Il Governo boliviano e i cocaleros del Chapare si sono rivolti separatamente alla Chiesa Cattolica perche' si faccia promotrice di un incontro per negoziare la soluzione alla difficile situazione che si e' creata. Dopo l'intervento dei vescovi di ieri, l'occasione e' stata presa al volo.
II presidente boliviano Jorge Quiroga ha scritto al cardinale Julio Terrazas, presidente della Conferenza Episcopale Boliviana: "nel pieno rispetto della legge, il Governo ha deciso di convocare tutte le istituzioni rappresentative del Tropico di Cochabamba, per un dialogo pubblico e ampio sulle iniziative da portare avanti per uno sviluppo complessivo di questa regione del Paese". Quiroga ha quindi chiesto aiuto al cardinale, perche' si faccia da intermediario con le parti in causa affinche' "tutti prendano parte a questo processo il cui unico proposito e' assicurare un futuro dignitoso e prosperoso" alla regione.
Contemporaneamente il leader dei cocaleros, il deputato Evo Morales, ha detto: "attendo di essere chiamato dalla Chiesa Cattolica, siamo disponibili ad iniziare il dialogo il prima possibile, e senza condizioni". Il cardinale Terrazas aveva infatti sottolineato "la necessita' di superare il nervosismo per evitare di precipitare in una catastrofe".
La situazione rimane tesa. Tra la volonta' del Governo di distruggere le piantagioni di coca in esubero, e la richiesta dei cocaleros di poter coltivare un cato di coca (un terzo di ettaro), si sono aggiunte una serie di denunce di abusi militari e una settimana di scontri e di violenze.
Ieri sono venute le prime ammissioni sulla Forza Operativa Speciale attiva nel Chapare dalle autorita' militari, che hanno riconosciuto l'esistenza di questo corpo militare composto da 500 riservisti con uno stipendio mensile di 600 bolivianos (circa 200 mila lire). L'onere finanziario e' coperto da una agenzia di cooperazione e di lotta alla droga, in sigla Nas, che dipende dagli Usa. Il comandante dell'Esercito, Juan Hurtado, ha confermato che il ruolo di questa Forza Operativa Speciale e' quello di tenere libere le strade del Chapare dagli assalti dei cocaleros, ammettendo anche che "e' vero che essi esercitano violenza, ma e' una violenza ben amministrata".
Dagli uffici del Difensore del Popolo replicano che non esistendo alcun criterio per cui possano esistere tali organizzazioni all'interno delle Forze Armate, non possono essere considerati altro che "sicari".
Per Oscar Guilarte, ministro della Difesa, in situazioni di estrema gravita' i riservisti possono essere richiamati nell'esercito, percio' non si deve continuare a chiamarli paramilitari, perche' non lo sono. Dal 1929 e' la prima volta che in Bolivia vengono richiamati i riservisti, Guilarte ha assicurato che sono stati selezionati per convocazione e avranno anche il compito di distruggere le piantagioni di coca, cosi' come di garantire la sicurezza a chi e' destinato a questo tipo di operazioni.
Il presidente boliviano Jorge Quiroga ieri, in occasione dei festeggiamenti del 191mo anniversario dell'Esercito ha ribadito la sua volonta' di non retrocedere nella lotta contro il narcotraffico "la volonta' di distruggerlo non e' negoziabile". Quiroga ha sottolineato il sacrificio fatto dai boliviani per cambiare irreversibilmente la societa'; la coltivazione di coca in eccedenza fa gioco al narcotraffico, che cerca di indebolire l'economia boliviana con azioni violente e di guerriglia. Secondo Quiroga la volonta' di sconfiggere il narcotraffico e' collegata alla decisione di modernizzare le istituzioni, migliorare l'amministrazione della Giustizia, lottare contro la poverta' in modo da creare nuove opportunita' economiche e produttive per il Paese. "Stiamo lavorando con impegno per avere una Bolivia piu' giusta e egualitaria, piu' dignitosa e solidale, con fede nel futuro".