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Australia. Specialisti divisi sull'eutanasia
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Articolo di Julia Medew
23 aprile 2008 0:00
 
Anestesisti, ostetrici e ginecologi hanno maggiori probabilita' di praticare l'eutanasia su malati terminali con meno di tre mesi di vita rispetto ad altri specialisti, secondo uno studio.

Questi medici sono i piu' forti sostenitori della sedazione dei pazienti nelle loro ultime settimane e mesi di vita, rispetto agli specialisti che lavorano regolarmente con cure palliative, come gli oncologi e i geriatri.
I ricercatori della University of Queensland hanno intervistato piu' di 1400 medici australiani sul trattamento dei pazienti malati terminali nelle diverse circostanze.

Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica The Medical Journal of Australia questa settimana, ha rilevato che il 25% dei 169 anestesisti intervistati e' disposto ad aiutare un paziente a suicidarsi se gli rimanessero due settimane per vivere e dolore difficile da lenire. All'interno dello stesso gruppo, il 22% ha detto che praticherebbe l'eutanasia su un paziente con tre mesi di vita e con dolori controllabili in modo adeguato, ma esausto, con difficolta' respiratorie e bloccato a letto.

Il secondo gruppo piu' prone ad assistere al suicidio nella stessa situazione e' composto da ostetrici e ginecologi, con il 21% dei 126 intervistati che aiuterebbe un paziente con due settimane di vita a suicidarsi. Per un paziente con tre mesi di vita, il 20% degli intervistati ha dichiarato di essere disposto ad aiutarlo ugualmente.

Al contrario, solo l'1% dei 121 oncologi intervistati ha detto che non assisterebbe in nessuno degli scenari suggeriti. Allo stesso modo, solo l’ 1-2% dei 120 dei geriatri intervistati ha detto che assisterebbe un paziente a togliersi la vita in entrambi i casi.

Il professore associato di Etica Medica presso l'Universita' del Queensland e autore dello studio, Malcolm Parker, ha detto che, mentre egli non e' in grado di spiegare il supporto per l'eutanasia e la sedazione tra alcuni specialisti, gli operatori delle cure palliative sono generalmente piu' religiosi e quindi hanno minori probabilita' di assistere al suicidio.
"Le loro opinioni sono piu' pesantemente basate su opinioni religiose secondo cui e' immorale aiutare qualcuno a morire e che unirsi alla morte di qualcuno e' inaccettabile."

Lo studio ha anche rilevato che quasi il 4% dei medici intervistati utilizzano droghe per accelerare la morte di un paziente senza il suo consenso, se lo stesso ha meno di tre mesi di vita ed e' esausto, con difficolta' respiratorie e immobilizzato a letto. Tale prassi e' e deve rimanere illegittima in Australia, in quanto il consenso del paziente dovrebbe essere rispettato in medicina, ha commentato Parker.

Tratto dal quotidiano The Age
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