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CLIAPI 2: chi come e perché dovrebbe investire nell’Intelligenza Artificiale?
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Articolo di Alessandro Pedone
7 febbraio 2023 14:37
 
 Questo secondo articolo della serie “Capire L’Intelligenza Artificiale per Investirci” (CLIAPI) affronta argomenti più legati alla finanza personale che non all’intelligenza artificiale. 
L’articolo precedente ha suscitato molte reazioni. La maggior parte di queste sono state messaggi privati (ringrazio tutti coloro che mi hanno contattato ed invito sempre a farlo, in particolare sul mio profilo LinkedIn). 
Alcuni di questi messaggi sono di persone che desiderano seguire gli articoli perché si propongono di investire nell’intelligenza artificiale per ragioni o con modalità che reputo molto pericolose. Per questa ragione, con questo articolo, desidero chiarire, secondo il mio punto di vista, chi dovrebbe pensare ad investire nell’intelligenza artificiale, come e - soprattutto - perchè?

Chi dovrebbe investire nell’intelligenza artificiale? 
In primo luogo, prima di investire in generale, è necessario aver messo ordine nel proprio rapporto con il denaro. Questo significa aver acquisito l’abitudine di fare i conti sulle proprie entrate ed uscite e - se si è in una fase della vita nella quale si accumula denaro - aver acquisito la capacità di avere un tasso di risparmio accettabile, almeno nell’ordine del 10%. 
Infine è necessario avere un fondo di emergenza che copra una cifra compresa tra i 6 mesi ed i 24 mesi delle proprie spese ordinarie in base all’incertezza collegata al percepimento del reddito. 
Fatto questo, la parte decisamente maggioritaria del portafoglio finanziario dovrebbe essere investita nel complesso dei mercati finanziari, cioè con un portafoglio ampiamente diversificato che si può ottenere con ETF. Il bilanciamento tra obbligazionario e azionario sarà scelto in funzione della propria capacità oggettiva e tolleranza psicologica alle oscillazioni finanziarie.

Un lettore, a seguito della lettura del precedente articolo, mi ha scritto che non ha mai investito prima nei mercati finanziari e pensa che il tema dell’intelligenza artificiale sia l’occasione buona per iniziare. Gli ho risposto che considero questa sua scelta pericolosa e che lo sconsiglio caldamente di investire nell’intelligenza artificiale. Dal mio punto di vista investire in temi specifici (come l’intelligenza artificiale, ma vale anche per altri temi come la robotica, la genetica, ecc.) è qualcosa di adatto ad investitori che hanno già una certa esperienza delle oscillazioni dei mercati finanziari. Più specifici sono gli investimenti e più rischiosi sono. Poiché sono più rischiosi è necessaria molta più consapevolezza finanziaria. 
In sintesi, mi sento di consigliare l’investimento nel settore dell’intelligenza artificiale solo ad investitori esperti e consapevoli. Chi non sente di avere una buona esperienza in materia dovrebbe investire solo in ETF ampiamente diversificati oppure farsi seguire da un consulente finanziario indipendente che abbia specifiche competenze nel settore. 

