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Un contratto di trasporto, senza il dovere di custodia...?
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Articolo di Antonello Polito
22 novembre 2012 10:22
 
È triste notizia di qualche giorno fa che un signore di mezz'età, colpito da infarto subito dopo essere salito su un treno Frecciarossa a Torino-Porta Susa, non ha potuto ricevere gli opportuni soccorsi prima di arrivare, dopo 40 minuti, alla stazione di Rho, purtroppo già privo di vita.
I sindacati delle ferrovie hanno sottolineato la pericolosità di un'organizzazione aziendale che, oltre a prevedere un macchinista unico ('cosa succederebbe in caso di un suo malore?'), non prevede a bordo dei convogli un'adeguata strumentazione di primo/pronto soccorso d'emergenza, come ad esempio un defibrillatore, che nel caso di specie avrebbe potuto essere fondamentale per salvare la vita del malcapitato passeggero (per inciso: sarebbe emerso che l'unica forma di dotazione di emergenza fosse 'una valigetta con un disinfettante e qualche garza': dall'articolo di Repubblica - ed. TO - del 18 novembre scorso).
In ogni caso, sulla vicenda ha aperto un'indagine la Procura di Torino, dalla quale emergeranno, nel caso, le relative responsabilità.
Ma una breve e più ampia riflessione dovrebbe per l'occasione essere fatta sulla natura stessa del contratto di trasporto, con le conseguenze che esso comporta.
Sempre per tornare a Trenitalia, quante volte è capitato di trovare toilette fuori uso, aria condizionata/riscaldamento che non funziona, assenza di qualsiasi possibilità, a bordo, di poter acquistare anche solo una bottiglia d'acqua o un panino (aspetto recente e drammatico), tutti aspetti che possono trasformare un viaggio che può essere anche piacevole, in un incubo di ore ed ore di infinito disagio?
Ed allora ci si chiede: può un impegno contrattuale di mero 'trasporto' non contenerne doverosamente altri, quale ad esempio un 'dovere di custodia' del benessere psico-fisico del viaggiatore? 'Benessere' che non dev'essere certo inteso come diritto ad un 'servizio di massaggi' o ad un luculiano 'catering' stile crociera (servizi certamente extra, che potrebbero ben far parte di tariffe di pagamento differenziate ed opzionali), bensì diritto a poter essere tutelati ed assistiti non solo nel normale livello di 'confort' attendibile (criterio che varia col tempo: prima non c'erano neanche le toilette per ogni carrozza, ma il treno si fermava più spesso proprio in virtù di tale caratteristica...), ma anche a ricevere -in caso di necessità- un'assistenza adeguata in relazione al fatto, fondamentale, che ci si trova in un luogo del tutto etero-organizzato.
È questo infatti l'elemento fondamentale della disciplina, in genere, di un contratto di trasporto: che quando ci troviamo in treno, in nave, in aereo, non ci troviamo più in un luogo 'comune', dove sappiamo vigono le regole e le tutele generali (so che se ho sete, cercò un bar; se ho necessità, cerco una toilette; se ho un malore, chiamo un'ambulanza o mi reco al pronto soccorso; ecc.); nel caso mi imbarco su di un mezzo di locomozione altrui, infatti, so (devo sapere) che il luogo in cui inserisco la mia persona - per un tempo che può essere più o meno limitato, da poche ore a giorni o settimane intere (pensiamo alle crociere) - non è più quello 'pubblico', bensì quello 'privato' del soggetto che si è impegnato nel trasportarmi per un certo periodo di tempo... Ma che appunto, non può impegnarsi a 'trasportarmi' per un certo tempo, senza contemporaneamente assumersi il contestuale dovere di assicurare - a me come ad ogni passeggero - un luogo che offra le garanzie di poter assicurare quantomeno le sicurezze che avrei in ogni luogo pubblico (ed in parte privato, come in casa: pensiamo alla toilette) da privato e libero cittadino: la sicurezza, quindi, di poter far fronte alle mie necessità primarie, ovvero a poter far fronte alle situazioni d'urgenza, senza il rischio di dover capire all'improvviso (e troppo tardi) di trovarmi 'fuori dal mondo' (pubblico) e dentro un mondo 'privato' ed assolutamente impreparato a gestire le mie necessità di viaggiatore.
Una constatazione che dovrebbe superare ogni limitazione di tipo normativo (sempre per tornare a Trenitalia, sembra che non ci sia nessuna norma o regolamento che renda 'obbligatoria' la presenza di un defibrillatore a bordo...), dove si dovrebbe interpretare l'impegno di trasporto come esteso ad ogni obbligazione accessoria per una civile custodia di un essere umano.
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