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Il concetto di stakeholder e la mefitica economia italiana
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Articolo di Domenico Murrone
1 luglio 2007 0:00
 
E' importante avere una compagnia di bandiera controllata dallo Stato. E' inimmaginabile privatizzare le ferrovie o le poste. Ci mancherebbe altro!!!
In passato analoghi discorsi si facevano per i panettoni o per i pomodori pelati prodotti da aziende pubbliche. Ancora oggi, nonostante le privatizzazioni, il ruolo di Stato ed enti locali nell'economia e' massiccio. Ne sono esempio Alitalia (alla vigilia di una strana privatizzazione), le Poste, la Rai e le miriadi di partecipazioni degli enti locali in migliaia di societa' che si occupano di gestione di rifiuti, di acqua, energia, autostrade, ecc.
Avere la partecipazione di un soggetto pubblico nel capitale della societa' "X", sembra una garanzia per il benessere collettivo. Ma e' cosi'?

Trascuriamo per il momento gli aspetti legati alle nomine partitiche dei dirigenti amici degli amici, e soffermiamoci su un altro aspetto, introducendo il concetto di stakeholder che individua i soggetti "portatori di interessi" nei confronti di un'iniziativa economica, sia privata che pubblica. Il termine e' nato in ambito aziendale, in parziale contrapposizione a shareholder che e' l'azionista di una societa'. Secondo alcune teorie economiche, un'attivita' dovrebbe tener conto non solo delle esigenze dei padroni, ma di tutti quei soggetti che a vario titolo ruotano attorno all'iniziativa. Rientrano tra gli stakeholder i clienti, i fornitori, i finanziatori (banche e azionisti), i lavoratori dipendenti e i collaboratori, ma anche gruppi di interesse esterni, come i residenti di aree limitrofe all'azienda o gruppi di interesse locali.

Applicando questi concetti alla politica economica del Governo e degli enti locali italiani, si puo' trarre una conclusione: ci sono degli stakeholder piu' stakeholder degli altri. E gli esempi, purtroppo, non mancano.

Nelle decisioni politiche inerenti, direttamente o indirettamente, ad attivita' economiche, ci sono soggetti portatori di interessi che vengono privilegiati in un perverso intreccio di convenienze che ha queste dinamiche: il politico di turno, per interessi partitici, e spesso molto privati, si sciacqua l'anima garantendo il mantenimento dei posti di lavoro (anche in una situazione dove l'azienda di turno e' ormai decotta). I sindacati, ottenuto il contentino, si rendono conto che prima o poi la crisi si ripresentera' e continuano a rivendicare investimenti pubblici per il fatidico "rilancio". Ie portatore di interessi che viene di solito penalizzato e' il cittadino-consumatore che copre i costi delle inefficienze con le tasse.

La vicenda del crack della compagnia aerea Volareweb rappresenta alla perfezione questo andazzo. C'e' qualcuno che la ricorda ancora? Nel novembre 2004, senza alcun preavviso, vennero sospesi i voli. Una crisi aziendale dovuta all'avventatezza di manager furbi i cui costi sono stati riversati su migliaia di passeggeri (italiani e stranieri) che non hanno ottenuto alcun rimborso per i biglietti acquistati e non utilizzati. La politica italiana, nella fattispecie l'interesse dell'allora ministro del lavoro Roberto Maroni (che e' di Varese, dove aveva sede la societa'), ha fatto in modo di tener in vita la compagnia salvaguardando i posti di lavoro. La compagnia e' stata poi "venduta" con modalita' poco chiare ad Alitalia. A pagare sono stati i consumatori, sia quelli che non hanno avuto alcun rimborso, sia quelli che a causa di questa soluzione "politica" devono sopportare le inefficienze del trasporto aereo che ha portato Alitalia, oberata da debiti e da dipendenti, ad essere ancor di piu' al centro del sistema. Anche nella procedura di privatizzazione della compagnia di bandiera, che e' in corso, sono ancora i dipendenti i soggetti che la politica tutela di piu', relegando in secondo piano l'interesse di altri portatori di interesse come i passeggeri, gli operatori turistici, ecc.. In pratica chi comprera' dovra' fornire garanzie sui livelli occupazionali.

Non sono casi isolati. La cultura politica italiana e' suggestionata dall'ipocrita articolo 1 della Costituzione che postula che le fondamenta della Repubblica poggino sul "lavoro". Cosi', con la nobile motivazione di favorire occupazione, sono stati inghiottiti miliardi e miliardi di euro nel buco nero della cattiva politica.

La perversione del sistema fa si' che anche le rivendicazioni legittime di un portatore di interessi, si traducano poi in bustarelle e arricchimenti illeciti di soggetti ben poco trasparenti.

La politica continua a ragionare con schemi mentali vecchi, concependo ancora una societa' corporativa: quando occorre approvare una qualche riforma (dalle pensioni al mercato del lavoro, dalla riduzione della pressione fiscale alla riforma dei contributi pubblici alle imprese), il Governo intavola trattative con organizzazioni (sindacali e padronali) che sono poco rappresentative della realta'. Sono corporazioni che a stento rappresentano i loro iscritti (per i sindacati in prevalenza dipendenti pubblici e pensionati). Il panorama dei portatori di interesse in Italia e' piu' vario e non si limita a tre o quattro corporazioni. E' piu' complicato tener in debito conto tutti i portatori di interesse, soprattutto i consumatori che sono stakeholder non facilmente inquadrabili, se non avendo una visione globale della societa'. Ci potrebbe riuscire solo una classe politica piu' coraggiosa, meno ottusa e non ripiegata su stereotipi vecchi della popolazione italiana.
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