Specialmente durante il mese di agosto, notizie che solo apparentemente non valgono nemmeno la pena di essere lette, commentate e ben pubblicizzate, passano veloci come mai, come un corroborante tuffo nelle acque dei nostri mari o una passeggiata in alta montagna. Notizie cosi', tra le tante. Ai primi di settembre sara' dato l'annuncio ufficiale, ma la decisione da parte della Gran Bretagna di dare il via alla creazione della prima banca di cellule staminali embrionali e' corso via leggero leggero sulle pagine dei nostri quotidiani, senza commenti o quasi, sia contro che a favore. E la notizia e' di quelle importanti, innovativa. A maggior ragione importante perche', se si fosse dimenticato, tra qualche giorno riprenderanno al Senato i lavori parlamentari e qualcosa di definitivo dovra' pur essere deciso sulla fecondazione medicalmente assistita.
A questo punto e' necessario sfidare i ricordi, in particolare su un paradosso della legge licenziata dalla Camera. Un paradosso che rischia seriamente di pregiudicare un aspetto, non secondario, della ricerca scientifica in Italia. In realta' se il Senato approvera' la legge, cosi' come gli e' stata consegnata dall'altro ramo del Parlamento, uno dei nodi da sciogliere consistera' proprio nel risolvere un difficile enigma:
cosa fare dei circa trentamila embrioni oggi congelati in Italia? Il progetto di legge affida al Ministro della Salute il compito di risolvere il problema, con quel carico di implicazioni etiche, religiose e morali che ben conosciamo. Sappiamo inoltre che nel novembre dell'anno scorso lo stesso ministro ha approvato uno stanziamento di cinque miliardi di vecchie lire all'anno, per tre anni, destinato solo alle ricerche sulle staminali adulte o estratte dal cordone ombelicale. Non occorre essere un mago o possedere palle di vetro divinatorie per capire che il rischio che i nostri trentamila embrioni connazionali finiscano nel secchio della spazzatura e' decisamente alto, alla faccia delle implicazioni morali e dei dubbi etici che tanto hanno arroventato le prime pagine dei giornali durante il dibattito alla Camera.
Al di la' della Manica invece l'idea di una simile struttura era gia' apparsa nel marzo del 2000 in un rapporto dell'associazione degli scienziati britannici, la
Royal Society, e il semaforo verde alla banca degli embrioni e' giunto solo sei mesi dopo il nullaosta definitivo del Parlamento britannico alla ricerca scientifica sulla clonazione di embrioni umani a scopo terapeutico. Invidia? Forse, ma non solo. Ci sorge anche il dubbio che a volte la stupidita' e l'arroganza dei pregiudizi siano piu' forti di qualsiasi dramma morale, senza dubbio plausibile in chi pone al primo posto della sua privata scala di valori i dogmi vaticani e la fede religiosa, controproducente pero' in chi e' chiamato a laiche responsabilita' di Governo. All'ombra dell'etica, per di piu' di stato, nascono i piu' assurdi paradossi, come quello della destinazione dei nostri trentamila embrioni. Che farne? Qualcuno propose di adottarli...
In Gran Bretagna, come e' normale che sia, non tutto e' filato liscio e se da una parte i sostenitori della banca hanno affermato che questa risorsa (perche' altro non e': una semplice, razionale, risorsa) potrebbe un giorno essere utilizzata per trattare malattie come il morbo di Alzheimer, il diabete, la sclerosi laterale amiotrofica, i suoi numerosi critici hanno controbattuto paventando la possibilita' che in futuro i laboratori di ricerca facciano pressioni sulle cliniche della fertilita' affinche' siano donati gli embrioni in eccedenza. Un dibattito potremmo dire civile, assunto per capire, meglio e nei dettagli, le vere potenzialita' e i rischi di questa risorsa. L'Autorita' per la fecondazione e l'embriologia (HFEA), l'autorita' che regolamenta il settore della ricerca degli embrioni in Gran Bretagna, ha sgombrato il terreno da questi legittimi dubbi, rilevando che esistono direttive precise per la tutela dei pazienti. Certo, la legge e le direttive non danno sicurezze preconfezionate, ma -ed e' meglio ripeterlo- vogliamo paragonare queste certezze a rischio minimo con i nostri dubbi da trattoria? Con i "cosa fare" degli embrioni congelati e clandestini nel patrio suolo? Gli prendiamo forse le impronte digitali?
Abbiamo cercato qualche parere a seguito di questa notizia. Niente o quasi, a parte un solitario entusiastico commento di Elena Cattaneo, ricercatrice sulle staminali per le malattie del sistema nervoso di Milano:
"un passo avanti per tutti noi: da' finalmente la possibilita' di sperimentare su materiale controllato e sotto l'egida di un ente pubblico". Nessun'altra dichiarazione, nessun altro suggerimento, quindi nessuna voglia di riflettere. Siamo in Estate e ogni questione prende il tempo di una bibita rinfrescante (sappiamo pure questo), ma in previsione della riapertura di un secondo dibattito sulla fecondazione assistita, al quale sinceramente non vorremo nemmeno lontanamente assistere, ci pare il caso sommessamente di proporre al nostro legislatore la seguente dignitosa soluzione per i nostri sfigatissimi trentamila embrioni. Via, che li si regali alla banca degli embrioni britannica e festa finita. Si abbia pieta', saranno almeno in buona compagnia.