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Bolivia. Mobilitazione dei cocaleros e violenza
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Articolo di a cura di Donatella Poretti
22 gennaio 2003 17:55
 
La situazione che si e' determinata con i blocchi stradali nel dipartimento del Chapare, iniziati lunedi' scorso grazie alla mobilitazione dei cocaleros, si sta aggravando sia da un punto di vista di morti e feriti -sono infatti oramai 8 i morti- che da un punto di vista di una soluzione politica. I danni economici, inoltre, vengono stimati intorno ai 6 milioni di Usd al giorno.
Riportiamo un ampio stralcio dell'editoriale del quotidiano boliviano "Los Tiempos" del 22 gennaio.

LA VIOLENZA CHE S'INCUBA
Evo Morales e il presidente colombiano condividono una visione allarmante del futuro prossimo dell'America Latina. Il primo, prevede una "vietnamizzazione" del continente; il secondo, Álvaro Uribe, un'offensiva "narcoguerrigliera". Esagerano o mostrano solo quello che gli altri si negano a vedere?

Una delle caratteristiche dell'offensiva scatenata dai dirigenti dei produttori di coca del Chapare e del loro braccio politico, il Mas (Movimiento al Socialismo, ndr), e' quella che non sembra rispondere a nessuna logica, neppure a quella dei suoi "teorici" piu' radicali, quelli che, lungo la loro vita politica, hanno portato i propri seguaci ad una sconfitta dietro l'altra.
A prima vista, nulla di quello che fa il Mas ha molto di sensato. Ha deciso di rompere il dialogo con il Governo quando questo si era dichiarato disponibile a fare una serie di concessioni che in altri momenti sarebbero state viste come un trionfo storico dei cocaleros. Ha convocato tutti a "bloccare tutte le strade del Paese". (segue una lista di appoggi che sarebbero dovuti scattare alle manifestazioni dei cocaleros, che non si sono realizzati, dal Movimiento dei Sin Tierra, ai maestri, ai sindacati, ndr).
Di fronte a tante avverse circostanze, la cosa piu' logica da farsi, dal punto di vista di qualsiasi stratega politico, sarebbe dovuta essere quella di indirizzare il conflitto verso una soluzione onorevole, per evitare quello che potrebbe invece avere l'aspetto di una sconfitta. Invece no; hanno scelto di radicalizzare le loro richieste, e scordandosi della piattaforma iniziale, spostare la lotta verso un altro piano, un'altra tappa, chiedendo niente meno che la rinuncia del Presidente della Repubblica. Perche'?
Ci sono due spiegazioni possibili. Una, che gli ideologi del Mas, quelli che tirano le fila e scrivono i testi di Evo Morales, non sanno quello che fanno (.) e si stanno facendo trascinare dalle loro allucinazioni politiche.
Una seconda spiegazione possibile e' quella diametralmente opposta. Cioe', i consiglieri di Evo Morales sano molto bene quello che stanno facendo, perche' lo fanno e quando lo fanno, anche se non sembrerebbe.
Alcuni indizi in questa direzione li offre continuamente lo stesso Evo Morales. Bisogna ricordare, per esempio, che alla vigilia dell'attuale "offensiva contro il modello", nello spiegare i propositi, aveva affermato era giunto il momento di mettere in marcia una mobilitazione continentale per sostenere Hugo Chávez. In quei stessi giorni, in una intervista ampiamente diffusa nei circoli "anti-neoliberali e anti-globalizzazione" di tutto il mondo, annuncio' che si stava avvicinando l'ora della "liberazione" dell'America Latina e che il nostro continente si stava incamminando a riprodurre l'eroica esperienza del Vietnam.
Non meno significative, sono le dichiarazioni che e' solito fare il leader dei cocaleros in merito alla necessita' di mettere in piedi un "esercito popolare", di "recuperare la sovranita' nel tropico cochabambino", tra le altre dello stesso tono.
Altra pista sullo stesso tema l'ha offerta una settimana fa il presidente colombiano Álvaro Uribe, durante l'insediamento del presidente ecuatoriano. In questa occasione, Uribe aveva evidenziato il grave errore che stiamo commettendo nel sottostimare la possibilita' che la funesta alleanza tra narcotrafficanti e organizzazioni della sinistra estremista, come le Farc, si allarghi e si riproduca nella nostra regione davanti allo sguardo innocente, passivo e negligente dei popoli e dei loro Governi.
E' probabile che ancora debba passare un po' di tempo prima di sapere se Evo Morales, da una parte, e Álvaro Uribe, dall'altra, esagerano o no. Nel frattempo, non e' il caso di fingere di non vedere alcuni fatti che sembrano qualcosa di piu' che una casualita'. Uno di questi e' l'immediatezza con cui i dirigenti piu' estremisti del movimento campesino e della sinistra ecuatoriana hanno cominciato la loro offensiva per forzare la rinuncia del neopresidente, sostenendo che aveva tradito le loro aspettative, solo una settimana dopo il suo insediamento.
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