Un pomodoro è un pomodoro. Null'altro; tutto naturale. Pomodoro dentro e pomodoro fuori. Senza chimica. O per lo meno non c'è scritto. Ma se invece ci fosse un'etichetta, l'elenco dei suoi ingredienti sarebbe piuttosto lungo: acqua, zucchero, cellulosa, glutammato di sodio, coloranti E160a, E160d, E101, pectina, antiossidante E300, acidificanti E296 ed E330, sostanze aromatiche naturali.
L'esempio è contenuto in un opuscolo edito dalla Federazione tedesca per la scienza e le norme in campo alimentare, finalizzato a rendere più accettabili gli additivi. Solo che la campagna informativa non è riuscita a battere lo scetticismo che li circonda. L'associazione dei consumatori Foodwatch, per esempio, mette in guardia dalle allergie -che sono in aumento- e segnala la difficoltà a controllare il numero crescente di sostanze da addizionare ancorché legali.
I produttori sono consapevoli di quest'avversione diffusa, così hanno adottato la strategia chiamata "etichetta pulita", modulata su due possibilità: usare solo gli additivi che non hanno obbligo di menzione oppure scegliere quelli che sono privi di riferimenti chimici o sintetici. Queste soluzioni tengono conto della maggiore consapevolezza salutista delle persone, propense ad apprezzare gli estratti delle piante e le sostanze aggiunte naturali.
In effetti, il mercato degli ingredienti naturali è in crescita, anche se restano due difficoltà. La prima è che le sostanze vegetali naturali hanno un loro specifico aroma, che non sempre si amalgama al cibo di cui sono l'elemento aggiunto; la seconda è che costano di più delle sintesi di laboratorio. Ciò detto, è indubbio che in Europa gli estratti di alghe, rosmarino, paprica o bietola rossa hanno il vento in poppa. Lo stesso vale per gli emulsionanti naturali, come i prodotti alla lecitina di soia o di uovo, e per gli antiossidanti.