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In ricordo di un genio
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Editoriale di Alessandro Pedone
20 ottobre 2010 13:05
 
Il 14 ottobre scorso il mondo ha perso una delle menti scientifiche contemporanee più originali, di quella originalità tipica dei geni. Mi riferisco a Benoit Maldelbrot, il padre della geometria frattale, ma di molte altre cose che ancora il mondo non ha pienamente riconosciuto e talvolta ha volutamente ignorato.
Maldelbrot aveva un carateraccio ed una vera passione per i suoi oggetti di studio che non piegava alle esigenze dei possibili beneficiari. I primi anni della sua vita furono caratterizzati dall'abbandono della terra natia per sfuggire alle persecuzioni naziste. Nacque in un contesto familiare particolarmente colto e vivace intellettualmente sia sul piano scientifico (i due zii matematici) che umanistico.
La scienza "ufficiale" ricorda Maldelbrot come il fondatore della geometria frattale. Non v'è dubbio che il contributo teorico che ha dato creando una nuova branca della geometria è stato enorme. Ciò nonostante, a modesto avviso di chi scrive, il suo contributo al mondo avrebbe potuto essere ancora superiore (e nel medio termine - sono convinto - lo sarà!) se i suoi studi in campo finanziario fossero stati presi più seriamente di quello che il mondo accademico finanziario ha fatto.
Purtroppo (per i baroni del mondo accademico-finanziario), il pensiero di Maldelbrot, in campo finanziario, sovverte le fondamenta dell'approccio teorico maggiormente condiviso nel mondo accademico e sulla base del quale tanti "professoroni" hanno sviluppato le proprie fortune.
Non vogliamo, in questa sede, approfondire il suo pensiero (chi fosse interessato potrebbe iniziare dal libro, tradotto anche in italiano, dal titolo "Il disordine dei mercati - Una visione frattale di rischio, rovina e redditività"), desideriamo solo accennarne all'essenza. Mandelbrot ha insegnato, a chi ha voluto imparare (purtroppo in pochi), che i mercati finanziari sono molto, ma molto più rischiosi di quanto i modelli matematici correntemente utilizzati sapessero indicare.
Rileggere alcuni suoi scritti di molti anni fa, alla luce di quanto è accaduto nel 2008/2009, provoca un senso di ammirazione e di rabbia contemporaneamente.
Si veda, ad esempio, l'articolo pubblicato da il Sole 24 ore il 9 Ottobre 2005  (quando i mercati azionari volavano e tutti avevano già dimenticato lo scoppio della bolla high-tech). Il quell'articolo Maldelbrot (insieme a Taleb, altro intellettuale originale, ma meno geniale) scriveva: "ovunque piazzate i vostri soldi, ricordate che le misure convenzionali del rischio sottovalutano gravemente le perdite potenziali, e i guadagni".
Se solo il mondo della finanza avesse preso più seriamente le ammonizioni di Mandelbrot (il quale non si è limitato a scrivere strali sui rischi finanziari, ma ha prodotto un pensiero teorico il quale "dimostra" quanto diceva in maniera più semplice quelle rare volte che veniva ospitato dai mezzi di comunicazione più diffusi) ci saremmo probabilmente evitati l'ultima crisi.
Per fortuna, il pensiero di Mandelbrot, sta, lentamente, prendendo piede.
Personalmente, se posso permettermi un accenno personale, il suo pensiero costituisce una delle fondamenta del mio approccio alla consulenza finanziaria indipendente. Nel mio lavoro, inizio a confrontarmi con diversi altri esperti del settore che mostrano di conoscere, se non proprio condividere, alcune tesi di fondo di Mandelbrot, anche quando, magari, non sanno che sia stato il primo  a proporle.
Purtroppo, questo retroterra culturale non sta ancora producendo nessun concreto cambiamento radicale nei "templi" della finanza mondiale, ma non disperiamo: nei prossimi decenni - se i prossimi shock non dovessero distruggerla - i semi lasciati dal grandissimo matematico produrranno tecniche di gestione del rischio/incertezza che contribuiranno a fare della finanza - contrariamente ad oggi - uno strumento più utile di quanto sia di per sé dannoso.
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