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Bolivia. La guerra santa dei cocaleros. Terzo giorno di battaglia
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Articolo di Donatella Poretti
18 gennaio 2002 18:37
 

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"Guerra santa" e' la definizione che gli stessi cocaleros hanno dato agli scontri di questi giorni a Sacaba, solo 14 chilometri da Cochabamba, Chapare. Il terzo giorno di battaglia ha lasciato sul campo altri morti, questa volta e' toccato a due militari e un cocaleros, mentre i feriti non si contano.
"Guerra santa", "coca, o muerte!" e "cato di coca" sono le parole d'ordine dei produttori di foglia di coca di fronte al divieto di coltivare la pianta, che fino ad oggi gli aveva dato il pane per vivere. I contadini si sono visti le forze di polizia e i militari, che anche nei giorni di Natale proseguivano nell'operazione di distruzione delle loro piantagioni di coca.
Da settembre erano riprese le eradicazioni delle piantagioni illegali con piu' forza. Il Governo di Jorge Quiroga vuole arrivare alla fine del suo mandato (agosto 2002) con un successo evidente, la realizzazione del piano "coca zero" lanciato dal suo predecessore Hugo Banzer. E da settembre i cocaleros, contadini e coltivatori di coca organizzati in una specie di sindacato, si sono dati da fare prima con i blocchi stradali, la Cochabamba-La Paz, arteria commerciale boliviana. Il leader, il deputato Evo Morales, preannuncia l'organizzazione di un partito per la difesa della coca che si presentera' alle elezioni. Incontri con il Governo, tregue, mediazioni della Chiesa non hanno portato a null'altro che all'acuirsi degli scontri di Sacaba.
I mercati legali della coca sono stati definitivamente chiusi nella regione del Chapare, solo il dipartimento dello Yungas ha la facolta' di proseguire nella coltivazione di circa 10 mila ettari e nella vendita della coca. Tranne che per questa "eccezione", ora in Bolivia la coca e' illegale e il divieto vale per la coltivazione, il trasporto e la vendita. A questo punto i cocaleros non hanno altri compratori che i narcotrafficanti.
Le posizioni non possono trovare un punto di accordo se almeno una della due parti non cede su qualcosa.
Il Governo vuol far uscire il Paese dal circuito coca-cocaina e dal narcotraffico, vuole sostituire le coltivazioni illegali con quelle legali. I prodotti alternativi devono rimpiazzare la foglia di coca, per far questo il Governo ha predisposto il Plan Dignitad, un piano di sviluppo "integrale". I coltivatori di coca del dipartimento del Chapare (che solo cinque anni fa registrava ufficialmente 33 mila ettari di piantagioni di coca, mentre oggi le stime oscillano tra i 600 ettari ufficiali e i 1.700 ufficiosi), si ribellano alla fine della loro occupazione. Molti non si fidano delle promesse governative, vedono solo distruggere l'unico loro sostentamento di vita; per la sostituzione con altre coltivazioni di cui non sa nulla. Quale mercato e quale rendita potranno avere, rimane per loro un'incognita pericolosa. Ecco allora la proposta che i cocaleros fanno al Governo, il cato di coca, cioe' lasciateci per sicurezza coltivare almeno un terzo di ettaro di coca a famiglia.
La proposta e' "indecente", o quantomeno inaccettabile per uno Stato che ha deciso di farla finita con la produzione di coca, che non rientri nella quantita' stabilita come legale. Questo almeno i leader del movimento dei cocaleros dovrebbero saperlo, e allora e' inspiegabile perche' non vengano da loro altre richieste da proporre al Governo.
Le forze in campo al momento non sono neanche confrontabili. I cocaleros che in questi giorni stanno combattendo per la riapertura del mercato della coca sono circa tremila, armati di pietre, dinamite, bombe a mano e qualche fucile, ma nulla di paragonabile con la forza dell'esercito. Il rischio che vengano strumentalizzati, armati e supportati da personaggi con pochi scrupoli, per favorire gli interessi del narcotraffico e' molto alto, se non gia' in atto.
Paulovich, un commentatore del quotidiano boliviano "La Razon" oggi ha scritto un articolo dopo essere andato a Sacaba, invitato dai cocaleros per essere "testimone dell'inizio della guerra santa". Paulovich ha assistito ai primi scontri, ha cercato di convincere le forze dell'ordine che i cocaleros erano disarmati, ma un poliziotto in tutta risposta gli ha detto: "i cocaleros sono armati fino ai denti". "Le sue parole mi hanno ricordato la Colombia, dove la guerra delle Farc e' cominciata cosi', con gli stessi ingredienti di sinistra e di cocaina" e' la triste riflessione del commentatore.

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