Quali strumenti scegliere: fondi o azioni?
Compreso che l’investimento in questo settore, specialmente se fatto in autonomia, è qualcosa che può riguardare un numero molto ristretto di investitori, come per ogni decisione d’investimento, la scelta abbraccia tre aspetti: 1) Dove investiamo (gli strumenti), 2) Come investiamo (la strategia) e perché investiamo (il progetto d’investimento).
In questo paragrafo farò qualche accenno ai primi due punti. Naturalmente non è possibile essere esaustivi, ma desidero focalizzarmi su un concetto di cui si può leggere molto poco in rete e che credo possa essere abbastanza controverso, ovvero: non sempre diversificare porta vantaggi. Naturalmente sono ben favorevole a scambiare opinioni in merito, anche con colleghi che non fossero d’accordo, su LinkedIn al post che presenta questo articolo. 
Come per tutti gli investimenti finanziari, si può scegliere di investire direttamente negli strumenti - in questo caso singole azioni di aziende che operano nel campo dell’intelligenza artificiale - oppure attraverso un fondo che può essere a gestione attiva o indicizzata. 
Qui bisogna essere molto chiari. Chi mi legge da anni sa bene come la penso. L’investimento in singole azioni è fuori dalla portata della quasi totalità degli investitori. 
Scegliere un’azienda nella quale investire è qualcosa che richiede una conoscenza di una quantità molto alta di argomenti diversi (non solo specificamente finanziari) abbinata ad una esperienza notevole per gestire tutta la parte emotiva/psicologica che è determinante. Il 2022 dovrebbe aver insegnato quanto una singola azione possa essere volatile. Investire in singole azioni richiede accettare l’idea che il 100% di quanto investito possa essere perso.
Quindi, a meno che non si abbia una esperienza assolutamente fuori dal comune o non si sia seguiti da consulenti particolarmente esperti, l’investimento in singole azioni è fortemente sconsigliato. 
All’investitore comune, quindi, non resta che affidarsi ad un fondo a gestione indicizzata o attiva. I fondi comuni tematici a gestione attiva, in generale, non sono una buona scelta. Mi ricordo molto bene i fondi dedicati ad Internet usciti nel 1999/2000. Hanno fatto tutti una pessima fine. I temi d’investimento, per l’industria del risparmio gestito, sono una moda da cavalcare. Passata la moda, i fondi vengono inglobati da altri fondi. Gli investimenti tematici richiedono competenze molto specifiche che vanno ben oltre quelle classiche di un gestore finanziario. 
L’alternativa ai fondi a gestione attiva sono gli ETF (fondi a gestione indicizzata). Si tratta di un’alternativa accettabile a patto di essere pienamente consapevoli che solo una parte dell’investimento andrà realmente in aziende che si occupano prevalentemente di intelligenza artificiale e quindi è necessario avere almeno la capacità di scegliere l’indice che l’ETF indicizza. 
Molti investitori si limitano al nome del fondo o dell’ETF e danno per scontato che se il nome cita l’intelligenza artificiale significa che il prodotto investirà nell’intelligenza artificiale. 
Purtroppo non è così. Prendiamo l’ETF “AMUNDI STOXX GLOBAL ARTIFICIAL INTELLIGENCE” con ISIN LU1861132840. I primi 10 titoli nei quali investe il fondo, che impiegano oltre la metà del totale delle risorse del fondo, secondo le dichiarazioni riportate nel sito di Amundi nel momento in cui scrivo (1), sono:
  1. MAXAR TECHNOLOGIES INC - 0,64 % - Industriali
  2. ALIGN TECHNOLOGY - 0,55 % - Sanità
  3. META PLATFORMS - USD- 0,49 % -Servizi di comunicazione
  4. SPOTIFY TECHNOLOGY - 0,48 % - Servizi di comunicazione
  5. RAPID7 INC - 0,47 % - Information Technology
  6. SUMO LOGIC INC - 0,46 % - Information Technology
  7. TELECOM ITALIA SPA - 0,44 %- Servizi di comunicazione
  8. WARNER BROS DISCOVERY  - 0,44 % - Servizi di comunicazione
  9. LIVEPERSON INC -0,44 % - Information Technology
  10. ADIDAS AG - 0,43 % - Beni voluttuari

Di intelligenza artificiale in questa lista si possono salvare un paio di titoli, con tanta fatica si può arrivare a quattro.  Almeno sei titoli non hanno alcuna ragione di essere inseriti in un fondo sull’intelligenza artificiale. Chi ha costruito l’indice di questo ETF (gli svizzeri della STOXX LTD) ha fatto il “capolavoro” di inserire General Motors e Volkswagen ignorando Tesla, l’unica società produttrice di auto che già oggi ha un fatturato su prodotti d’intelligenza artificiale, prodotti che saranno l’asse portante dei ricavi nei prossimi anni, per almeno tutto il decennio. 
Tra l’altro, la composizione così assurda dell’indice gli ha consentito di avere performance migliori rispetto agli altri fondi nel 2022, quando le aziende a grandi tassi di crescita sono state massacrate dai mercati, e ciò potrebbe farlo preferire agli occhi di un investitore poco consapevole (e magari qualche professionista un po’ frettoloso).

