I dati preliminari Istat sugli incidenti stradali con lesioni a persone nel primo semestre 2023 sono implacabili, -1% (1). Ma, nonostante questo calo, Istat stima, dai primi dati raccolti, un nuovo aumento nella seconda parte dell’anno.
Per un Paese come il nostro, che non abbiamo guerre in corso che porterebbero questo flagello al secondo posto, si tratta della conferma di una sconfitta, nazionale e locale. Si tratta di lesioni, mortali e non, ad una quantità di popolazione residente che è l’equivalente di una media città (79.124 persone).
Inoltre abbiamo un mercato dell’auto che registra +22,2% (motocicli +19,3%) sul semestre dell’anno prima. Il traffico, autostradale ed extraurbano è anch’esso in crescita. Non è fantasia o estremismo ecologico ritenere che più veicoli in circolazione diano un grosso contributo a questo flagello.
Questi dati ci indicano che le politiche in corso non sono all’altezza di una situazione che esige, per la nostra salvezza ambientale ed economica, un ridimensionamento dell’uso dei veicoli privati e un incremento della mobilità pubblica.
Il nostro auspicio è che i decisori - nazionali, regionali e locali - ne facciano tesoro. Quel che maggiormente temiamo è la cosiddetta “abitudine al morto”, la rassegnazione che il nostro modello di civiltà abbia un prezzo da pagare, e ogni volta che c’è un incidente, tranne i casi in cui in qualche modo ne siamo coinvolti direttamente, l’evento faccia parte dell’aria che respiriamo, O, nel caso di chi ci governa o amministra, una percentuale calcolata di errori necessari.
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