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Assunzione di clandestini. La responsabilita' penale del datore di lavoro
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Articolo di Emmanuela Bertucci
18 ottobre 2011 15:32
 
A seguito di una recente sentenza della Corte di Cassazione penale, molti datori di lavoro -o potenziali tali- di cittadini stranieri extracomunitari hanno scritto e telefonato al servizio immigrazione di Aduc chiedendo spiegazioni sul “senso” della sentenza. La Corte di Cassazione, Sez. I penale, con la sentenza n. 32934 del 31 agosto 2011 ha affermato la responsabilita' penale del datore di lavoro che abbia in buonafede assunto un straniero clandestino ritenendolo invece regolare. Secondo la Corte il datore di lavoro non puo' limitarsi a “fidarsi” delle rassicurazioni dello straniero, ma deve personalmente verificare il regolare possesso del permesso di soggiorno: “quanto all'elemento soggettivo del reato, all'epoca di natura contravvenzionale, come l'imputato non potesse fondatamente invocare la sua buona fede, visto che egli si era «fidato di assicurazioni verbali dei due soggetti assunti senza pretendere l'esibizione del prescritto permesso di soggiorno», con ciò implicitamente uniformandosi, per altro, all'insegnamento di questa Corte (Sez. 1, Sentenza n. 37409 del 25/10/2006, dep. il 13/11/2006, Rv. 235083, imp. Grimaldi), secondo cui «la responsabilità del datore di lavoro che assume alle proprie dipendenze uno straniero privo del permesso di soggiorno non è esclusa dalla buona fede invocata per aver preso visione della richiesta di permesso di soggiorno avanzata dallo straniero»; eventualità questa, per altro, neppure mai evocata dal XXXXX/XXXXX ritenuto colpevole non già in forza di presunzioni ma a ragione della circostanza in fatto, assolutamente pacifica, che l'imputato non aveva effettuato alcuna verifica in merito alle interessate dichiarazioni dei lavoratori relativamente alla regolarità della loro permanenza nel territorio dello Stato”.
Questa sentenza ha ingenerato notevole confusione. Occorre innanzi tutto chiarire che la pronuncia della Corte Suprema si riferisce ad una vicenda del 2006, e che nel frattempo la legge e' stata modificata. Prima del 2008, infatti, l'art. 22 del Testo unico in materia di immigrazione (d.lgs. 286/98) puniva con l'arresto da tre mesi a un anno e con sanzione pecuniaria il datore di lavoro che occupava alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno previsto dal presente articolo, ovvero il cui permesso fosse scaduto, revocato o annullato.
Il pacchetto sicurezza del 2008 (D.L. 23 maggio 2008, n. 92) ha modificato la norma (art. 22 comma 12, d.lgs. 286/98): “Il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno previsto dal presente articolo, ovvero il cui permesso sia scaduto e del quale non sia stato chiesto, nei termini di legge, il rinnovo, revocato o annullato, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa di 5.000 euro per ogni lavoratore impiegato”.
Le pene vengono inasprite e la fattispecie di reato viene trasformata da contravvenzione a delitto. Di conseguenza, il fatto è ora punito solamente se commesso con dolo, non essendo nulla di diverso espressamente preveduto dalla norma incriminatrice. Cio' era gia' stato affermato da altra sentenza di Cassazione (n. 9882 del 2011): “L'intervento normativo del 2008 ha reso per conseguenza penalmente irrilevante la responsabilità colposa, risolvendosi, per tale ipotesi, in una abolizione parziale della fattispecie previgente. […] Ai sensi dell'art. 2 c.p., comma 2, anche le condotte pregresse, di impiego di stranieri privi del permesso di soggiorno valevole a fini lavorativi, possono dunque essere tuttora punite solamente se dolose”
Pene piu' gravi dunque, ma solo se il fatto e' commesso con dolo, cioe' se il datore di lavoro era consapevole e cosciente della clandestinita' del lavoratore: “Deve concludersi che l'errore, ancorchè colposo, del datore di lavoro sul possesso di regolare permesso di soggiorno da parte dello straniero impiegato, cadendo su elemento normativo integrante la fattispecie comporta l'esclusione della responsabilità penale”. (Cass. Pen. Sez. I, sent. n. 9882 del 2011)
Nessun dubbio quindi per il futuro: il datore di lavoro commette reato solo se agisce con dolo, mentre non sara' punibile il datore di lavoro che abbia assunto lo straniero extracomunitario irregolare per negligenza, imperizia, imprudenza: l'omissione di verificare il permesso di soggiorno dei lavoratori non e' piu' reato.
Piu' difficoltosa invece - e queste due sentenze parzialmente discordanti, entrambe emesse dalla stessa sezione della Corte di Cassazione, ne sono la riprova – la disciplina applicabile a chi ha assunto stranieri extracomunitari clandestini prima dell'entrata in vigore del pacchetto sicurezza del 2008 (fino al 23 maggio 2008). Le due sentenze discordano poiche' nella prima – emessa nel marzo del 2011 – si ritiene che alla parziale abolizione del reato debba conseguire l'assoluzione anche per chi, prima del 2008, avesse in buona fede omesso di verificare la presenza del permesso di soggiorno; mentre la seconda sentenza, dell'agosto del 2011, non tiene conto della sopravvenienza di una modifica normativa favorevole al reo, cosi' violando ad avviso di chi scrive, l'art. 2, comma 2 c.p. secondo il quale nessuno puo' essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato.
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