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Ecco il Black thursday: 30 novembre. Ancora divertimento e adrenalina come per il Friday? Certo: per chi ama pagare le tasse…
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Articolo di Vincenzo Donvito
29 novembre 2017 9:10
 
  Ed ora e’ arrivato il “giovedi’ nero”. “Black thursday” per restare nel lessico dominante dei giorni della settimana in cui il cittadino consumatore e’ protagonista.
Una volta ci dovevamo accontentare solo del “Black Friday”, ma ci hanno aggiunto il “Cybermonday”. Poi, il burlone irriverente dell’Aduc ha inventato anche il “ruby tuesday”. Ma dietro l’angolo, tra tanti sollazzi e consumi, ecco che arriva implacabile il giovedi’ nero, il black thursday, ma di un black che, a differenza dell’aggettivo usato col venerdi’, e’ si scioccante ma non con tendenza alla soddisfazione, bensi’ il contrario: giovedi’ 30 novembre, giorno in cui c’e’ un vero e proprio ingorgo di tasse da pagare, 81 (ottantuno): ce ne’ per tutti i gusti e le categorie, come ben ce li elenca il quotidiano della Confindustria, che ci ricorda che in tutto il mese di novembre, le scadenza sono 268 (duecentosessantotto).
Siamo gia’ pronti a guardare (con invidia, come per il Black Friday?) le code agli sportelli fisici o le attese a quelli telematici, ed a cronometrare chi avra’ vinto un qualche record di resistenza.
Qualcuno (ministro bonanima) tempo fa aveva detto che era bellissimo pagare le tasse (1), emulato da un altro meno famoso, ma molto glamour ed oggi di moda per chi ama spendere il doppio per mangiare quello che abitualmente costa la meta’, che nel 2016 parlo’ di felicita’ e piacere nel farlo (2). E chissa’ quanti altri ci sono sfuggiti.
Chissa’ se lo Stato, che e’ quello che incassa dal “Black Thursday” dara’ segni di giubilo cosi’ come hanno fatto i commercianti col “Black Friday”. Non crediamo che cio’ accadra’. Anzi: zitto e porta a casa, e… accontentarsi che’ poteva andare peggio. Il solito grigiore defilato, anche perche’ sono passati i tempi quando, per pagare quell’imposta burlescamente chiamata canone Rai, ci facevano partecipare a concorsi con ricchi premi e cotillon. Ora in tanti fanno il solito gioco di sopravvivenza, quello dell’evasione, tanto:
- o non vengono cuccati,
- o c’e’ un’alta possibilita’ della prescrizione
- o -molto piu’ probabile- ci sara’ un condono, quello che oggi viene chiamata rottamazione, e alla fine sara’ sempre piu’ conveniente.
La domanda di un illuso (felice di esserlo) e’: fino a quando? Ottantuno tasse in un giorno di un mese in cui ce ne sono duecesessantotto? Ma cos’e’ un romanzo horror? Va bene che viviamo nei secoli in cui si crede ancora che il lavoro nobiliti l’uomo, e che intorno alla produzione di tutto cio’ che ci serve per vivere debba essere incentrato ogni istante della nostra quotidianita’…. Ma, almeno fino a quando non ci libereremo di questo giogo, perche’ dobbiamo farci cosi’ male? E questa domanda vale:
- sia per chi disinvoltamente e spavaldamente consente che si formi il numero ottantuno, convinto di star meglio per il proprio potere e la propria goduria di vessazione che si accresce;
- che per chi -vittima consapevole (e chi non lo e’?)- si adegua, magari gli viene anche l’ulcera, e si accontenta di una felicita’ che nasce dal suo essere clandestino… che e’ il contrario della natura umana.

1 - Ex-ministro Tommaso Padoa Schioppa. Frase pronunciata nel 2007.
2 - Oscar Farinetti, il manager di Eataly, che sull’emittente tv La7, nel 2006 disse che "bisogna essere felici di pagare le tasse, deve essere un piacere".
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