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Adulte o embrionali? Proviamo a capire
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Articolo di Grazia Galli
26 giugno 2002 21:30
 
La piu' importante novita' della settimana e' la pubblicazione su Nature dei risultati ottenuti da due autorevoli gruppi di ricerca, utilizzando cellule staminali embrionali e cellule staminali adulte.

Il primo gruppo, guidato da Ron McKay, presso il NIH di Bethesda, e' riuscito a dimostrare che:
- dalle staminali embrionali di topo si possono ottenere grandi quantita' di cellule nervose capaci di produrre dopamina (il tipo di neuroni che degenerano nei malati di Parkinson);
- i neuroni ottenuti dalle staminali embrionali producono dopamina in quantita' stabile e, a differenza di quanto sin qui osservato utilizzando staminali fetali o adulte, non tendono con il tempo a perdere il differenziamento acquisito.
Una volta iniettati in ratti affetti da una malattia simile al Parkinson umano, i neuroni ottenuti dalle staminali embrionali acquisiscono la giusta localizzazione anatomica formano appropriate connessioni nervose e, soprattutto, rispondono in modo "fisiologico" alle stimolazioni elettriche e farmacologiche. Infine, nel periodo successivo al trapianto, i ratti trattati mostrano un significativo recupero delle funzioni compromesse dalla malattia, senza nessun segno di sviluppo di tumori.

Il secondo gruppo, guidato da Catherine Verfaille (nella foto, gentilmente messa a disposizione da Nature), studia un particolare tipo di cellule staminali presenti nel midollo osseo degli animali adulti (uomo compreso), scoperte dalla stessa Verfaille qualche tempo fa, e chiamate cellule staminali mesenchimali. I risultati ora pubblicati dimostrano che
- le staminali mesenchimali hanno una capacita' pressoche' illimitata di riprodursi in vitro, caratteristica sino ad ora riscontrata solo nelle staminali embrionali;
- se iniettata in un embrione, ogni singola cellula mesenchimale e' in grado di contribuire alla formazione di gran parte, se non addirittura di tutti, i tipi cellulari presenti nell'adulto.
Iniettate nell'animale adulto, le staminali mesenchimali contribuiscono alla rigenerazione dei tessuti caratterizzati da un rapido ricambio, senza dare origine a tumori e non si esclude che, in caso di lesione, possano partecipare alla rigenerazione del tessuto danneggiato.

In entrambi gli studi, controlli appropriati permettono di escludere il verificarsi di fenomeni di fusione o grossolani artefatti, tanto da meritare il plauso di Austin Smith, uno dei massimi esperti di staminali, che, tra l'altro, ha contribuito a individuare alcuni errori possibili in studi precedenti.

Purtroppo nonostante la notevole attenzione impiegata dagli Autori nel descrivere l'esito dei loro esperimenti e le prospettive che essi aprono, il loro fraintendimento nel dibattito etico-politico e' stato immediato. Se per alcuni il primo articolo dimostra la sempre piu' realistica possibilita' di usare le staminali embrionali per la terapia del Parkinson svelando le probabili cause di fallimento dei tentativi sin qui fatti sull'uomo, il secondo articolo e' preso dagli oppositori della clonazione terapeutica come dimostrazione che non e' piu' necessario porsi il problema di utilizzarla ne' di studiare gli embrioni umani.
A scanso di equivoci, ci sembra opportuno sottolineare alcuni punti, evidenziati per altro piu' volte dalla stessa dottoressa Verfaille, che, per chi non se ne fosse accorto ha usato anche embrioni di topo, nei suoi esperimenti. Il primo e piu' importante e' che i risultati di questi due studi raddoppiano le possibilita' di successo delle ricerche sulle terapie cellulari. Il secondo e' la conferma dell'importanza di studiare in parallelo le caratteristiche funzionali di staminali adulte ed embrionali per capire i meccanismi che regolano il cammino di una cellula nelle due direzioni, verso il differenziamento in cellula adulta o nella regressione a cellula indifferenziata. Un terzo ed importante punto riguarda l'uso della tecnica di trasferimento nucleare, la cosiddetta clonazione terapeutica. Come ha tenuto a precisare la stessa Verfaille nel corso di una conferenza stampa, cellule staminali mesenchimali sono state isolate dall'80% dei soggetti sin qui analizzati, mentre sono ancora da chiarire le cause del loro mancato reperimento nel restante 20%. E' evidente percio', che prima di poter ritenere "superato" il ricorso alla clonazione terapeutica, sara' necessario attendere non solo la conferma della reale totipotenza delle staminali mesenchimali, ma anche che alla base delle malattie degenerative che si cerca di curare non vi sia proprio una loro alterazione, numerica o funzionale. Se quest'ultima ipotesi trovasse fondamento, per almeno il 20% dei casi il trasferimento di nuclei somatici all'interno del citoplasma di ovociti o di cellule mesenchimali, rimarrebbe l'unica possibilta' per ottenere cellule compatibili da trapiantare. Per avere risposte a questi interrogativi occorre concedere tempo e tranquillita' ai ricercatori.
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