testata ADUC
ABUSI DEGLI ANIMALI NELLE "FESTE": LA SPERANZA VIENE DAL SINDACO ... ( E DAL CODICE PENALE).
Scarica e stampa il PDF
Articolo di Annapaola Laldi
15 maggio 2001 0:00
 
Circa un mese fa, mentre aspettavo il treno nella stazione della cittadina dove abito, notai qualcosa in terra vicino a una delle fontanelle che ci sono sul marciapiede. Era il corpo rattrappito di un uccellino. Convinta di raccogliere un cadavere nell'intento di deporlo fra l'erba di uno spiazzo vicino, in modo che non fosse calpestato o gettato sui binari, mi accorsi che la bestiola era viva. Per quanto le zampine fossero rattrappite e le ali aperte, come abbandonate, una volta sul palmo della mia mano, un occhietto si dischiuse e mi guardo'. E io restai come un'imbecille, sentendomi interpellata da quello sguardo profondo, tanto profondo per un occhio cosi' piccolo. "Non ce la faccio più. Aiutami".
Che cosa potevo fare? Non aveva ferite. Non era un passerotto; forse era una di quelle specie che devono stare in gabbia -come i canarini-, perche' la liberta' non gli garantisce il cibo e la temperatura adatti, e il loro volo e' troppo debole per fargli evitare le bocche spalancate dei gatti. L'impulso fu quello di mettermelo nella tasca della giacca, forse il calore lo avrebbe ritemprato. E se fosse soffocato? No, non potevo portarmelo dietro. Ma il treno stava per arrivare, e non potevo neppure tornare a casa, cercare una scatola adatta, farci i buchi necessari per l'aria, mettergli accanto una ciotolina d'acqua e qualche briciola di pane -seppure il pane fosse adatto, cosa che ignoravo. La mattinata era gia' avanzata e dovevo prendere quel treno. L'unica cosa che potevo era sistemarlo fra l'erba in un punto fuori mano, dove il marciapiede sta per finire, nascosto a occhi indiscreti. E lasciare alla natura di fare il suo corso. "Mi dispiace. Mi dispiace davvero. Non posso fare altro. Perdonami".
Nel tardo pomeriggio, appena scesa dal treno, andai a vedere. Nel punto dove l'avevo messo, non c'era più. Guardai attentamente tutt'intorno, ma niente. Nessuna traccia. "Forse si e' riavuto e ha ripreso il volo", suggeri' quella parte di me a cui piace tanto fare la salvatrice. La realta' non deponeva a favore di nessun epilogo particolare, fausto o infausto che fosse. Semplicemente la bestiola non era più li'. Il perche' mi era ignoto. Ecco tutto.
Ma in quei momenti in cui l'avevo tenuta nella mano, in cui avevo anche cercato di farla bere, mettendo delle gocce su un dito e accostandoglielo al becco -ma invano-, c'era stata fra di noi una comunicazione fatta di sguardo e di contatto fisico. E quella comunicazione non era stata illusoria. Era una cosa che aveva una realta' propria, come ha ogni relazione seria fra due esseri. Una realta' che apporta una modifica -sia pure piccola- alla realta' precedente. E dopo, non siamo più gli stessi di prima.

Mi e' venuto in mente questo episodio, mentre pensavo a come riprendere l'argomento dell'abuso sugli animali che, data la stagione, viene purtroppo preparato in tante manifestazioni che si fregiano -molto impropriamente- del nome di "feste".
Non potrebbe essere proprio la mancanza di relazione diretta a rendere cosi' facile la crudelta' verso gli animali -ma anche verso gli esseri umani? Perche' ho cura del "mio" cane e coccolo il "mio" gatto, e poi sono pronta a cacciare via a colpi di scopa un altro micio e invoco lo sterminio per i piccioni che "mi" hanno sporcato la macchina posteggiata sotto un albero dove hanno eletto la loro residenza? E passo incurante davanti ai manifesti che annunciano l'ennesima fiera o l'ennesimo palio in cui animali inconsapevoli e assolutamente innocenti (su questo non puo' esserci dubbio alcuno) verranno tormentati, a volte fino alla morte?
Con cio' che reputo "mio" ho una relazione diretta , una familiarita' che mi consente di osservare le caratteristiche proprie di quel soggetto e di dargli attenzione. In altre parole, c'e' uno scambio creativo, quello che consente di circoscrivere gli eventuali conflitti, trovando per essi una soluzione che non sia di danno a nessuna delle due parti. Questo tanto per gli esseri umani quanto per gli animali.

