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Una riforma radicale per una vera tutela del risparmio
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Editoriale di Alessandro Pedone
30 ottobre 2013 14:20
 
Mercoledì scorso ero ospite negli studi di “Mi Manda Rai Tre” ed ho potuto illustrare brevissimamente – nei limiti di ciò che è possibile fare in TV - come, a nostro avviso, dovrebbero essere modificate radicalmente le norme per tutelare effettivamente gli investitori. Vorrei riassumere questa proposta in maniera leggermente più compiuta, anche se sempre sinteticamente ed in modo divulgativo. 
 
Il principio base che ispira tutta la normativa europea in materia di tutela del risparmio è il così detto principio della “disclosure”. Si ritiene, cioè, che si tuteli l'investitore costringendo l'intermediario a fornire “tutte le informazioni necessarie per fare una scelta d'investimento consapevole”. Questo può apparire un principio intelligente, perfino incontestabile, ma in realtà è totalmente sbagliato poiché la grande maggioranza degli investitori non si ritiene capace di comprendere quelle informazioni. La materia degli investimenti finanziari è di per sé molto complessa e gli intermediari fanno di tutto per renderla sempre più complicata. Il principio della “disclosure” si è trasformato, nella sostanza, in una serie di formalismi applicati solo sulla carta attraverso mille “firmi qui... qui e.... qui!” con i quali i clienti dichiarano di aver ricevuto, e talvolta anche compreso, delle informazioni che in realtà non hanno mai letto. Questo fa sì che le banche possano continuare a vendere prodotti che non hanno alcuna ragione di esistere perché sanno che con la loro forza vendita potrà approfittare dell'ignoranza dei loro clienti sottraendogli, così, dei soldi per prodotti finanziari che mai avrebbero sottoscritto se solo avessero una cultura finanziaria adeguata.
 
La strada, allora, secondo qualcuno, è quella di elevare la cultura finanziaria degli investitori. Anche questa, come il principio della “disclosure” è una pia illusione. Ben venga l'educazione finanziaria (così come ben vengano tutte le informazioni possibili) ma non potrà mai essere quella la strada per una vera tutela degli investitori perché rimane sempre una fetta importantissima di persone che non ha gli strumenti intellettivi minimi per partecipare, con profitto, a nessun corso, per quanto base, di educazione finanziaria. Noi viviamo in una nazione, volente o nolente, nella quale circa un terzo della popolazione adulta non è in grado di leggere un articolo di giornale che tratta di argomenti comuni e comprenderlo. Questa è la triste verità. Molti altri, che magari avrebbero gli strumenti culturali per elevare la loro cultura finanziaria semplicemente non vogliono farlo. Coloro che sarebbero disponibili a partecipare a dei corsi per apprendere come non essere gabbati dagli intermediari finanziari sono l'eccezione, non la regola.
 
Si potrebbe pensare che se queste persone non vogliono elevare la loro cultura finanziaria, allora è bene che ne paghino le conseguenze. Questa è una visione comprensibile ma miope perché il danno che questi investitori inconsapevoli fanno a loro stessi è un danno che fanno, nel complesso, all'intera società. Risparmi che vengono distrutti a favore degli utili del sistema finanziario sono un danno economico per l'intera società. E' un dovere costituzionale tutelare queste persone. Come farlo concretamente e non a parole?
La soluzione consiste nel ribaltare completamente l'impianto filosofico della normativa attuale.
 
In primo luogo gli investitori dovrebbero essere classificati in tre categorie: 1) investitori con esperienza comprovata dal superamento di uno specifico esame; 2) investitori assistiti da professionisti o strutture (come i club d'investimento presenti in alcune nazioni europee) che si assumo la responsabilità delle scelte dell'investitore; 3) investitori senza esperienza.
Le prime due categorie di investitori sono liberi di investire su tutto l'universo investibile e gli intermediari finanziari devono fornire loro tutte le informazioni previste dalla normativa attuale.
Per il terzo gruppo di investitori, che rappresenterà la grandissima maggioranza, ogni operazione dovrebbe essere ricondotta ad un obiettivo finanziario secondo uno schema unico stabilito dall'autorità di vigilanza (in Italia dalla Consob). La mia esperienza professionale di oltre 10 anni di esperienza a contatto con gli investitori individuali mi dice che le esigenze per le quali si investono dei soldi, alla fine, si possono ridurre ad una casistica piuttosto ristretta che si conta sulle dita di una mano, al massimo due se vogliamo essere pignoli.
Per ciascun obiettivo d'investimento l'autorità di vigilanza deve identificare uno strumento standard (2) adeguato all'obiettivo dichiarato dall'investitore. Lo strumento standard non è, ovviamente, il “miglior” strumento possibile. In primo luogo l'aleatorietà è connaturata al mondo della finanza e la scelta “migliore” ex-ante è una cosa molto complicata da determinare. Questa scelta standard, però, è l'opzione selezionata dall'autorità di vigilanza che evita, per dirla in soldoni, le “fregature” dei prodotti che esistono solo perché gli investitori sono ignoranti.
Se l'investitore si vuole avventurare nel mondo della finanza alla ricerca di un portafoglio finanziario migliore delle opzioni standard, deve dimostrare di avere le competenze, superando uno specifico esame, oppure deve essere assistito da qualcuno competente che si assume le responsabilità delle scelte dell'investitore.
 
