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Esperimento: saper scrivere meglio con la musica
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Articolo di Redazione
13 luglio 2011 9:32
 
Fare musica migliora le capacità cognitive, e nei bambini ha un effetto positivo sull'ortografia. Alcuni psicologi di Graz accompagnano un'ampia ricerca sul campo avviata in Germania.

La musica tocca le persone non solo sul piano emotivo, giacché muove le radici dell'essere e del divenire uomo; eseguire musica migliora anche le capacità cognitive. Come funziona veramente, e quanto grandi siano gli effetti, è la pista intrapresa dagli psicologi di Graz (A). "Stiamo esaminando il modo in cui la musica attiva può incidere sulla diffusione di informazioni acustiche, se sia possibile rilevare variazioni nel cervello, e se i miglioramenti nel propagare informazioni uditive influenzino anche lettura, scrittura e ortografia, come pure la creatività e l'attenzione", illustra Annemarie Seither-Preisler.
Da anni essa cerca il modo d'inserire nella terapia la musica attiva. Per esempio, nei ragazzi dislessici ha scoperto che oltre alle difficoltà di lettura e scrittura, spesso difetta anche la percezione del ritmo. "Circa la metà dei dislessici ha problemi nel suddividere le parole pronunciate in singoli segmenti e a percepirle in maniera corretta". Aggiunge: "A sua volta, ciò si ripercuote sull'acquisizione della lingua scritta".
Grazie alla partecipazione all'ampio studio tedesco, gli psicologi austriaci dispongono di una gigantesca mole di dati. Con il progetto JeKi -Jedem Kind sein Instrument- (A ogni bambino il proprio strumento), sono tre anni che 65.000 ragazzi frequentano un'ora aggiuntiva di musica alla settimana; dopo una parte teorica in forma giocosa, i ragazzi imparano a suonare lo strumento che hanno scelto. Questo grande esperimento s'accompagna al progetto AMseL -Audio e neuroplasticità dell'apprendimento musicale- che coinvolge 200 alunni, metà composta dagli JeKI e l'altra da non partecipanti al programma.
A Graz sono stati elaborati particolari test uditivi, con cui si può valutare esattamente come vengno percepiti tono, timbro, volume, durata del suono e ritmo e anche semplici fonemi. Vi si aggiungono prove di lettura, ortografia, aritmetica, intelligenza e creatività. Inoltre, con l'enecefalografia magnetica si osservano i processi che avvengono nel cervello.

Meno errori
Ci sono già alcuni primi risultati, segnala la psicologa Seither-Preisler. "I ragazzi che praticano musica fanno meno errori dovuti a impulsività, e sanno meglio registrare le unità informative lunghe prima di giudicare un fatto". Degno di nota è constatare che questi nessi prescindono dall'ambiente socioeconomico o dall'intelligenza del ragazzo. Chi segue più intensamente lo studio di uno strumento ha non solo una percezione più fine del tono, della durata, del suono e del ritmo, ma riesce anche a leggere e a scrivere meglio.

Nello studio AMseL c'è la conferma di quanto la scienza sostiene da tempo: la percezione del ritmo e del suono può essere esercitata benissimo, e se si suona uno strumento è ancora migliorabile. E con ciò anche le facoltà cognitive.

(articolo di Martin Kugler per Die Presse del 09-07-2011. Traduzione di Rosa a Marca)
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