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Il fantasma della censura artistica aleggia sugli Usa
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Articolo di Redazione
8 febbraio 2011 10:58
 
Una storia di censura, di accuse incrociate e di rispettabili istituzioni che in merito hanno agitato le acque della cultura statunitense con il medesimo tipo di argomenti che hanno polarizzato il dibattito politico. Tutto e' cominciato da due mesi, quando il video “A fire in my belly” (fuoco nel mio ventre) di David Wojnarowicz, fu eliminato dalla mostra “Hide/Seek: difference amd desire in American portraiture”, inaugurata alla National Portrait Gallery a Washington lo scorso 30 ottobre. Per la prima volta nella sua storia, il complesso culturale Smithsonian, che stava organizzando una esposizione sul tema dell'omosessualita', esplorando la differenza sessuale e il desiderio nella rappresentazione dell'America moderna. Con opere di piu' di 100 artisti, da Jasper Johns a Andy Warhol o Catherine Opie, affrontava il modo in cui l'arte moderna e' stata influenzata dalla marginalizzazione sociale e come questo rifletta sui cambiamenti degli atteggiamenti.
In questo contesto, l'opera di Wojnarowicz, artista newyorchese morto a causa dell'Aids nel 1992, era molto apprezzata; concepita nel 1987 come un grido di dolore e di denuncia nei confronti dell'indifferenza della societa' di fronte ai malati di Aids. Ma qualcuno ha considerato intollerabile che in essa apparisse ad intermittenza un gruppo di formiche arrampicate su un crocifisso.
Un blogger del Media Research Center (conservatore), Penny Starr, divenne come un grido di dolore rivolto al cielo grazie ad un articolo dello scorso 29 novembre sugli “orrori” della mostra. In sole 24 ore il video scomparve. Che successe tra la pubblicazione di queste parole e la censura fulminante? Prima di tutto la “Catholic League for Religious and Civil Rights” mise su Twitter l'articolo di Starr, qualificando la mostra come anticristiana e invitando i propri seguaci ad inviare E-mail di protesta a G.Wayne Clough, segretario del Smithsonian. Pioggia di denunce.
Inoltre Starr scrisse ad alcuni deputati chiedendo che la mostra della National Portrait Gallery fosse cancellata, visto che era finanziata con denaro pubblico... ma Starr si sbagliava perche' i finanziamenti venivano dalla Fondazione Andy Warhol for the Visual Arts e da diverse organizzazioni gay e lesbiche. Ma nell'era di Internet sembra che nessuno si metta a controllare la veridicia' di alcune informazioni, la posta arriva alla stampa, la notizia corre come la polvere nelle televisioni conservatrici e subito, davanti alle telecamere, compaiono i leader repubblicani John Bohehner e Eric Cantor a vociare contro la mostra e l'opera di Wojnarowicz (cosa di cui avevano notizia attraverso le E-mail ma che nessuno era andato a vedere di persona). Cantor fa una minaccia velata contro lo Smithsonian, che potrebbe perdere i finanziamenti pubblici. Conclusione: il 30 novembre Clough ordina di ritirare il video dalla mostra.
I gruppi in difesa dei diritti dei gay e delle lesbiche si sono mobilitati. Il “PEN American Center” scrive una petizione sollecitando il Smithsonian a rivedere la propria decisione. L'Associazione americana dei musei condanna la censura e minaccia i deputati. La Andy Warhol Foundation fa sapere che ritirera' le sue donazioni se il video di Wojnarowicz non tornera' nella mostra. Istituzioni di tutto il Paese si offrono per ospitare il video e, finalmente, il MoMa annuncia di averlo acquisito per la sua collezione permanente.
La settimana scorsa, mentre il mondo dell'arte chiedeva la testa del segretario del museo Smithsonian, il comitato di direzione di quest'ultimo si ritrovava per appoggiare Clough e cercava di salvare la faccia con un documento in cui dava indicazioni alla direzione “di non cambiare mostre gia' avviate senza avvisare tutta la direzione del museo”. L'opera di Wojnarowicz si puo' ora vedere su un furgoncino -“Museum of Censored Art- davanti all'ingresso del Smithsonian.

(articolo di Barbara Celis, pubblicato su El Pais del 08/02/2011)

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