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La disumanità non può diventare legge
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Articolo di Annapaola Laldi
5 agosto 2019 12:03
 
Faccio mio l'appello di don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele e di Libera, oggi che in Senato si dovrebbe votare la conversione in legge del Decreto Legge 14.6.2019 n. 53, più noto come “Decreto sicurezza bis”.
Le sue accorate affermazioni (“invasione di campo, appropriazione indebita di ruoli” da parte del ministro dell’Interno Salvini ecc.) possono sembrare perentorie, ma esse si basano su una realtà incontestabile che emerge rapidamente leggendo le critiche avanzate da alcuni eminenti studiosi di diritto e altri esperti ascoltati (a quel che sembra, invano), nel mese di luglio in Commissione Affari costituzionali e giustizia della Camera, che riporto di seguito, basandomi su un approfondito articolo apparso su “Internazionale” del 24 luglio scorso, a firma di Annalisa Camilli.
 
E la prima realtà, a me sembra, è quella che il cosiddetto Decreto Sicurezza bis abbia un unico obiettivo, e cioè quello di bloccare NON “l’immigrazione clandestina”, bensì esclusivamente l’attività di soccorso ai naufraghi operata dalle ONG (e a volte anche dalle navi della nostra Guardia Costiera, come insegnano il caso “Diciotti” e, di recente, quello della “Gregoretti”).
Dico questo, considerando dati forniti dal procuratore del tribunale di Agrigento Luigi Patronaggio in quella audizione, “nel primo semestre del 2019 nell’agrigentino sono avvenuti 49 sbarchi con 1.084 immigrati”, mentre  “gli sbarchi avvenuti attraverso le ong sono una quota residuale”. E i 1.084 sbarchi, si noti bene, sono sbarchi autonomi, per così dire.
E’ lecito e corretto dire, allora, che i primi 5 articoli di questo decreto legge, di cui oggi si chiede la conversione in legge, siano soltanto una vendetta contro le odiate ONG e NON renderanno affatto più sicuri i nostri confini marittimi? E un modo per scoraggiare chiunque dal recare soccorso, anche i pescherecci, anche le navi commerciali, facendo diventare tutti complici della morte per annegamento di persone innocenti.
 
Sottolinea questo gravissimo rischio la ricercatrice Francesca De Victor (Università cattolica del Sacro Cuore) quando osserva che “la normativa sul soccorso in mare prevede molto chiaramente l’obbligo degli stati di cooperare per liberare, in tempi brevi e con la minima deviazione possibile della rotta, il comandante dalla responsabilità di aver effettuato i soccorsi. Non liberarlo da quella responsabilità comporta un carico economico tale che si rischia di portare, non solo le ong, ma anche le navi commerciali a non effettuare soccorsi per non incorrere in perdite economiche da parte degli armatori. Eventualità che è sempre un illecito perché il soccorso è un obbligo”.
 Anche il professore di diritto internazionale Giuseppe Cataldi (Università Orientale di Napoli) ha osservato che “le sanzioni penali e amministrative previste dal disegno di legge sono un ostacolo al soccorso e rappresentano una violazione del diritto a non essere discriminati”, mentre il professore di diritto internazionale Cesare Pitea (Statale di Milano), si legge ancora nell’articolo, “afferma che l’Italia richia di violare le leggi internazionali sul diritto del mare e potrebbe essere portata in giudizio dagli stati di bandiera delle navi, se dovesse applicare in particolare l’articolo 1 del disegno di legge”. La sua lunga accurata argomentazione si può riassumere così: la Libia, come affermano le autorità internazionali (e ha anche riconosciuto, sia pure a denti stretti il ministro dell’Interno aggiungo io), non è un porto sicuro, e quindi “gli altri stati vicini mantengono un obbligo di soccorso e anche un obbligo di coordinamento per favorire i soccorsi. Il comandante ha il potere e il dovere di individuare il porto sicuro, che non è necessariamente il più vicino se il più vicino non è un porto sicuro” .
Infine, il parere sulla costituzionalità del DL di Paolo Iafrate professore di diritto privato comparato a  Tor Vergata (Roma), il quale osserva che i 18 articoli di cui si compone questo DL sono eterogenei, perché “riguardano riforme del codice penale, della normativa sull’immigrazione, del codice della navigazione, dell’ordine e della sicurezza”. Ha quindi aggiunto che bisognerebbe verificare la conformità del disegno di legge con “l’articolo 10, l’articolo 11 e l’articolo 117 della costituzione italiana, con l’articolo 3 della Carta dei diritti dell’uomo e con l’articolo del codice penale italiano che norma l’omissione di soccorso”. 
Insomma,  quello degli esperti è stato un coro di “NO” alla conversione in legge di questo DL per diversi motivi legati al rispetto della nostra Costituzione e delle leggi internazionali, ai diritti sacrosanti – morali e giuridici – delle persone in pericolo di vita.
Che dire di più? Sì, richiamare l’art. 27 della nostra Costituzione, il suo ultimo comma:: “Non è ammessa la pena di morte” - neppure più per reati previsti dal Codice penale militare di guerra
Perché, scoraggiare, far diventare un reato il soccorso dei naufraghi in mare non si configura come una implicita condanna a morte di persone oltretutto innocenti?
Sì, c’è parecchio da meditare su questo sinistro imbarbarente decreto legge.
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