Se allarghiamo l’orizzonte a quattro anni (quando cioè hanno iniziato ad uscire i primi prodotti d’investimento dedicati a questo tema) vediamo che lo scenario è diverso.  L’ETF che ha una composizione dell’indice un po’ più esposta ad aziende che veramente sono nel settore (WisdomTree Artificial Intelligence, ISIN IE00BDVPNG13) ha rendimenti migliori.

E’ da sottolineare, fra l’altro, come i due fondi a gestione attiva (Allianz e DWS), nonostante si confrontino con ETF che hanno indici quantomeno discutibili, non riescano a produrre valore aggiunto. 
Ci sarebbe da aprire un discorso molto ampio sulle ragioni per le quali i gestori - mediamente - non riescono a fare un lavoro decente neppure in campi nei quali, teoricamente, sarebbe molto più facile fare meglio dell’indice. E’ un dibattito che farei volentieri con qualche gestore o collega magari su LinkedIn, invito chi volesse ad inserire un commento al post che presenta questo articolo.

Un modo sicuramente più efficiente per investire nell’intelligenza artificiale è quello di conoscere le aziende che realmente, attraverso essa, trasformeranno il mondo. 
Fra le cosiddette “megacap” cioè le aziende che hanno una enorme capitalizzazione di mercato, quelle che hanno una posizione di vantaggio nel settore dell’intelligenza artificiale sono quattro: Microsoft, Nvidia, Alphabet (cioè Google) e Tesla. Tra le aziende che possono diventare delle prossime “megacap”, grazie anche all’intelligenza artificiale, quella decisamente più importante è un’azienda particolarmente controversa e non compresa da quasi tutti gli analisti (come accadeva a Tesla tre anni fa, ed in parte accade tutt’ora) che la scambiano per un’azienda che fa consulenza nel campo del software (a causa del ristrettissimo numero di clienti). Il suo nome è Palantir. 

Microsoft aveva perso il treno di Internet alla fine degli anni ‘90 e questo gli è costato un decennio perduto nella crescita della società (e dell’azione), poi si è ripresa con quel mezzo genio dell’attuale amministratore delegato ed ha pienamente compreso l’importanza dell’intelligenza artificiale. Ha investito in modo estremamente intelligente attraverso OpenAI, la società che produce ChatGPT 3 di cui abbiamo scritto nel precedente articolo.

Nvidia è conosciuta prevalentemente per le sue schede grafiche, ma produce una fetta rilevantissima della potenza di calcolo con le quali si addestrano le reti neurali ed ha anche tutta una infrastruttura software di primo piano nell’uso dell’intelligenza artificiale per diversi settori fra i quali la guida autonoma. Quando Tesla sarà la leader indiscussa della guida autonoma, le altre case automobilistiche che riusciranno a sopravvivere dovranno rivolgersi molto probabilmente a Nvidia per avere un prodotto comparabile (un po’ come accade per i telefonini Apple e quelli Android).

Google è un’altra azienda che ha compreso molto bene l’importanza dell’intelligenza artificiale ed ha acquisito DeepMind, probabilmente il laboratorio al mondo più importante in questo settore, guidato da quel genio assoluto di Demis Hassabis. Google sta integrando l’intelligenza artificiale in moltissimi dei suoi prodotti. Delle quattro megacap citate, Google è quella che vedo con qualche problema in più per questioni connesse a tutto il resto del business non legato all’intelligenza artificiale ed anche per una capacità di management che, per quanto sicuramente eccellente, è inferiore a quello delle altre citate. 

