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Diritto di recesso nell'acquisto di beni 'personalizzati'
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Articolo di Smeralda Cappetti
15 novembre 2017 12:19
 
Il Codice del consumo prevede che nei contratti a distanza e conclusi fuori dai locali commerciali il consumatore abbia diritto di recedere senza penalità e senza specificarne il motivo entro il termine di 14 giorni dal giorno in cui acquisisce il possesso fisico del bene.
L’art. 59 del codice del consumo prevede tuttavia che vi siano alcune fattispecie di acquisti a distanza per i quali resta del tutto escluso il diritto di recesso. Tra questa tipologia di acquisti anche la fornitura di beni personalizzati o confezionati su misura.

MA COSA SI INTENDE PER BENE PERSONALIZZATO?
Spesso il venditore fa passare quali beni personalizzati beni per i quali in realtà si è solo optato per una determinata scelta messa a disposizione dal rivenditore (di quale colore vuoi il bene tra i pochi disponibili oppure di che misura vuoi il bene tra le poche misure standard messe a disposizione dall'azienda). In questo caso NON si tratta di beni personalizzati e quindi possono essere restituiti. Solo quando un bene viene effettivamente personalizzato, ovvero fatto su specifica misura o colore ecc., verrà meno il diritto di recesso. Non è invece sufficiente che il venditore offra opzioni standard e prestabilite per "personalizzare" il bene e quindi eliminare il diritto di recesso.
A tal riguardo l'Autorità Garante della Concorrenza del Mercato con provvedimento n. 26820 del 25 ottobre 2017 ha sanzionato una società che vende poltrone e divani per pratica commerciale scorretta e per aver limitato e impedito l'esercizio del diritto di recesso sull'acquisto fuori dei locali commerciali di poltrone e divani.
Il professionista aveva escluso la possibilità di recedere per il consumatore, con la motivazione che il bene acquistato rientrasse nella categoria dei beni confezionati su misura o chiaramente personalizzati.
La vicenda riguardava un consumatore che aveva sottoscritto presso il proprio domicilio un contratto di acquisto di una poltrona pubblicizzata tramite televendita. Il professionista, pertanto, a seguito della richiesta di recesso non restituiva la caparra versata dal consumatore con la motivazione che l'ordine riguardava la vendita di prodotti personalizzati.
In realtà la poltrona ordinata era semplicemente uno dei modelli di poltrone vendute dall'azienda e non una richiesta personalizzata ed unica tali da doverla produrre in esclusiva per il cliente e su richiesta del cliente. Il professionista infatti voleva far passare quale personalizzazione del bene la scelta tra svariate differenti opzioni apportabili al bene scelto dal consumatore, nonchè alcuni elementi accessori predeterminati.

LA POSSIBILITA' DI SCELGIERE TRA DIVERSE OPZIONI PUO' ESSERE CONSIDERATA PERSONALIZZAZIONE DEL BENE?
In proposito, la previsione in catalogo di quattro differenti modelli standard e di poltrona diversamente accessoriati non rappresenta personalizzazione del bene e, come tale, non può escludere il diritto di recesso. Infatti, le personalizzazioni di modesta entità come quelli cromatiche -peraltro indotte dagli stessi venditori- non possono integrare ipotesi di esclusione dal diritto di recesso. Il professionista, nel caso di specie, aveva inoltre irragionevolmente esteso le possibili personalizzazioni suscettibili di determinare la perdita di recesso con riguardo ad alcune opzioni alternative tra loro e imprescindibili per la vendita del bene (quale ad esempio il tipo di rivestimento); il consumatore infatti veniva invitato a scegliere tra poltrone in microfibra, tessuto ed eco pelle. Dal momento che tale scelta risulta necessaria e non accessoria per la vendita del bene (in quanto il rivestimento è elemento imprescindibile del prodotto), in questo caso il professionista non può considerare tale scelta come una chiara personalizzazione. Alla stessa maniera anche alcuni accessori standard predefiniti come i braccioli removibili e il tavolino opzionale non possono essere considerati beni personalizzati.  
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