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Europa ultraliberale?
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Articolo di Redazione
5 aprile 2019 8:02
 
 Dagli anni '80, "le disparità di reddito sono aumentate ovunque in Europa". Diversi giornali hanno riportato questa realtà dimostrato da uno studio del World Inequality Lab, dove lavora tra gli altri Thomas Picketty con una serie di economisti e statistici progressisti. Tra l'altro, dal 1980, l'1% degli europei più ricchi ha visto il proprio reddito medio crescere due volte più velocemente di quello del 50% più povero. Haro su "Europa ultraliberale", "concorrenza libera e non distorta", "grande mercato" senza anima, ecc.

Ma c'è un altro aspetto dello stesso studio, citato in tono minore: di fronte a una globalizzazione inarrestabile, con i suoi aspetti di ingiustizia e disparità sociali, è l'Europa quella che resiste al meglio. Un'unica cifra riassume questa altra realtà: nello stesso periodo, il reddito del 50% degli europei più poveri è aumentato del 37%. Negli Stati Uniti, è cresciuto solo del 3%. Anche se le aliquote fiscali dei più ricchi sono diminuite, anche se i meccanismi di protezione sociale sono stati talvolta diminuiti, la posizione europea prevale su quella degli Stati Uniti. Le garanzie dello stato sociale sono sempre lì. Il patrimonio comune della socialdemocrazia europea e della democrazia cristiana, le due architetture del sistema sociale del dopoguerra, ha giustamente evitato la costruzione di una società "ultraliberale".

Le difficoltà sociali del Vecchio Continente sono abbastanza gravi da evitare la spavalderia. Ma in questo contesto abbiamo a che fare con due modelli diversi. Gli Stati Uniti rimangono il Paese dell'individualismo competitivo, che crea vantaggi solo a chi scala per primo, negando la tesi di Reagan del "deflusso" della prosperità dei ricchi verso i poveri. Nel frattempo, l'Europa sociale si piega ma non si spezza. Anche nella Gran Bretagna della Thatcher e poi di Blair, l’assistenza sanitaria resta gratuita e i sindacati forti. Negli Stati Uniti, i democratici di sinistra stupiscono proponendo misure (sanità socializzata o l’aumento del salario minimo) che i loro avversari reputano come misure comuniste. Misure in vigore da decenni in Francia, Germania o altrove in Europa.

Questa situazione è confermata da un'altra precedente pubblicazione, della Paris School of Economics, sugli orari di lavoro. Uno studio sulla quantità di tempo che americani ed europei dedicano al lavoro, dimostra che i cittadini degli Stati Uniti lavorano in media molto più degli europei (sei ore in più a settimana), con alte percentuali di lavoro notturno o nei fine settimana. Ancora una volta, due modelli: un Paese più ricco ma più ineguale e più difficile; un continente più umano, dove i tempi della vita sono più protetti e le ore di lavoro meno problematiche.

Nel momento in cui si fa senza sosta il processo alla "Europa liberale", dove ci si lamenta per "lo smantellamento delle garanzie sociali", questi dati richiamano una realtà dimenticata: l'Europa non è solo un progetto, una speranza, un quadro di libertà. È un risultato e, rispetto al resto del Pianeta, un modello.

(articolo di Laurent Joffrin, pubblicato sul quotidiano Libération del 04/04/2019)
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