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Dr. Jekyll, c’est moi
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Articolo di Carlo Romeo
1 novembre 2023 17:12
 
 Di guerre e di odio ne ho viste parecchie a cominciare da Beirut nel 1983, poi Tel Aviv nel 1991 e poi i Balcani e poi le montagne del Darfur e poi e poi e poi, per finire con l’Afghanistan di ISAF. Ne ho viste e, a quasi settant’anni, non ho proprio più voglia di vedere la belva uomo in azione, la bestia più feroce del pianeta, perché non credo che gli animali si odino come sa odiare lui i suoi simili. E non voglio leggere cosa è successo quel 7 ottobre che sarà, come l’11 settembre, una data indimenticabile per chi si sente di appartenere al mondo civile, nè voglio scrivere di questo per i ventidue lettori che seguono queste pagine. Non voglio pensare che una situazione che sembrava eterna sembra di saltare via, 1910 o 1938 che possa essere. Non voglio accettare che la guerra veda i civili come obiettivi militari primari, che dei neonati siano target militari solo per un pezzo di carta che dice dove sono nati.

Su questi tempi tragici scrivono bene – anche per me, e meglio di me – gente come Giuliano Ferrara, Mattia Feltri, Pigi Battista o Claudia Cerasa che ha meritoriamente rilanciato la proposta di dare la cittadinanza italiana a tutti gli ostaggi israeliani – una cosa semplicissima e per questo complessa in Italia – mentre il razzismo contro gli ebrei torna a esplodere anche se questa volta non saranno sei milioni di vittime inermi. Israele si difende e questo fa scandalo mentre la minaccia di cancellare uno Stato dalla carta geografica trova simpatizzanti che si mobilitano. Non voglio scrivere di questo però, proprio non ce la faccio.

Vorrei piuttosto rileggere il grande ritratto umano, realizzato da un immenso scrittore, scozzese di nascita. Rileggere per l’ennesima volta ma con occhi sempre diversi la storia del dottore e del suo doppio che convivono ma senza mai incontrarsi nello stesso corpo. Rileggere la storia del bene e del male, insomma, che portiamo ognuno di noi dentro di noi. Stevenson racconta di averla sognato mentre dormiva quella storia, in una specie di incubo con effetti tali che la moglie, preoccupata dalle sue urla nel sonno, lo aveva svegliato. Lui però non la perdonò mai per questo, rimproverandole di avergli interrotto il sogno – o l’incubo che fosse – proprio sul finale, impedendogli così di vedere come tutta la vicenda andasse a finire.

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