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Bolivia. Le controproducenti "gaffe" dell'ambasciatore Usa
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Articolo di Donatella Poretti
28 giugno 2002 19:04
 
"Vorrei ricordare all'elettorato boliviano che, se eleggeranno quelli che vogliono che la Bolivia torni ad essere un importante Paese esportatore di cocaina, questo risultato mettera' a rischio, per il futuro, gli aiuti degli Stati Uniti".
Queste parole pronunciate a tre giorni dalle elezioni dall'ambasciatore statunitense, Manuel Rocha, hanno aperto un dibattito le cui conseguenze non sono ancora del tutto prevedibili.
Domenica si vota. Al quarto posto nei sondaggi, con il 12% delle preferenze, c'e' Evo Morales Ayma, leader dei cocaleros del Dipartimento del Chapare, indigeno aimara, 42 anni, candidato per il Movimiento al Socialismo (Mas), ed e' lui l'obbiettivo delle affermazioni dell'ambasciatore.
"Come tutti voi sapete, come sa il Governo della Bolivia e come sa il Governo degli Stati Uniti, tutta la coca del Chapare e' destinata al narcotraffico", con queste parole l'ambasciatore ha precisato il suo pensiero, aggiungendo quindi: "chiunque uscira' vincente da questa campagna elettorale portera' la Bolivia verso nuovi sentieri, che possono essere positivi o negativi". "Boliviani e boliviane, aprite gli occhi perche' il futuro dei vostri figli e delle vostre famiglie e' nelle vostre mani", ha concluso l'ambasciatore.
La ridda che si e' scatenata in seguito, e che era abbastanza prevedibile, e' stata incentrata sulla sovranita' del Paese andino di votare liberamente, senza seguire suggerimenti, o velate minacce, di chicchessia. Lo stesso presidente boliviano, Jorge Quiroga, che restera' in carica fino ad agosto, presente al discorso dell'ambasciatore, ha subito precisato: "noi boliviani eleggeremo liberamente e sovranamente i nostri rappresentanti".
"Loro (gli statunitensi) non possono invadere la sovranita' di un popolo", ha detto Manfred Reyes Villa, un capitano dell'Esercito ritirato e candidato della populista Nueva Fuerza Republicana, in testa ai sondaggi e stimato tra il 23 e il 21% delle preferenze. "Nessuno puo' decidere per chi possiamo votare e, tutte le pressioni, o le minacce, per influenzare il voto sono intollerabili", ha dichiarato l'ex presidente Gonzalo Sánchez de Lozada, del Movimiento Nacionalista Revolucionario, al secondo posto nei sondaggi con il 17-19%. Hugo Carvajal, senatore e dirigente del Movimiento de Izquierda Revolucionaria, terzo nei sondaggi, ha, a sua volta, fatto presente che le dichiarazioni, come quelle dell'ambasciatore Rocha "rafforzeranno il voto per chi e' contrario al sistema, e allo stesso Mas" di Morales.
Morales, dal canto suo, ha ringraziato: "queste dichiarazioni non ci spaventano, ma ci rafforzano". E in effetti, tutti gli analisti sembrano concordare sul fatto che l'incidente diplomatico non fara' altro che portare acqua al mulino di Morales, ovvero voti. Voti non solo degli indigeni, che anche se rappresentano il 60% della popolazione non hanno mai contato piu' di tanto elettoralmente, voti non solo dei cocaleros del Chapare, ma anche i voti dei contrari alle politiche "neoliberali" adottate dalla Bolivia, voti dei "globofobici", come vengono chiamati in America Latina i nostrani "no global", voti contro l'imperialismo degli Usa, che si sarebbero sicuramente dispersi tra i diversi candidati della sinistra boliviana. Si potrebbe dire un bel colpo di fortuna per il nostro candidato, che gia' grazie all'espulsione dal Parlamento avvenuta qualche mese fa, ha guadagnato popolarita' e prestigio come quello che si batte contro i poteri forti e l'ingiustizia. Rispetto al 1997 ha gia' quadruplicato le preferenze, e chissa' appunto che questa mossa dell'ambasciatore Usa, da quarto non lo faccia salire ancora.
Un campesinos indigeno boliviano contro l'ambasciatore della prima potenza mondiale. Sembra una favola. Certo e' che le conseguenze di un rafforzamento di questi partiti non saranno indolori. E i numeri avranno la loro importanza. Vicino a Morales, anche se in corsa solitaria, c'e' un altro simbolo dei campesinos, Felipe Quispe, leader del sindacato dei campesinos, candidato con il Movimiento Indio Pachacuti (Mip), al momento stimato al 4% delle preferenze. Quispe e Morales hanno collaborato negli anni 2000 e 2001 realizzando i blocchi stradali che si sono estesi per tutto il Paese per impedire l'eradicazione delle coltivazioni di foglia di coca del Chapare. Le proteste per il "cato di coca" (la richiesta di coltivare un terzo di ettaro per famiglia) e contro il Decreto Supremo che vietava la commercializzazione della foglia di coca, sono arrivate a gennaio agli scontri di Sacaba, 14 chilometri da Cochabamba, Chapare, e hanno lasciato sul campo sette morti, tra cocaleros e militari.
I due movimenti, di Quispe e Morales, si trasformeranno non solo in opposizione parlamentare, ma anche sociale, per l'analista politico Carlos Toranzo: "entrambi fanno un discorso fortemente etnico, di esclusione sociale. Il Mas, in piu', si e' anche aperto alle classi medie radicalizzate. I punti forte sono: l'anti globalizzazione, l'anti imperialismo e l'anti modello liberale". Morales ha gia' avvertito che se sara' eletto presidente, il primo atto sara' quello di buttare fuori dal Paese la Dea, l'agenzia antidroga statunitense, e poi di ripensare tutta la politica della vendita del gas agli americani.
L'ambasciatore Manuel Rocha "fino ad ora si e' comportato come il migliore dei capi della nostra campagna elettorale", ha ironizzato Morales. Sul perche' l'ambasciata Usa abbia compiuto l'insano gesto, anche noi, non riusciamo a trovare risposta.
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