Gli strabilianti e commoventi ritrovamenti a San Casciano dei Bagni continuano a raccontare una storia — anzi
La Storia — di questa terra, oggi Toscana. Cioè qualcosa da cui c’è da imparare, soprattutto per chi ci vive e per coloro i quali avranno voglia di ascoltarla e studiarla.
Certo, fa un po’ impressione vedere che le prime reazioni alle scoperte straordinarie restituite dalle acque del Bagno Grande siano rivolte a interpretarne la loro capacità di attrazione turistica. Ma è inutile nascondersi dietro a un dito: il diaframma che separa ciò che con un brutto termine si chiama fruizione di queste scoperte e la ricaduta turistica che ne consegue è sottilissimo e comprensibilmente permeabile. Del resto è giusto che la conoscenza e l’emozione nel trovarsi a tu per tu non solo con affascinanti serpenti di bronzo, sculture di bimbi con la loro palla, per non parlare delle uova millenarie, non sia appannaggio esclusivo dei soli studiosi e addetti ai lavori.
Il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani ha già indicato per San Casciano dei Bagni un ruolo che contribuisca a correggere i percorsi che conducono solo nelle grandi città. Ma perché questo auspicabilmente accada, dopo i tentativi di cui si parla da anni ma che stentano a partire, come il pluricitato esempio delle ville medicee, occorre partire col piede giusto. E il modo migliore è imparare dagli errori che hanno portato all’overtourism fiorentino. Che, seppure in scala, rischiano di riprodursi in un tessuto urbano e ambientale ancora più delicato, tipico di quei gioielli che sono i piccoli centri.
Sta accadendo in Val d’Orcia con il pellegrinaggio di massa sui luoghi in cui Ridley Scott ha girato Il Gladiatore , contribuendo al miraggio di una «scorciatoia» economica con la trasformazione — di fatto — dei paesi in resort e annessi mangifici. Il recente studio Irpet sulle aree interne ha messo in luce il processo di spopolamento che porterà la Toscana a perdere un ulteriore 4% di residenti nei prossimi 15 anni. E ha per giunta chiarito che affidarsi al solo turismo non può frenare questa tendenza e tantomeno di sostituire l’ossatura economica in declino in quei territori.
Ci sono abbastanza elementi per capire che la crescita controllata del turismo indotto dai ritrovamenti può essere un’opportunità, che in questo caso si aggiunge a quella termale, ma che ha bisogno di essere curata e indirizzata per magari diventare poi un modello da seguire.
È per esempio impossibile sviluppare vicino al sito archeologico una struttura permanente di studi universitari, che peraltro qualificherebbe l’arrivo di nuove presenze? Inutile, del resto, immaginare che i grandi flussi di fronte a occasioni per quanto imperdibili come quella di San Casciano dei Bagni possano deviare in modo massiccio per far respirare Firenze e le altre destinazioni «d’obbligo»: chi va a Pompei, il sito archeologico più frequentato d’Italia, non rinuncia a Napoli. Ma da qualche parte bisognerà pur cominciare.
E San Casciano dei Bagni può essere un buon inizio.
(articolo pubblicato su Corriere fiorentino - Corriere della Sera del 05/12/2024)
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