Sono solito illustrare questa proposta con l'esempio dei mezzi di trasporto. Tutti noi sappiamo che guidare un'automobile è qualcosa di potenzialmente pericoloso e quindi lo Stato impone di prendere una patente superando degli appositi esami. Se un cittadino non vuole prendere la patente, ma vuole spostarsi con dei mezzi, ha due opzioni: o si sposta con un'auto guidata da altri che dispongo della patente come un taxi oppure prende i mezzi pubblici. I taxi, nella nostra proposta, sono i consulenti finanziari indipendenti o i club d'investimento che esistono in altre nazioni europee (come la Francia ad esempio, che prevede anche una agevolazione fiscale per chi fa investimenti di importi modesti assistiti dai club d'investimento). I mezzi pubblici, invece, sono l'opzione standard predisposta dall'autorità di vigilanza.
Nessuno si sognerebbe di sostituire la patente con l'obbligo da parte dei concessionari delle automobili di fornire “tutte le informazioni necessarie per una guida consapevole”. E' chiaro che sarebbe una follia. Questa follia è ciò che facciamo nel campo degli investimenti finanziari. Per capire appieno perché questo paragone è calzante dobbiamo comprendere che così come un incidente stradale implica un danno per il singolo che commette l'errore, ma anche una danno per altri e per l'intera società, così negli investimenti finanziari, la somma dei danni individuali si traduce in un danno complessivo per l'intera società.
 
Un cambiamento radicale di questo tipo implicherebbe per gli intermediari finanziari una significativa diminuzione dei profitti. E' ovvio che sarebbe illusorio pensare che una qualsiasi maggioranza politica possa approvare qualcosa del genere da un giorno all'altro. Si potrebbe pensare, quindi, a qualcosa di più graduale. Invece di prevedere l'impossibilità per la banca di proporre gli strumenti finanziari non standard ad investitori senza comprovata esperienza e non assistiti, si potrebbe, inizialmente, prevedere l'obbligo di indicare insieme alla proposta della banca anche lo strumento standard selezionato dall'autorità di vigilanza. Questo consentirebbe alle banche, piano piano, di modificare il proprio modello di business.
 
Durante la trasmissione televisiva alla quale ho partecipato mercoledì scorso, stranamente, la rappresentante dell'ABI, l'associazione delle banche, si è detta d'accordo con questa proposta (lo si può vedere nel video al link qui sotto dal minuto 42 per circa 90 secondi). Evidentemente non devo averla spiegata molto bene... o forse era facile dirsi d'accordo in una trasmissione televisiva sapendo benissimo che tanto poi le cose continuano ad andare come vanno.
 
Qui il link al sito di "Mi Manda Rai" Tre per vedere la puntata
  
(1) Alcuni anni fa, un economista piuttosto famoso, Richard Thaler ha scritto un bel libro insieme a Cass Sunstein dal titolo “Nudge. La spinta gentile. La nuova strategia per migliorare le nostre decisioni su denaro, salute, felicità” (ne abbiamo parlato in passato in questo articolo) che spiega bene questi ed altri concetti.
 
(2) Si potrebbe pensare anche ad un piccolo ventaglio di opzioni standard per ciascun obiettivo d'investimento. Uno o più opzioni è una questione secondaria. Personalmente sarei favorevole ad una sola opzione per ciascun obiettivo d'investimento. Questo – fra l'altro – avrebbe anche dei benefici effetti in termini macroeconomici qualora queste opzioni corrispondessero a degli strumenti specificatamente emessi dal Tesoro (magari attraverso la Cassa Depositi e Prestiti).   
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