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Clima: il buon esempio degli Stati dell'Himalaya
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Articolo di Redazione
24 novembre 2011 17:14
 
I Paesi dell'Himalaya occidentale si sono uniti per tentare di porre un argine al cambiamento climatico. India, Nepal, Bangladesh, Bhutan hanno appena stipulato un'intesa finalizzata alla cooperazione nei settori energia, acqua, alimentazione e salvaguardia delle specie. Se l'iniziativa avrà successo, ci saranno benefici concreti non solo per le popolazioni himalaiane, hanno sottolineato i partecipanti, ma sarà d'esempio per gli altri Stati con problemi simili. L'incontro è avvenuto nella capitale del Bhutan, Thimphu, a pochi giorni dalla conferenza dell'ONU sul clima, fissata per la fine di novembre a Durban nel Sudafrica.
In quell'occasione, i 15.000 esperti dovranno decidere se il processo delineato a Kyoto sia ancora da mantenere oppure no. Sono soprattutto i Paesi in via di sviluppo a voler salvare quel tracciato, giacché esso prescrive degli obblighi vincolanti per i Paesi industrializzati.
Nel quadro del Procollo di Kyoto, i 37 Stati che si erano impegnati a rispettare certi parametri per ridurre le emissioni di Co2 concorrono per il 30% al rilascio del diossido di carbonio. Ma da soli i 37 firmatari non ce la faranno mai a ridurre il surriscaldamento di 2 gradi, nemmeno se limitassero di più i Co2, visto che Cina e Usa sono responsabili di quasi il 45% delle emissioni, come fa notare il ministro dell'Ambiente tedesco, Norbert Roettgen.
Per la verità, nel 1997 la Cina aderì al Protocollo, ma avendo ancora lo status di Paese in via di sviluppo non dovette sottostare all'obbligo di limitare le emissioni di biossido di carbonio. In quanto agli Usa -secondo maggior emissore di Co2 nell'atmosfera- non aderirono affatto al Protocollo, che finora è l'unico strumento vincolante a livello internazionale contro i gas serra.
Poiché una parte degli Stati firmatari del Protocollo di Kyoto, come il Giappone, non intende più accettare nuovi obiettivi tassativi di riduzione se gli Stati Uniti se ne resteranno fuori, l'Unione Europea rischia di rimanere sola nel voler rinnovare l'impegno con il suo 11% di quota delle emissioni globali.
Nel frattempo, gli Stati rimasti fuori dal Protocollo, come Usa e Paesi emergenti, stanno trattando per proseguire la linea della convenzione sul clima del 1992, che però non imponeva dei vincoli stringenti. Essa prevedeva solo di limitare il rilascio di Co2 nell'atmosfera in modo "che l'ecosistema possa adattarsi in modo naturale ai cambiamenti climatici" e "che il reperimento del cibo non sia minacciato".
A Durban sarà necessario approfondire se e come i due processi possano portare, nel medio termine, a un accordo globale, a una sorta di Kyoto Plus, con obiettivi di riduzione anche per i maggiori responsabili del cambio climatico. In più, c'è da configurare il fondo miliardario previsto a partire dal 2020 per gli Stati particolarmente colpiti dai mutamenti climatici, e per tutelare meglio le foreste.

(da un articolo (siglato) di Der Spiegel del 21-11-2011. Traduzione di Rosa a Marca)
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