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Acqua potabile spremuta dalla nebbia
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27 luglio 2010 13:13
 
Nella nebbia si nasconde una considerevole quantità d'acqua e spesso è un'ottima acqua potabile. Risorsa da sfruttare in particolari aree scarse di pioggia.

Leggendaria è la nebbia di Londra: anche chi non l'ha vissuta di persona, forse ne sa qualcosa dai romanzi gialli di Edgar Wallace. La nebbia di Iquique nel Nord del Cile è invece molto meno nota, eppure, per gli specialisti del settore è la mecca, rileva Otto Klemm dell'Istituto di Ecologia del territorio dell'Università di Muenster. “Una bella nebbia densa e con il vento –è l'ideale da spremere”. Così descrive le opportunità di Iquique sul Pacifico. E con il termine “spremere” o “mungere” lo studioso intende dire: raccogliere acqua. A quale scopo? Per motivi di ricerca, ma anche per ottenere l'acqua da bere e per altri usi. E' per questo che in Sudamerica e altrove vengono stese delle enormi reti.
Se ne è parlato la settimana scorsa a Muenster (D) nella quinta conferenza internazionale dedicata alla nebbia e alla rugiada. C'erano 140 esperti provenienti da 30 nazioni riuniti per la prima volta in Europa. Numerosi gli argomenti: la chimica della nebbia; la nebbia nelle città; le tendenze, la raccolta, il telerilevamento e l'incidenza sui mezzi di trasporto. A qualcuno può apparire un argomento bizzarro, ma gli studi sulla nebbia possono avere una grande utilità, soprattutto per le aree povere d'acqua oggi e per quelle che lo saranno in futuro.
“Non parliamo solo di Sudamerica o d'Africa. La Spagna, per esempio, tra 50 o 100 anni potrebbe soffrire di un'estrema penuria idrica”, dice Klemm. Già sta pensando a deviare i fiumi e a costruire grossi impianti di desalinizzazione dell'acqua marina. Ma alcune zone sono per l'appunto ricche di nebbia. “Sulle coste orientali, come a Valencia, o lungo le coste del Pacifico in Sudamerica, oppure in Africa orientale ci sono catene montuose molto vicine al mare. Sopra il mare si formano le nuvole che si spostano poi verso l'interno, e la nebbia si forma lungo le pendici montane; è lì che la si può spremere”, spiega Klemm. Certo, dal processo di condensazione non si otterranno grandi quantitativi d'acqua, né potrà essere l'unica soluzione, ma è comunque una risorsa da valorizzare. Ernst Frost, che presiede una Fondazione Acqua, spiega: “Alcuni anni fa, Enti come il nostro apparivano ridicoli. Ma ultimamente abbiamo ottenuto alcuni buoni risultati in Eritrea fornendo l'acqua a scuole e piccole fattorie. Nella stagione delle nebbie, una rete è in grado di catturare 170 litri al giorno di ottima acqua, sufficiente a soddisfare i bisogni di una famiglia numerosa”" Il difficile è convincere le persone: ci vorrebbe più informazione. In molte zone dell'Africa l'acqua potabile dei camion-cisterna costa troppo, per cui donne e bambini sono costretti a fare chilometri per rifornirsi alla fonte più vicina.
Tra l'altro, secondo Klemm, dotarsi di “reti” o “trappole” della nebbia è una spesa minima. Un serbatoio costa dieci euro e i sostegni si possono costruire con materiali reperibili in loco. Inoltre, i collettori non sono reti speciali, da produrre appositamente. “Sono tessuti formati da fibre sintetiche, come quelle che nelle regioni calde vengono usate per proteggere le autorimesse all'aperto o nei giardini”.
Nei cinque giorni di congresso, i 140 nebbiologi -tra cui chimici, geografi e meteorologi- hanno discusso di come individuare la nebbia, anche con satelliti. Si tratta di informazioni importanti, sia per le previsioni del tempo sia per il trasporto aereo e stradale. “Ma molta è ricerca di base. Dobbiamo studiare come si forma la nebbia e come si sviluppa, quanto sia inquinata e quali le reazioni chimiche che s'innescano”, conclude il professor Klemm.

(traduzione di Rosa a Marca dal quotidiano Sueddeutsche Zeitung del 23-07-2010)
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