera potenzialmente illimitata.
Tutte le altre soluzioni, come il così detto “scudo anti-spread” approvato recentemente, si possono considerare solo stratagemmi per guadagnare tempo, ma che – in ultima analisi – aumentano i costi (non tanto finanziari, quanto sociali ed economici) della crisi.
Dal punto di vista normativa, lo scudo anti-spread potrebbe essere molto vicino ad un'ipotesi di potenziale monetizzazione del debito. Basterebbe conferirgli la licenza bancaria con la quale prendere in prestito i soldi dalla BCE (conferendo come collaterale, i titoli di stato) ed il compito istituzionale di mantenere gli spread entro determinati livelli.
Il nodo è chiaramente politico. La Germania della cancelliera Merkel potrà mai concedere una cosa del genere? Potrebbe avvenire solo in presenza di un nuovo choc dei mercati finanziari, evento che non può essere escluso. Senza un fattore che possa scombinare il gioco politico è più ragionevole attendersi che la crisi continui fino a quando la Germania non avrà un nuovo cancelliere, cosa che accadrà alla fine del 2013.
Il problema non è necessariamente nella Merkel come persona. Non ho elementi per ritenere che non voglia fare quanto necessario per risolvere definitivamente il problema, ritengo però che sia per lei molto più difficile e costoso politicamente di quanto non sarebbe ad un nuovo cancelliere. Abbiamo visto come in Italia, Francia e Spagna il cambio di leadership abbia dato molta più libertà di manovra ai nuovi leader rispetto ai precedenti e questo non è dovuto solo alla differenza di capacità. Col passare del tempo ogni leader politico viene in qualche modo logorato dal suo stesso passato. Per fare un esempio: pare che la Merkel abbia detto che fino a quando è in vita lei non ci saranno gli Eurobond. A prescindere dal fatto che questa dichiarazione sia vera o meno (11) questa immagine ha un peso. Un nuovo cancelliere, che abbia una prospettiva di governo di molti anni, avrebbe spazi di manovra politici decisamente più ampi.
Ce la farà l'Europa a durare in queste condizioni per un altro anno e mezzo circa?
Io ritengo che sarebbe come scherzare con il fuoco. Non è la situazione economica o finanziaria che mi preoccupa. Sia l'Italia che l'Europa in generale, economicamente, può sopportare anche un 2013 negativo come il 2012. Ma socialmente e politicamente quali sarebbero i costi? L'idea che l'Euro e l'Europa costituiscano il problema e non parte della soluzione si farebbe – giustamente ! - sempre più largo fra l'opinione pubblica e questo complicherebbe ancora di più la strada per la soluzione definitiva.
Concludendo, quindi, lo scenario che vedo più ragionevole è quello di un'Europa che continuerà, con estrema lentezza ed inadeguatezza, verso un'unione bancaria, economica e politica. Di tanto in tanto i mercati finanziari mostreranno di perdere la pazienza, il circo mediatico proclamerà che l'Euro è sul punto di rompersi, ed allora i politici faranno ulteriori passi avanti per guadagnare ancora tempo.
Una volta che in Germania sarà insediato un nuovo governo, considerati anche i molti passi avanti che saranno comunque stati fatti nei prossimi mesi, sarà molto più facile prendere la decisione definitiva: mutualizzare il debito o dare la possibilità – direttamente o indirettamente – alla BCE di fare da prestatore di ultima istanza per i debiti pubblici.
Solo un grande choc nei mercati finanziari potrebbe accelerare il processo, ma è più probabile che gli strumenti già messi in campo possano tamponare queste fasi facendo in modo che tutto il processo duri, purtroppo, altri 12/18 mesi.


Note:
(1) In questo articolo affronto le cause e le soluzioni più superficiali della crisi della zona euro. Le cause e le soluzioni più profonde – di questa come di tutte le altre crisi finanziarie recenti - afferiscono al tipo di moneta che abbiamo ed ai mercati finanzi. Si tratta di un mostro bifronte che non mancherà di ripresentarsi sotto altra forma dopo che la crisi attuale sarà stata placata.
(2) Ritengo, infatti, che uno dei più grandi difetti della cultura contemporanea sia l'eccesso di specializzazione e la carenza di una visione d'insieme. Si cercano le soluzioni sempre dai super-esperti che sono coloro che hanno sviscerato pochi ristretti settori in maniera molto, molto, approfondita. Ma le soluzioni, normalmente, vengono da una visione d'insieme delle cose, non dall'analisi super-dettagliata.