Infine c’è Tesla. Pochi la considererebbero una società di intelligenza artificiale, ma in effetti è l’entità che in questo decennio, fra tutte le altre società citate, realizzerà i fatturati più consistenti da un software di intelligenza artificiale. Solo un ristrettissimo numero di appassionati del settore sa che la guida autonoma di Tesla e GPT3 hanno la stessa matrice comune. L’altro genio, nel mondo dell’intelligenza artificiale, che risponde al nome di Andrej Karpathy, è stato uno dei primissimi a lavorare, insieme ad Elon Musk, alla fondazione di OpenAI dove è stato sviluppato GPT. 
Successivamente ha lasciato la società quando Elon Musk ha deciso di continuare il progetto per il quale aveva fondato OpenAI all’interno di Tesla e si è ritrovato a capo del settore che ha progettato il software di guida autonoma (autopilot). A quel tempo il progetto  aveva fatto qualche progresso, ma non era decisamente adeguato. Elon Musk aveva capito che la strada intrapresa non poteva portare all’obiettivo finale e decise di rifare tutto da capo. Andrej Karpathy ha avuto l’intuizione veramente geniale di capire che il problema della guida autonoma poteva essere descritto come un problema di un linguaggio fatto di tragitti, incroci, rotonde, semafori,  ecc. invece che di sostantivi, verbi, aggettivi, regole grammaticali, ecc. 
Ha usato quindi lo stesso motore di GPT per definire i percorsi da fare sulla base di quello che le telecamere “vedono” identificando gli oggetti attraverso altre reti neurali. 
Il risultato è stato straordinario. La guida autonoma di Tesla oggi è in grado, con il solo utilizzo di telecamere (non costosi Lidar, né mappe di precisione che limitano il territorio nel quale la macchina può funzionare), di fare cose strabilianti. In giro per YouTube si possono vedere molti filmati a riguardo. Ovviamente la guida autonoma è un argomento molto dibattuto e potrebbe essere oggetto di un altro articolo di questa serie, qualora interessasse i lettori. 
Pochi sanno anche che Tesla ha progettato microchip e supercomputer ancora più specifici ed evoluti di quelli Nvidia proprio per il lavoro di addestramento di reti neurali. Il progetto Dojo rende Tesla una delle aziende leader nel mondo dell’intelligenza artificiale. 

Palantir è un’azienda che meriterà in futuro un articolo a parte e forse anche più di uno. E’ impossibile in poche righe spiegare perché, fra le aziende relativamente piccole (cento volte più piccola di Microsoft, per capirci) sia quella che considero più avvantaggiata dalla rivoluzione dell’intelligenza artificiale. Come ho tentato di spiegare nell’articolo precedente, l’intelligenza artificiale è - prima di ogni altra cosa - una rivoluzione nel modo in cui si scrive il software. Bene, Palantir sta lavorando al “sistema operativo” attraverso il quale si scriverà in futuro quel tipo di software. Se avrà successo (ed il “SE”, in questa frase, è la parte più importante) nel medio termine (5-7 anni) potrà avere una capitalizzazione simile a quella di Salesforce (azienda che in parte la ricorda) e nel lungo termine (10-15 anni) potrebbe aspirare al ruolo di “megacap”. 

E’ molto ragionevole ritenere che un paniere composto da queste cinque aziende, nello spazio di 5 anni, possa performare decisamente meglio degli ETF sopra indicati (e quindi dei fondi a gestione attiva). 
Ripeto che non consiglio a nessuno di investire in un portafoglio del genere perché, come ho scritto più volte, anche di recente, sapere “dove” investire risponde solo ad un parte delle domande che dobbiamo affrontare per fare una scelta d’investimento efficace. “Quanto investire” è un’altra domanda importante, perché è molto diverso investire il 2% del proprio patrimonio o il 20%. Anche “quando investire” è un aspetto determinante (quante tranche? mediare su eventuali ribassi? prendere profitto su eventuali eccessi?) così come “quando vendere” è una componente fondamentale di una strategia d’investimento. Senza definire bene questi aspetti, nessuno dovrebbe prendere questo elenco di 5 titoli ed avventurarsi in un acquisto inconsapevole. 