Con cio' che non e' mio, tutto questo complesso di atteggiamenti -osservazione, attenzione, relazione, scambio- si dissolve quasi per incanto. Un malefico incanto. Perche', cosa subentra al posto dell'osservazione, dell'attenzione, della relazione, dello scambio fra due soggetti, se non un massificante pre-giudizio? E' allora che i piccioni "sporcano", che i cani "aggrediscono", che i gatti "rubano". Oppure -ed e' la medesima cosa- che agnelli, polli, manzi "sono fatti" per essere mangiati, gli asini per prendere bastonate, i cavalli per correre a perdifiato. Quando poi sugli animali (ma anche sulle persone, ancora e talora nel nostro progredito mondo occidentale) non si riversano le angosce personali e collettive, e allora la bestia diventa il demonio e al demonio -si sa- non solo e' lecito, ma doveroso fare guerra e distruggerlo.

Eppure ci teniamo tanto alla nostra individualita' e originalita'.
E, allora, perche' non provare a guardare negli occhi anche un animale che non e' "mio", osservando rilassati in un giardino pubblico il corteggiamento dei piccioni, l'esitante ardire dei passerotti per venire a beccare una briciola vicino ai nostri piedi? E prestare attenzione, offrendosi magari alla relazione, muta di parole ma non di significato, con un micio o un piccolo cane che, davanti a un portone chiuso, esprime l'impazienza -forse l'ansia- di entrare in casa? Perche' non guardare negli occhi, in una campagna, un vitello, un asino o un cavallo, e, se ci sentiamo interpellati, lasciare che l'eventuale inquietudine che s'infiltra dentro di noi, faccia il suo lavoro? Perche', in una parola, non stabilire dei contatti diretti con questi altri esseri viventi e senzienti, cercando di capire in modo autonomo se e che cosa ci possono dire al di la' dei pre-giudizi che ci troviamo addosso a causa delle abitudini e delle tradizioni, o del semplice fatto che ignoriamo come stanno davvero le cose?
E allora qualcosa ci dira' anche l'asino che viene costretto, a suon di nerbate, a correre contro la sua indole, e la rana e il maialino portati in mezzo a una piazza, frastornati e disperati, per morire sotto le botte che i nostri antenati volevano dare al diavolo o alla peste o a chissa' quale altro elemento terrificante. E se la domanda che cogliamo fosse: "Che cosa ti ho fatto perche' TU mi tratti cosi'?", potrebbe capitarci di VEDERE CHE SIAMO NOI QUELL'ELEMENTO TERRIFICANTE che volevamo esorcizzare.
A una simile scoperta, e' vero, possiamo reagire con astio e diventare ancora più sordi e ciechi -e in definitiva più crudeli-; oppure possiamo chiamarci fuori dalla massa, opponendoci, nel disperato smarrimento dell'impotenza, a questo esecrabile genere umano che tutto distrugge e tutto inquina; ma possiamo anche assumerci le contraddizioni insite nella nostra condizione umana e metterle in discussione prima di tutto dentro di noi -e, se restiamo in questa tensione, sara' forse più semplice trovare gli strumenti giusti per rispondere all'appello che abbiamo colto. Quale di questi atteggiamenti ci rendera' più vivi e più ricchi? Quale ci allarghera' la mente e il cuore? Ogni individuo si assume la responsabilita' della risposta.

Possiamo far festa senza fare la festa a qualcuno? -chiedevo il 15 dicembre 2000 su queste pagine, esprimendo la speranza che così potesse essere.
Possiamo legittimamente e onestamente chiamare "festa" una manifestazione che si basa sulla sofferenza di un qualunque essere? -domando oggi. E la risposta e' un NO, senza ombra di dubbio.
Molte sono le motivazioni (psicologiche, etiche, etologiche) che depongono a favore di un superamento di questo drammatico equivoco, che non e' meno grave perche' avallato da una tradizione che molte volte, oltre tutto, passa come espressione di fede religiosa. Alcune di queste sono bene espresse in una pubblicazione che raccoglie gli atti del Convegno "Dalla colomba alla corrida. Voci per i diritti negati" organizzato a Orvieto il 20 novembre 1999 dal Coordinamento Nazionale Associazioni animaliste, che ha la segreteria presso il Movimento UNA (uomo-ambiente-animali), (e-mail: [email protected]).
Qui mi voglio soffermare sull'aspetto legale della questione, a cui nel convegno fu dedicato un breve, significativo intervento di Marzio Panichi e Danilo Borelli della Facolta' di Veterinaria dell'Universita' di Torino.
Per quanto riguarda la tutela degli animali, di cui si abusa nelle varie "feste", sagre e palii cosi' numerosi nella nostra penisola, i riferimenti utili mi pare siano tre.
In primo luogo, l'art.727 del Codice penale , modificato dalla legge 473/1993, il cui primo comma adesso recita:

"Chiunque incrudelisce verso animali senza necessita' o li sottopone a strazio o sevizie o a comportamenti e fatiche insopportabili per le loro caratteristiche, ovvero li adopera in giuochi, spettacoli o lavori insostenibili per la loro natura, valutata secondo le loro caratteristiche anche etologiche, o li detiene in condizioni incompatibili con la loro natura o abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattivita' e' punito con l'ammenda da lire due milioni a lire dieci milioni".
In secondo luogo, gli articoli 70 e 129 del Testo Unico di Pubblica Sicurezza ; il primo vieta esplicitamente ma genericamente gli spettacoli o trattenimenti pubblici "che comportino strazio o sevizie di animali", il secondo precisa che "tra i trattamenti vietati" vi sono "le corse con pungolo acuminato, i combattimenti tra animali, le corride, il lancio di anatre in acqua, l'uso di animali vivi per alberi di cuccagna o per bersaglio fisso e simili".
E infine la norma scaturita dal D.P.R.150/1979, secondo la quale la funzione "di vigilanza sulla osservanza delle leggi e dei regolamenti generali e locali, relativi alla protezione degli animali", che fino ad allora era affidata all'Ente Nazionale Protezione Animali, e' adesso "attribuita ai comuni o ai singoli associati ed alle comunita' montane". La qual cosa investe il Sindaco anche della funzione di tutore e protettore degli animali.

Senza disdegnare il ricorso alla Magistratura, quando gli appelli ai Sindaci risultino vani, e' pero' in particolare alla massima autorita' comunale che il Movimento UNA si rivolge, e invita a rivolgersi chi condivide la necessita' di eliminare la sofferenza inflitta agli animali nelle manifestazioni folkloristiche, proponendo la sostituzione degli animali vivi con "simulacri inanimati o l'organizzazione di eventi alternativi".
Il risultato di questo impegno di singoli cittadini e dell'associazione pare incoraggiante. In alcuni Comuni, quali Conselice (RA), Palazzuolo sul Senio, Pelago, Rufina, Dicomano e Incisa Valdarno (FI), Segni (Roma) sono stati sospesi i palii o le giostre che prevedevano l'abuso sugli animali, sostituendoli gia', in qualche caso, con altri tipi di attivita'. E' ancora incerto, invece, se il Comune di Firenze abbia davvero deciso di abolire la cattura dei grilli con relativo imprigionamento in anguste gabbiette, tradizione dell'Ascensione (il prossimo 27 maggio), e se il Comune e le autorita' ecclesiastiche di Orvieto abbiano finalmente capito che la discesa dello Spirito santo sugli apostoli (Pentecoste -il prossimo 3 giugno) si puo' celebrare in forma più seria (anche verso lo Spirito santo!) e pacifica rispetto a quella in uso che consiste nel legare su una ruota una colomba viva ad ali spiegate, facendola calare dall'alto, mentre scoppiano intorno alla bestiola -a 20 o 30 centimetri di distanza- numerosi, assordanti mortaretti.

Quello che mi colpisce nello stile di questo movimento, nell'organizzazione e conduzione dei convegni (ho assistito a quello su "Pensiero religioso e animali" tenutosi a Firenze il 24 febbraio 2001), nell'affermazione delle argomentazioni, cosi' come nel tenore delle lettere che esso propone di inviare alle autorita', e' l'inusitato connubio di passione, fermezza e pacatezza.
Usare strumenti consoni ai fini che si vogliono raggiungere, che, in questo caso, sono anche un più di "umanita'" e una maggiore gentilezza degli animi e dei costumi, e' gia' di per se' il segno di un cambiamento sostanziale.
Il che, nel momento che viviamo, in cui comunemente poche sono le argomentazioni e molti gli insulti, mi sembra cosa degna di nota.
Pubblicato in:
 
 
ARTICOLI IN EVIDENZA
 
ADUC - Associazione Utenti e Consumatori APS