(3) Allo sviluppo della teoria delle decisioni hanno contribuito filosofi, logici, psicologi, matematici, sociologi ed economisti. Per chi volesse approfondire la materia mi sento di consigliare gli scritti in materia di R. D. LUCE e H. RAIFFA, D. M. KREPS e A.TVESKY.
(4) E' possibile ridurre, molto, molto, lentamente l'incidenza del debito pubblico sul PIL (a patto che quest'ultimo cresca), ma nessuna nazione economicamente sviluppata del mondo potrebbe pensare anche solo di dimezzare il proprio debito pubblico nell'arco di 3-5 anni. In questo contesto economico-finanziario, i debiti pubblici sono qui per rimanere.
(5) E' molto difficile prendere sul serio le argomentazioni dei sostenitori di queste teorie complottiste. Anche volendo leggere con lo spirito più aperto possibile queste tesi non si può non osservare che sono un'accozzaglia di: tante mezze verità e qualche luogo comune condite con vere e proprie stupidaggini. Trattandosi di presunti cospiratori segreti è ovvio che non si possono avere prove né a favore né contro queste tesi, ma personalmente non ho mai creduto alle tesi complottiste per diverse ragioni, non ultima per la natura stessa dell'essere umano. Se realmente vi fossero qualche centinaia di persone che muovono le leve del mondo danneggiando consapevolmente il resto dell'umanità, si tratterebbe di un manipolo di malati di mente e mi riesce molto difficile pensare che un manipolo di malati di mente abbia la capacità di mantenere a lungo, nel segreto, un potere così enorme.
(6) Molto spesso, parlando di debito pubblico, si sente paragonare lo stato ad una famiglia, ma in un contesto nel quale lo stato può – direttamente o indirettamente – emettere moneta, il debito pubblico assume caratteristiche totalmente diverse rispetto al debito che può avere una singola famiglia. Il nostro sistema finanziario attuale è progettato affinché i debiti, a livello complessivo, non vengano mai ripagati ma solo rinnovati, a livello individuale, invece, i debiti devo (e come!) essere ripagati. Questo è un esempio di come modificando il contesto le leggi cambino.
(7) Ritengo che questi processi avvengano senza che nessuno li progetti a tavolino. Non credo nell'esistenza di “burattinai” che scientemente muovono giornali e giornalisti decidendo cosa far scrivere loro. Ritengo invece che la cooperazione fra l'ignoranza della maggior parte dei giornalisti e dei politici e la propensione a far prevalere l'interesse personale (sia del giornalista che del politico) rispetto all'interesse pubblico porti a far prevalere una bugia facile da comunicare rispetto ad una verità complessa da spiegare.
(8) Non si vuole, qui, negare che vi siano gravi problemi di inadeguatezza delle classe politica (corruzione, sprechi, ecc.) nonché gravissimi fenomeni di evasione fiscale. Il punto è che le origini della crisi del debito sono più da ricercarsi negli squilibri macroeconomici interni alla zona euro che non nelle politiche fiscalmente irresponsabili dei paesi del Sud Europa. Tali politiche possono aver accelerato la crisi del debito, ma non è stata la vera causa. Chi volesse approfondire questo aspetto può leggere l'articolo molto ben fatto del prof. Andrea Filippo Presbitero su Vox:
http://voxeu.org/article/eurozone-crisis-fiscal-fragility-external-imbalances-or-both una versione in italiano è disponibile qui: http://www.linkiesta.it/blogs/altra-finanza/europa-una-crisi-di-debito-o-di-bilancia-dei-pagamenti un paper scientifico (sottoposto a peer review) è disponibile qui: http://ideas.repec.org/p/anc/wmofir/66.html.
(9) La finanza, di per sé, è una cosa utile e necessaria. E' questa finanza, fondata sui mercati finanziari, ad essere strutturalmente dannosa. Un'altra finanza sarebbe possibile, in linea teorica, ma le lobby dei mercati finanziari sono troppo forti per pensare a qualsiasi modifica sostanziale anche in un orizzonte temporale di medio periodo.
(10) Come abbiamo già accennato, non bisogna confondere il debito pubblico con il debito di un singolo privato. Sono due concetti molto diversi. E' ovvio che un debito pubblico di grandi dimensioni rappresenta sempre un elemento di instabilità per la nazione ed è di gran lunga preferibile un debito pubblico contenuto, ma la sostenibilità di un debito pubblico, anche molto elevato, dipende da tanti fattori, fra i quali il controllo della propria moneta, la percentuale di debito interno, la bilancia commerciale, ecc. Il caso del Giappone, dimostra che il rapporto debito/pil, da solo, non dice niente circa la sostenibilità del debito.
(11) Personalmente tendo a pensare che sia una esagerazione della stampa.
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