Fatta questa doverosa e sentita raccomandazione è evidente - dal mio punto di vista - che ciascuna di queste 5 aziende ricoprirà un ruolo importante nella rivoluzione dell’intelligenza artificiale.

Perché investire nell’intelligenza artificiale?
L’aspetto più importante di tutti che l’investitore deve chiarire con sé stesso, ed eventualmente con il suo consulente, è cosa vuole ottenere da un’idea d’investimento così specifica. 
Da cosa è attratto? E’ forse attratto dalla possibilità di “moltiplicare” il denaro investito? Non c’è niente di sbagliato in questo, ma è fondamentale capire che dove c’è la possibilità di moltiplicare il capitale (intendendo con questo termine rendimenti superiori al 100% nello spazio di un lustro)  ci deve essere anche la possibilità di avere oscillazioni negative superiori al 70%. Investendo con singoli titoli, in astratto, si deve mettere in conto di perdere anche il 100% del capitale investito. 
Il ruolo di un investimento così specifico, per un investitore maturo, è quello di fornire, insieme ad un potenziale di rendimento aggiuntivo al complesso del portafoglio (che si può ottenere anche semplicemente aumentando la percentuale della componente volatile), anche qualche forma di gratificazione intellettuale e psicologica. 
E’ molto utile associare, mentalmente, investimenti di questo tipo con la parte di risparmi dedicati alla costituzione di un capitale per i propri figli piccoli, oppure per quando si andrà in pensione se si è ancora abbastanza giovani. Associare, cioè, etichette mentali che ci consentano di prendere un po’ di distanza dal vedere il titolo giorno per giorno. Quando si investe in temi del genere deve essere chiaro che servono decenni (tendenzialmente un paio) affinché la nuova tecnologia dispieghi tutto il suo potenziale all’interno della società. 
L’uso di piccole componenti di strumenti molto volatili, inoltre, ha una funzione formativa e permette all’investitore di familiarizzare con la volatilità degli strumenti, vedendone non solo l’aspetto negativo, ma anche il potenziale. 
L’intelligenza artificiale (così come altri temi d’investimento) può ricoprire un ruolo all’interno di un progetto d’investimento ben costruito ma - come sempre - il punto dal quale partire è definire bene perché si vuole investire, sia in generale, che nello specifico.

Il continuo di questa serie
Per alcune settimane interromperò questa serie di articoli che verrà ripresa per tutto il 2023. 
Il tema del prossimo articolo lo vorrei far scegliere ai lettori. Invito pertanto tutti coloro che lo desiderano a scrivere un commento al post su LinkedIn che riporta questo articolo, oppure inviandomi un messaggio privato al mio profilo.
Vi chiedo quale azienda, e relativa tecnologia, vi interessa di più approfondire fra le 5 che ho indicato sopra, oppure se preferite approfondimenti più tecnici relativi agli algoritmi dell’intelligenza artificiale (ad esempio cosa s’intende, più specificamente, per “deep learning”, la differenza tra addestramento assistito ed automatico, ecc.).
Come ho già scritto in precedenza, desidero che questa serie di articoli sia molto “interattiva” e quindi vi invito caldamente a commentare! 
 
Nota (1) L'elenco dei titoli è stato modificato rispetto alla versione iniziale. Sono debitore della  correzione a Salvatore Biasci, un gentile lettore che su LinkedIn mi ha fatto notare un banale cantonata che avevo preso nella prima versione.

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