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 CANADA - CANADA - Fine vita, se ne è andata Evelyn Martens
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8 gennaio 2011 10:35
 
E' deceduta in Canada Evelyn Martens, il cui caso giudiziario aveva dato vita ad uno dei primi dibattiti pubblici sul suicidio assistito.
Nell'ottobre 2004 la donna finì sotto processo per aver assistito due donne a togliersi la vita. Fu assolta dopo soli 14 giorni.
Due settimane dopo l'assoluzione, l'allora ministro della Giustizia Irwin Cotler, aveva esortato tutti i partiti ad aprire una discussione sul suicidio assistito.
Grazie al suo caso, la giustizia canadese stabilì che per essere giudicati colpevoli di assistenza al suicidio è necessario aiutare fisicamente una persona a togliersi la vita. Non è invece sufficiente assistere passivamente alla morte.
Martens era stata accusata della morte di una ex suora Monique Charest e dell'insegnante Leyanne Burchell. Entrambi i suicidi erano avvenuti nel 2002. La prima si era tolta la vita utilizzando un metodo descritto in un noto saggio di Dereck Humphry, "Uscita di sicurezza", ovvero avvolgendosi la testa con un sacchetto di plastica riempito di elio. La seconda donna era invece morta per una overdose di farmaci, secondo l'autopsia.
L'accusa era riuscita a dimostrare che Martens aveva fatto visita alle due donne nel giorno del loro suicidio, e nel caso dell'ex suora, era stata la stessa Martens a fornire una bombola di elio e il sacchetto di plastica. Ma quello che i procuratori non furono in grado di provare era un aiuto di mano propria da parte di Martens all'atto del suicidio.
Durante il processo la donna fu definita una "fanatica della morte". Ma Gary Bauslaugh, direttore della rivista canadese Humanist, la ricorda per il suo coraggio e le sue convinzioni. "Ha fatto certamente molto per portare il tema del suicidio assistito all'attenzione dell'opinione pubblica", ha spiegato Bauslaugh al quotidiano telematico Canada.com.
Dopo il processo, Martens si è dedicata al movimento per il diritto a morire con dignità.
Il legale che difese Martens, Caterina Tyhurst, ha spiegato che una svolta cruciale del processo fu un nastro registrato da una agente di polizia sotto copertura quale nipote dell'ex suora. Quel nastro, spiega ora l'avvocato, ha fatto più per la difesa che per l'accusa. "Non abbiamo avuto più bisogno di farla testimoniare, era tutto sul nastro. C'erano le migliori prove possibili a favore (di Martens), il fatto che era un essere umano e che era veramente, veramente compassionevole e amorevole".
Il figlio di Martens spiega che la madre ha deciso di occuparsi del diritto a morire dopo aver visto il padre morire in agonia per cancro durante la grande depressione e, negli anni '80, aver assistito alla morte del fratello per cancro, ancora una volta in agonia.
Il processo fu un duro colpo per la famiglia, dice il figlio. "Ciò che nutrivamo nei confronti di nostra madre, in ogni caso, era un enorme rispetto".
Alla donna sarà dedicato un monumento nella sua cittadina di Kelowna.
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